Quando: Scrivo il pomeriggio e la sera, o solo il pomeriggio o solo la sera. La mattina mai, leggo, e poi sono ancora troppo addormentata.
Dove: In cucina. Ho uno studio, ma lì ci leggo. Libero il tavolo della cucina e lo pulisco con il Glassex. Ho bisogno di uno spazio pulito, vuoto, senza libri intorno. Sono ordinata come un serial killer.
Strumenti: Un mac, da sempre, non perché fosse una moda. Mi scoccia cambiarlo, ho provato a far sostituire la tastiera perché avevo consumato le lettere, ma è troppo faticoso.
Appunti: Mi segno le cose su un quaderno, poi siccome lo perdo sempre adesso mi scrivo gli appunti sull’iPhone per averli tutti insieme. Scrivo a penna, scarabocchio, gli appunti presi a mano mi servono, ma la frase vera e propria mi viene solo davanti al computer.
Obiettivi giornalieri: Non mi pongo mai obiettivi, ma mi blindo il tempo. I giorni che decido di scrivere non prendo nessun altro impegno. Per tre o quattro giorni resto a casa da sola, non vedo nessuno, non esco a cena con gli amici. Ne ho voglia, ma mi fa piacere scrivere e basta. E lavoro molto meglio.
Leggere: Leggo più di quanto scrivo. È un’attività a cui dedico le mattinate nello studio. Non scelgo libri per ciò che sto scrivendo, però c’è un magnetismo unico, trovi qualcosa nella casualità di ciò che leggi che può aiutarti a risolvere un problema. Ho una mia indipendenza, ormai quello che leggo non interferisce minimamente sul romanzo a cui lavoro. Tranne quello che voglio che interferisca.
Panico: Ci sono dei momenti in cui non trovi la soluzione. Arriva col tempo, dopo trenta tentativi senti un click, e ti senti soddisfatto.
L’attesa: Il tempo serve a far maturare le cose. L’altro giorno parlavo con Jhumpa Lahiri e diceva: ‘bisogna avere pazienza’. Ci credo molto in questa pazienza, è un lavoro umile e faticoso scrivere romanzi.
Necessità: Fumo molto di più. Ho provato a smettere di fumare ma non riuscivo più a scrivere. Poi bevo Coca Zero, più di quanto non beva caffè, ne ho un arsenale in casa.
Aperitivo: Alle sette di sera faccio aperitivo, che mentre scrivi è bellissimo. Scrivere ubriachi non è producente, ma quei due bicchieri di vino ti tolgono le inibizioni.
Influenze: Le letture ritornano senza accorgertene, ho letto Grandi Speranze dieci anni fa e ho notato la sua influenza su Correva l’anno del nostro amore solo dopo averlo pubblicato. Ci dimentichiamo i classici, però restano con noi da qualche parte, e ritornano.
Cane: Ho un rapporto molto forte con la mia bassotta: quando scrivo, sente che sono altrove, quindi è gelosa. Allora abbaia. Vuole un gioco, un osso su cui lavorare anche lei, almeno. E’ l’unica creatura a cui consento di interrompermi ogni dieci minuti.
Internet: Non esiste durante la scrittura. Solo se leggo. Però non ho alcuna dipendenza dai social network, li uso per giocare con gli amici, o per parlare di libri.
Pause: I giorni che scrivo non faccio pause, riesco anche ad andare avanti otto ore di seguito – stacco anche il telefono, la concentrazione è fondamentale – e vado avanti fino a svenire, poi vado a letto e non riesco neanche a rispondere a un’e-mail. Faccio delle pause per qualche giorno a volte, quando mi occupo di altre cose.
Rituali: L’unico vero rituale è pulire il tavolo prima di iniziare. Poi magari ho il computer sporco di cenere. Però mi serve il tavolo pulito e sgombro, come una pagina bianca. E poi scelgo un disco. Senza musica, non riesco a scrivere. Ogni pagina ha la sua, devo sceglierla con cura.
Vestiti: Mi piace scrivere vestita male. Non riuscirei mai a farlo con i tacchi o con una gonna. Quando scrivo il mio fidanzato dice che sembro una ‘studentessa sotto esame’.
Foto di copertina: Scrivania dell’autrice/tavolo della cucina
Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).