Il 23 febbraio scorso si è chiusa a Milano una mostra sulla collana Tanti bambini, ideata da Bruno Munari per Einaudi. La Kasa dei libri di Andrea Kerbaker ha ospitato non solo i volumi della collana ma anche una serie di laboratori organizzati dall’associazione Munaria per bambini e grandi, in cui ognuno poteva costruire il proprio libro. Io ho partecipato a quello ispirato a Cappuccetto Verde: avevamo a nostra disposizione fogli verdi, timbri a forma di foglie, pennarelli, forbici, e ogni bambino ha fatto le cose a suo modo. Alcuni erano molto precisi – Cesare in particolare, il bambino che sapeva che in inglese costa del libro si dice spine of the book e che ha illustrato agli altri bambini con competenza i diversi metodi di rilegatura possibili: nel fare il libro ha usato timbri diversi in modo metodico per creare un bosco molto verosimile –, altri più creativi, come la bambina che ha fatto un suo autoritratto in verde, altri introversi come il piccolo che quando mi ha vista fotografare la sua opera ha chiuso il libro guardandomi stranito.
Perché non appendiamo i libri in modo che se ne veda la copertina e non la costa, o come direbbe Cesare spine? Forse perché la storia non inizia sulla copertina dei libri. Nei volumi di Tanti bambini, invece, sì: la prima frase è in copertina e invoglia il bambino ad aprire il volume. È già un modo per rendere la lettura meno ampollosa e meno da grandi, come l’idea di farli quadrati. Immaginate un giovane intellettuale in Clarks e Drum con un libro quadrato sottobraccio: striderebbe. (Parentesi autobiografica: nei giorni scorsi ho finito di leggere Le avventure di Cipollino. Le facce delle persone quando leggevo in treno o nei bar, ridendo tantissimo, erano da fotografare. Del fatto che la letteratura per ragazzi sia presa sottogamba, anche se in Italia abbiamo avuto dei veri giganti di questo settore, parleremo un’altra volta. O forse non ne parleremo proprio, perché è una questione stupida e barbosa.) Nella bella scaffalatura appesa della Kasa dei libri c’era anche un buchetto, un libro che mancava: era lo spazio per i libri futuri, quelli che si possono comprare ma volendo anche fare da soli, con qualche foglio, diverse idee e una pinzatrice.
La cosa più importante di questa mostra e della figura di Munari per i ragazzi, a quanto mi pare, è la spinta alla creatività come divertimento intelligente e senza paura. Munari ridacchiando rivoluzionò l’editoria per ragazzi, creando libri senza draghi, fate o castelli incantati e in cui le illustrazioni prevalgono spesso sul testo. Sia per le parole che per i disegni c’è una ricerca nuova: dalle filastrocche bislacche e poetiche di Toti Scialoja alle Cappuccetto possibili dello stesso Munari, da Roberto Denti illustrato da Emilio Massaro a tanti altri. “La sequenza del racconto seguiva quasi sempre un taglio cinematografico che poteva con facilità essere capito dai bambini. Alla collana collaborarono, poi, non solo illustratori ma anche graphic designer che per la prima volta si avvicinavano allo specifico bambino: Tovaglia e Iliprandi per fare due nomi.” I libri della collana furono 66 in tutto, con un prezzo economico che scatenò un effetto paradossale: “abbiamo dato alla libreria un prodotto a prezzo tanto basso da non incentivarne la vendita. I librai non erano motivati ad appoggiare l’operazione e si ebbero dei veri e propri boicottaggi.”
Tanti bambini non è solo una collana ma anche un’esortazione alla creatività e alla ricerca di forme nuove per ogni tipo di lettore. La lotta che Lodi faceva alla competizione tra i bambini, che nasce dall’utilizzo dei voti, si riflette in un certo senso in questa riflessione di Munari:
“C’è una frase giapponese che mi piace molto: la perfezione è bella ma stupida. Perché l’armonia sia vera ogni tanto va rotta. È il principio della trasgressione. Come in musica. L’armonia e la matematica debbono esserci ma non bisogna sentirle troppo.”
La paura di non far qualcosa di perfetto è stupida quanto la perfezione, e correre dietro a un dieci al posto di divertirsi a fare un libro come si vuole (o una collana come si vuole) è una perdita di tempo.
Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).