Non ne faccio una questione privata. Io voglio parlare in nome di tutti gli innamorati, signor giudice. Perché io questo reato di stalking non l’ho ancora capito. Tipo arrecare “minaccia o molestia a taluno tale da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto”, boh, non so proprio cosa significhino queste cose, davvero. Poi l’ansia casomai l’ho avuta io, fino al giorno dell’incidente, per non parlare in seguito, signor giudice, quando mi sono venuti a prendere con le manette. Mia madre ancora è sconvolta, una scena alla Tortora. Ma mi lasci spiegare.
Io la amavo, come si può amare a distanza, senza mai pensare a un reale incontro. Niente di platonico, per carità, ma neppure niente di realmente tangibile. Non la conoscevo, né pensavo l’avrei mai conosciuta, era un sogno, un’infatuazione ideale. Ogni mattina le dedicavo una canzone d’amore su Twitter, per darle il buongiorno, questo sì. Un giorno Love of my life dei Queen, un altro giorno Vattene amore di Mietta, cose del genere. Una volta perfino Serenata Rap di Jovanotti. Ecco, era già stalking, secondo lei? Lo domando per capire, sul serio. Mi scusi, signor giudice, allora qual è il limite tra un corteggiamento lecito e questo articolo 612 bis? Volete dirmi che tutti gli innamorati che ci avete fatto studiare sono fuorilegge?
Guardi, un minimo di cultura ce l’ho, ho fatto il classico, e se ragionate in questi termini allora c’è da arrestare perfino Dante per l’ansia che avrà messo Beatrice. Per carità, Don Rodrigo forse un po’ stalker lo era, ma senza Don Rodrigo cosa resterebbe dei I Promessi sposi? Che poi promessi da chi, se lo sono promessi loro fra di loro. Non può non riconoscerlo, Don Rodrigo è l’unico personaggio interessante a dare un senso a un romanzo mortalmente noioso. No, dico: ha presente Renzo e Lucia, vogliamo parlarne? Andrebbe mai a cena con quei due sfigati lagnosi? Mentre delle sofferenze di Don Rodrigo, il vero eroe, nessuno si è mai preoccupato.
E poi con tutti gli altri come la mettiamo? Don Chisciotte con Dulcinea? E Leopardi con Silvia, sempre lì a spiarla dalla finestra? Chissà che ansia cagionata, quella povera Silvia, e ai suoi prossimi congiunti perfino postumi, generazioni e generazioni di discendenti di Silvia costretti a sentire A Silvia, per non parlare di Aspasia. Quindi, li processiamo tutti? Allora dovreste condannare anche il capitano Achab per lo stalking di Moby Dick. E poi King Kong, signor giudice, cosa mi dice di King Kong? Tutti siamo cresciuti con King Kong. Tutti ci siamo identificati in King Kong, e abbiamo avuto una stretta al cuore quando era braccato da tutti. Tutti abbiamo pianto quando King Kong si arrampica disperatamente, quando lotta con gli aeroplani, quando viene ucciso e precipita dall’Empire State Building. Adesso volete dirmi che King Kong è morto invano?
A differenza di King Kong, signor giudice, nel mio caso è stata la vostra presunta vittima a iniziare la guerra, facendo precipitare la situazione. Mi permetta di riepilogare brevemente i fatti. Tutto è iniziato quando, in seguito al mio corteggiamento educato e fine a se stesso, lei mi ha dato un appuntamento. Me lo dette su Twitter, di sua iniziativa. Perché proprio a me? Non ho idea, forse perché ero l’unico a non scriverle sconcerie. Io le chiesi quando, lei rispose il 26 marzo, quando sarebbe tornata da New York. Mi comprende signor giudice? Lei era il mio mito erotico, io solo uno sconosciuto, chi se l’aspettava un appuntamento? Era come vincere alla lotteria. E che ansia.
Aspettai senza disturbare, educatamente, come potete vedere dalla cronologia delle chat. Meno male ho mantenuto la cronologia. Quanto mancava al 26? Una settimana. Avrei messo le crocette sul calendario se avessi avuto un calendario, ma avevo solo quello di Manuela Arcuri e mi pareva brutto fare le crocette lì. Cercavo anche di non pensarci troppo, per non consumarmi nell’attesa. Altrimenti avrei passato due settimane a masturbarmi, e sarei arrivato sfinito. Ma non riuscivo a non pensarci sempre, a non fantasticarci sopra. Meno volevo pensarci, più ci pensavo.
Se mi aveva dato un appuntamento significa che le interessavo, signor giudice. Nicole Minetti non mi aveva mai dato un appuntamento. Neppure la cantante Dolcenera. Neppure Justine Mattera. Sebbene quest’ultima mi avesse ritwittato un paio di volte, le ero simpatico, era simpatica. Ecco, signor giudice, perché dare un appuntamento proprio a me? A lei lo avete chiesto? Il 25 non ce l’ho fatta più e alle 18.36 le ho chiesto l’ora dell’appuntamento, educatamente. Dandolo per scontato. Nessuna insistenza, nessuno stalking. Lei ha risposto alle 20.33, ha detto che purtroppo aveva avuto un contrattempo, doveva partire per Cannes. Era una bugia, signor giudice. Potete metterlo agli atti? Bugia!
Sia il 27 che il 28 che il 29 era ancora a Milano, e ci sarebbe rimasta pure nei giorni successivi, l’ho visto dal geotag di Twitter. Poteva almeno disattivarlo, il geotag, non crede? Invece no, vogliono far sapere tutto, poi si lamentano della privacy. Ma non è che la privacy uno se la sceglie come vuole: prima fai soffrire gli altri, poi quando ti gira vuoi la riservatezza? Eh no, se la rendi pubblica la tua vita è anche mia.
Al momento sono rimasto allibito, ferito. Tuttavia, sempre con la massima educazione, il 30, alle 11.40, le ho chiesto spiegazioni sul perché mi avesse mentito. In modo gentile, normale, controllate nella cronologia di Twitter. Nonostante, volendo, avessi il numero di cellulare, me l’aveva dato un’amica che fa l’ufficio stampa e ha i numeri di chiunque, e non l’avevo mai usato. Uno stalker come dite voi l’avrebbe usato. In compenso nessuna risposta.
Ho pensato che magari non avesse visto Twitter, perché ha tantissimi follower, più di centomila, mica può stare dietro a tutti. Sinceramente ne ha troppi, di follower. Non per essere maligno, ma ogni tre giorni posta una foto delle sue tette. Ha delle tette enormi. Per questo è piena di follower maschi squallidi arrapati che le scrivono messaggi volgari. E poi si lamenta: oh, come sono volgari i maschi! E grazie al cazzo!
Io non le ho mai detto niente di offensivo prima dell’inizio delle ostilità. Al contrario, le ho scritto carinamente su Facebook, alle 15.44. E anche su Facebook non mi ha risposto. Alle 18.34 dello stesso giorno le ho finalmente chiesto esplicitamente perché non mi rispondeva. Finché non ce l’ho fatta più, e non mi è scappato di dirle che avevo visto il geotag, e sapevo non si era mai mossa da Milano. Non mi prendesse per il culo. Ero irritato, ma appena appena. Perché non sembrassi troppo ostile ho aggiunto la faccina con il sorriso, come fa lei.
È lì che mi ha bloccato su Facebook, senza rispondermi, signor giudice. Mettendomi sullo stesso piano degli altri sconosciuti. Credo il blocco sia avvenuto verso le 19.55, quando ha visualizzato il messaggio. Lo so con esattezza perché sono rimasto fermo lì, nella posta, a vedere quando visualizzava. Qui vorrei aggiungere un’altra cosa, signor giudice: non c’è nessuna legge sul bloccaggio immotivato? Ormai tutta la nostra vita si svolge su un social network, e si può essere bloccati da chiunque senza ragione? Essere bloccati è molto peggio di un licenziamento senza giusta causa, signor giudice, lo dice la stessa espressione: bloccato! Ci si sente impotenti, una volta bloccati. Ci si sente delle merde.
Nel frattempo era sempre online su Whatsapp, perché lei non sapeva che avevo il suo numero di cellulare, e potevo controllare quando si collegava. Chissà con chi chattava. La rabbia montava dentro ma cercavo di stare calmo. Per quanto si possa restare calmi una volta bloccati. L’unica soluzione era accedere alla sua pagina attraverso Deborah, il mio account segreto femminile per le situazioni d’emergenza. Con Deborah entro ovunque, è una troia Cavallo di Troia.
Non c’è niente di peggio dell’avere conferma di un sospetto, signor giudice. Non ci si fida più. Come quando una moglie scopre il tradimento del marito, o una moglie del marito, come può fidarsi dopo? Non riuscivo più a guardare Celebrità, WOW!, la sua famosa trasmissione di gossip. Non mi eccitavo più a vederla, anzi il sangue mi andava alla testa. Era lì, sorridente, quelle tette, quello smalto rosso, come se niente fosse.
Non so spiegarmelo, perché mi aveva mentito? Che bisogno c’era? Non ci conoscevamo, ero solo un follower come ne aveva tanti, veramente non c’era ragione di ingannarmi, né di darmi un appuntamento. È stata una crudeltà fine a se stessa. Il peggio è che molto probabilmente lei fa così con tutti. Come le tette, e le foto dei piedi messi lì su Twitter. Come la questione delle faccine, gliel’ho già detto di quelle sedicenti faccine?
Mi perdoni se insisto, signor giudice, ma possibile non ci sia un articolo del codice penale contro l’inganno sentimentale? L’uso scorretto dei social network può causare problemi. Ecco qui, testuali parole: «Ci vediamo il 26 marzo per un aperitivo, che ne dici? ;)». Forse lei non è esperto, signor giudice, ma alla fine ci sono il punto e virgola seguito dalla parentesi, significa faccina sorridente con l’occhiolino. È un ammiccamento. È come chiedere l’ora a una bella ragazza per strada e questa le sorride e le fa l’occhiolino. Infatti si chiamano emoticon, da emozione. Non penso questo sia irrilevante ai fini del processo. È vero, il sorriso con l’occhiolino lo faceva a tutti i suoi follower, alla fine di ogni frase, ma questa è un’aggravante perché significa che è stronza con tutti, una simulatrice di emozioni.
Ho violato la sua privacy, d’accordo. Ho esagerato con quella cosa del latte, mi rendo conto. Mi creda è imbarazzante perfino per me, non so cosa mi sia preso. La situazione è sfuggita di mano. Ma non esagererei, non ho malattie infettive né l’Aids, non c’è nessun un danno fisico che posso averle arrecato con quel latte. Ma aspetti un attimo, mi ci faccia arrivare.
Cerchi di mettersi un attimo nei miei panni, signor giudice. Mi sono solo trovato nella condizione di avere le sue chiavi di casa. Poteva bloccarmi su internet ma non impedirmi di andare sotto casa sua. Avevo intenzione giusto di farle qualche piccolo dispetto classico, tipo bucarle le gomme della Smart.
Invece, senza premeditarlo, è stato facile rubare le chiavi a Ernestina, la portinaia, fare un duplicato, rimettere l’originale al suo posto nel gabbiotto, nonostante io sia davvero negato per questo genere di cose. Nessuno si è accorto di niente. Inoltre non è che ci fossero tutti questi sistemi difensivi per entrare in quel condominio, io mi aspettavo chissà cosa. Invece è stato come a un rapinatore a cui la banca avesse lasciato all’ingresso le chiavi della cassaforte. L’occasione fa l’uomo ladro, figuriamoci se non fa l’innamorato pazzo.
E tra l’altro mi lasci contestare, signor giudice, questa faccenda della privacy. In un mondo in cui al contrario tutti hanno paura di non essere visti. Quando tutti vivono sperando che qualcuno si accorga di loro. Avete il terrore che nessuno vi consideri, e in effetti, volete sapere la verità? A nessuno frega niente di nessuno. Quanti amici avete su Facebook? Cento? Mille? Bene, a nessuno frega di voi. Potreste annunciare in uno status che avete un ictus e nessuno verrebbe a aiutarvi. Vi mettono tutti quei mi piace alle vostre foto orribili per pena, e per essere ricambiati, per avere i vostri mi piace alle loro foto orribili. Al contrario, per i cittadini, dovrebbe esserci una legge per vietare la privacy.
Se poi la mettete sul piano della mia supposta pericolosità sociale, quando lei mi ha sorpreso lì, in casa sua, avrei potuto violentarla, non ci avete pensato? Ma io non sono un stupratore, sono solo un innamorato, un bloccato. Come il giovane Werther, solo che io ho passato i quarant’anni, non ho tutto quel tempo, tutta quella pazienza di essere giovane, tutta quella voglia di suicidarmi. C’è un’età anche per i gesti estremi, i suicidi vecchi fanno tristezza.
Insomma, come potete essere così insensibili verso questi sentimenti, signor giudice? Come potete condannarmi? Signor giudice, mi lasci dire, lo stalking non esiste. È una legge sbagliata, che tutela i criminali. Lo stalking è un nome di comodo inventato per mantenere l’ordine, il patto sociale. Altrimenti dovreste spiegarmi quali sono le conseguenze dell’amore. Cioè, come dovrebbe essere secondo voi l’amore, fatemi capire? «Io ti amo» dice lui. «Io no» risponde lei. «Ah ok, scusami» e chiusa lì?
E se io mi innamoro di una famosa come lei che è innamorata di un altro, e voi pubblicate pure le foto della loro love story, tutte quelle smancerie riprese con i teleobiettivi, non è istigazione, signor giudice? Perché non le vietate, queste foto intime, visto che ci tenete tanto alla privacy? Inoltre anche quello è stalking, mi scusi. Stalking di immagine. E viceversa, quello che chiamate stalking, è legittima difesa. Prima fate di tutto per ossessionarmi, poi mi punite perché mi ossessiono. Prima mettete online i vostri culi, le vostre tette enormi, le vostre faccine con l’occhiolino, poi bloccate la gente?
Non dovrebbe essere reato far soffrire gli altri? Anzi, addirittura facendoli pagare. “Novella 2000” costa un euro e cinquanta. “Eva 3000” qualche volta un euro, in offerta. Poi uno non resiste, e vuole vederle tutte, e quindi poi si compra anche “Chi”, “Vero”, “Top”, “Stars”, “Di Più”, “Di Tutto”. Non bastava una, cinquanta riviste di sofferenze. A me non bastavano trenta euro a settimana.
Entrare nella sua casa, signor giudice, è stata un’emozione indescrivibile, è stata l’unica volta che mi sono sentito davvero vivo. Mi sentivo più a casa mia in casa sua che a casa mia perché l’avevo ricostruita nei minimi dettagli, mettendo insieme tutte le foto postate su Twitter e su Facebook e il servizio di “Casa Chic”, ”Casa Viva” e ”Casa Vip”, quest’ultimo il più completo.
Non mi sembrava vero essere lì, e poter fare quello che volevo. Affondare il viso nel suo asciugamano, nel suo cuscino. Frugare nelle sue cose. Il cuore mi batteva fortissimo, ogni cassetto mi chiamava, chiedeva di essere aperto. E poi il bagno, il water, la carta igienica, il suo profumo, il suo smalto per le unghie. Una sensazione di potere inebriante, e ti viene voglia di fare qualcosa di intimo, di perverso, è naturale. Ma non sapevo cosa, finché quando ho aperto il frigorifero e mi è venuta l’idea di fare l’amore con il latte. Perché il bianco nel bianco non si vede.
Sono entrato in casa sua cinque volte, l’ho fatto col latte tre volte. Negli orari in cui lei era a registrare Celebrità, WOW! Vi assicuro che non ha mentito solo a me. Vi ricordate quando usciva con quel noto coglione di deejay così sopravvalutato? Tutti i giornali ne hanno parlato come una grande love story, ma lei lo ha tradito con George Clooney, ho le prove. C’è stata una volta, per George è stata una botta e via, ma quella volta c’è stata, e quando Clooney stava ancora con la Canalis. Ho conservato un preservativo usato prelevato nel cestino del bagno, sono sicuro sia lo sperma di Clooney. L’ho scritto anche alla Canalis, su Twitter, ma forse credeva fosse uno scherzo e mi ha bloccato. Non ho capito perché non potete fare il test del DNA su quello sperma. Dite che non cambia ai fini del processo, ma ai fini del processo non c’entra che è una bugiarda e una stronza? E non ha rilevanza penale che lei si diverta a postare le sue tette enormi su Twitter, per farsi desiderare dagli arrapati, per farci soffrire tutti? Cos’è, vedere ma non toccare? Ma che giustizia è la vostra?
E qui arriviamo a quell’ultima volta, signor giudice. Appena ho sentito lo scatto della serratura, mi sono mosso con lo scatto di un felino, in maniera automatica, ho fatto un salto per nascondermi dietro la porta. Mi si è bloccato il respiro, lì per lì non ho capito neppure cosa stava succedendo. È così che funziona il cervello, è come quando vedete un serpente, il corpo si muove prima che il segnale di pericolo arrivi alla vostra coscienza.
Non ho certo pensato a rimettermi i pantaloni e le mutande, cioè se avessi avuto tempo mi sarei rivestito, ma non ho fatto in tempo. La bottiglia del latte che avevo in mano è cascata per terra, il latte sul pavimento. Ero lì lì, per finire ma non ce l’ho fatta. Ma, come si dice, è inutile piangere sul latte versato.
Quando lei ha richiuso la porta, mi sono ritrovato alle sue spalle, sbarrandole la porta d’ingresso. Se fossi quello che sostenete voi, avrei potuto violentarla, signor giudice. Eravamo io e lei, soli, in casa sua. Avrei potuto farle quello che volevo, possederla carnalmente. Sbatterla sul tavolo come in quel film con Michael Douglas. O come in quel film con Nanni Moretti che sodomizza la Ferrari. O come il tango a Parigi. Avrei potuto addirittura ucciderla, impacchettarla nel cellophane e farla pezzi. So come si fa, l’ho visto fare decine di volte a Dexter, ormai tutti in teoria sappiamo uccidere e impacchettare una persona nei sacchetti neri della spazzatura.
È stato imbarazzante, signor giudice, perché avevo ancora l’erezione pulsante. Mi sono sentito come quei maniaci con l’impermeabile, ma senza impermeabile. Mi batteva il cuore fortissimo. Poi, come hanno verificato i vostri periti, signor giudice, io mi sono avvicinato e le ho dato un pugno in faccia. Perché lei ha urlato, ha detto «Esca subito da casa mia!». Come se fossi un estraneo, dandomi del lei. Non è stato un gesto inconsulto, è un atto che rivendico. L’ho guardata e l’ho colpita, con una certa forza, mi è venuto da dentro. È andata giù con un gridolino, accasciandosi sul pavimento. Non ho mai colpito nessuno prima di lei. Credo se lo meritasse, per tutte le ragioni elencate, incluse le tette. Non mi sono pentito, no, mentirei se dicessi di essermi pentito.
Tuttavia le faccio notare che, nonostante lo svenimento, io mi sono rivestito e sono andato via. Anzi, mi sono prima premurato di controllarle il respiro, che non avesse sbattuto la testa cadendo. Inoltre sono stato io a chiamare l’ambulanza, per sicurezza, quindi si figuri se posso essere una persona pericolosa. Prima di uscire l’ho baciata, sì, con la lingua ma veloce, tanto per sentire il sapore della sua bocca, ma da quando un bacio a una persona svenuta è una cosa grave? Le ho toccato le tette, ma così di sfuggita, mentre la baciavo, senza approfittarne troppo. Non credo sia grave, dopo tutte quelle foto. Vedete, vi sto dicendo veramente tutto.
Non sono uno stupratore, non sono un criminale, signor giudice. Non sono nemmeno un stalker, qualsiasi cosa significhi questa parola orrenda, se non significa passione, ossessione, tormento, gelosia, possesso, amore. Condannatemi pure, signor giudice, ma sappia che con me ucciderete tutti gli amori del mondo, e dopo dovrete processare i fiori, le rose rosse, i tramonti, e tutte le scritte sui muri, sui marciapiedi, sulla sabbia, e tutti i lucchetti dei ragazzi sui ponti, e vietare le lacrime, i sospiri, le palpitazioni, e amputare tutte le mani nelle mani, sarà come abolire la luna e le stelle, come spegnere il cielo, come pugnalare al cuore l’amore nel mondo, signor giudice. Sarà come uccidere di nuovo King Kong.
Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).