Premessa
Walter White è un professore di chimica delle superiori. Vive ad Albuquerque, in New Mexico. Ha una moglie, Skyler, e un figlio disabile, Walter Jr. Il suo magro stipendio di professore lo costringe a lavorare part-time in un autolavaggio, un lavoro umiliante con un capo umiliante. All’inizio della serie gli viene diagnosticato un cancro. Walter, forte delle sue conoscenze di chimica, decide di iniziare a sintetizzare e vendere crystal meth, metamfetamina, per lasciare dei soldi alla propria famiglia nell’eventualità della sua morte.
Ambienti
La serie è ambientata in un’America che lo spettatore europeo riconosce a stento, e che lo spettatore americano vede di rado in TV: desertica, prevalentemente bianca e povera, su cui incombe il confine con il Messico e quindi il traffico di stupefacenti e di clandestini. Lo sguardo di Breaking Bad non ha nulla di oggettivo, giornalistico o documentaristico: la serie abbonda di cadaveri sciolti nell’acido e personaggi come killer messicani gemelli o un anziano boss che comunica facendo suonare un campanellino. Una puntata della seconda stagione, addirittura, si apre con una sorta di videoclip in cui una band messicana di narcocorrido narra le disavventure di Walter White in forma musicale. Dall’altra parte, la macchina da presa insiste con attitudine quasi pornografica su aspetti della vita americana generalmente ignorati dalla televisione e dal cinema: i letti reclinabili telecomandati, le catene di fast food locali, le piscine piene di foglie nelle case middle-class, le operaie honduregne clandestine, i tossici di metamfetamina. Questa dicotomia tra grottesco e quotidiano porta lo spettatore a formulare due ipotesi diametralmente opposte sull’atteggiamento della serie nei confronti di ciò che rappresenta. La prima è che la serie abbia il tipico sguardo cinico e paternalistico con cui l’intrattenimento americano, creato in gran parte da persone che sono fuggite dalla provincia, guarda la provincia. La seconda è che ci sia un’esigenza forte, quasi politica, dietro alla volontà di rappresentare quel particolare lato dell’America e non uno più conforme alle aspettative dello spettatore. Appare evidente fin da subito che la serie prende molto sul serio i propri personaggi, e quindi sospettiamo che sia vera la seconda ipotesi: ma a cosa esattamente vuole dare dignità Breaking Bad?
Sesso
Nella prima puntata della prima stagione vediamo Walter White a letto con sua moglie. La macchina da presa è fissa e li inquadra dall’alto. Sono sdraiati uno accanto all’altra, coperti dalle lenzuola. Skyler ha un computer portatile sulla pancia, su cui sta controllando un’asta di eBay. Con l’altra mano sta masturbando il marito. Lo spettatore è disorientato: l’intrattenimento americano normalmente rappresenta il sesso in una coppia sposata di mezza età in un certo modo “tenero” ed etereo: più o meno il modo in cui la gente, se costretta, immagina il sesso tra i proprio genitori. Non certo crudo, freddo, vagamente ridicolo. Il riferimento più vicino è quel filone del cinema americano che trasfigura in grottesco la famiglia suburbana media, come ad esempio i film di Todd Solondz. Se è vero che il modo in cui la scena è girata cita in una certa misura quel linguaggio (probabilmente perché gli autori, specie all’inizio, avevano bisogno di un linguaggio), esso assume un significato totalmente diverso perché per lo spettatore, nella globalità della serie, Walter e Skyler non sono due simboli del grottesco, ma due autentici personaggi per cui provare autentica empatia. Si può fare del sesso ridicolo senza essere personaggi ridicoli.
Valori
La ribellione di Walter – mollare il lavoro e iniziare a sintetizzare droga – probabilmente risuona profondamente con la frustrazione economica e sociale di molti spettatori: quindi Walter White, in un prodotto di intrattenimento dal senso etico meno sviluppato, potrebbe essere dipinto ambiguamente come una sorta di eroe. Breaking Bad invece si affretta ad eliminare i dubbi sulla posizione morale del suo protagonista. Nella prima stagione un ex collega di Walter, ora milionario, si offre di aiutarlo economicamente: White rifiuta, per orgoglio (il milionario, tra l’altro, si è sposato il primo grande amore di Walter). Qui la serie rompe un’altra regola implicita: l’orgoglio, infatti, è qualcosa per cui siamo automaticamente abituati a parteggiare. Stiamo dalla parte del poliziotto che piega le regole per motivi personali, dell’eroe solitario, del veterano del Vietnam, del padre che – appunto – agisce nell’interesse della sua famiglia contro quello della società. Ma Walter White ucciderà delle persone, e ne metterà in pericolo delle altre, per qualcosa che non era costretto a fare per proteggere la sua famiglia, ma che ha scelto di fare per un motivo egoista come l’orgoglio. La serie afferma fin da subito, e ci ricorda di continuo, che Walter White compie scelte autenticamente malvagie per motivi autenticamente egoisti, e nel fare questo rompe la mitologia dell’orgoglio come molla di riscatto positivo.
Logica
Saul Goodman, l’avvocato di Walter, è l’esempio più lampante di come Breaking Bad sovverta le aspettative dello spettatore. La serie sembra fare di tutto perché lo spettatore non lo prenda sul serio: Goodman porta spesso un’ingombrante auricolare con cui conduce conversazioni telefoniche paradossali con clienti che non vediamo mai, ha un taglio di capelli discutibile e a un certo punto inizia a girare con una guardia del corpo enorme ma poco convincente. Al tempo stesso è quasi sempre la voce del buon senso, del ritorno alla realtà: ad esempio è lui a spiegare a Walter che i proventi di un’attività criminale vanno riciclati, e che il riciclaggio costa. Una scena particolarmente significativa viene dal X episodio della quarta serie: Walter ha comprato un’automobile costosa e Skyler lo ha convinto a riportarla al negozio per non attirare sospetti sulla loro improvvisa ricchezza. Quando i due scoprono che riportarla al negozio costa parecchio (800 dollari), Skyler chiede a Walter di risolvere il problema da solo. Walter, non sapendo come procedere, va a fare le sgommate con la macchina in un parcheggio vuoto, ma perde il controllo e finisce in un fossato. Dopo qualche secondo di spaesamento, sembra avere un piano: prende della carta, gli dà fuoco, la infila nel serbatoio dell’automobile e chiama un taxi per farsi venire a prendere, aspettando che la macchina esploda. La macchina esplode. In quel momento Walter è un tipico eroe hollywoodiano: messo di fronte a un problema, lo risolve in modo creativo, spettacolare, personale, con perfetto aplomb. Lo spettatore riceve piacere dal vedere qualcosa che non potrebbe mai fare nella sua vita: bruciare una macchina, causare un’esplosione, fregarsene delle conseguenze. Nella scena successiva siamo nello studio di Saul, che discute animatamente al telefono: bisogna pagare un carro attrezzi, la riparazione del parcheggio e la pulizia delle zone circostanti. Il costo totale dell’operazione è 52.000 dollari: la logica hollywoodiana non funziona e Saul si è dovuto sbattere per rimettere le cose a posto.
Ascesa
Ma se veramente Walter è egoisticamente – e stupidamente – determinato a diventare un gangster, la serie non fa nulla per celebrarlo. La sua carriera di criminale non ha niente di brillante: ad esempio, l’intera prima stagione è praticamente una falsa partenza in cui commette ogni possibile errore. Questo fatto è particolarmente interessante perché il linguaggio con cui raccontare l’ascesa, e l’inevitabile caduta, di un personaggio troppo ambizioso è qualcosa di ben codificato nella cultura popolare americana, da Quarto Potere a Quei Bravi Ragazzi. Raccontare la storia di un professore che diventa criminale di successo era qualcosa di relativamente facile in quanto fa appello a dei noti riflessi condizionati dello spettatore: la soddisfazione nel vedere qualcuno che raggiunge il suo obiettivo e il piacere nel vedere punito qualcuno che sta meglio di noi. Walter invece sembra descrivere, più che una parabola, una spirale verso il basso. Si tratta di una strada narrativa molto più claustrofobica e difficile da sostenere, ma anche molto più gratificante per lo spettatore, che non si trova costretto a rispondere ai soliti stimoli: il montaggio con la musica allegra in cui dobbiamo capire che il protagonista sta facendo i soldi, e quello con la musica triste in cui dobbiamo capire che si sta rovinando.
Coolness
Walter quindi non sceglie il crimine per proteggere la sua famiglia, o perlomeno non del tutto. Walter vuole, tra le altre cose, riscattare la sua esistenza di sfigato, soprattutto agli occhi del figlio. Contrariamente alle sue apparenze di professore noioso, Walter subisce la logica dell’intrattenimento a livello profondo: vuole trasformare sé stesso in gangster e quindi in personaggio hollywoodiano. Sembra essersi convinto che per rendere interessante la sua vita, per essere ammirato dal figlio, debba arrivare a sintetizzare droga e uccidere persone. Ma la serie punisce di continuo i suoi valori hollywoodiani e la sua logica hollywoodiana per un motivo preciso: perché non è della sua stessa opinione.
Eroi?
Quanto è veramente interessante Gustavo Fring, il boss che non tradisce mai un’emozione? Quando finalmente scopriamo qualcosa della sua vita, non c’è nessuna sorpresa: vent’anni prima produceva e vendeva metamfetamina, come fa adesso. Il personaggio si esaurisce completamente nel suo ruolo hollywoodiano di genio criminale. Quanto è veramente interessante Mike, il killer misterioso? In un episodio siamo costretti a seguirlo nella sua noiosissima giornata di lavoro, e scopriamo che la passa a guidare e raccogliere sacchi di denaro in angoli sperduti del New Mexico. In un’altra puntata staziona davanti alla casa di due tossici e spiega che “il 90% del lavoro è aspettare”. Non vediamo mai questi personaggi godere dei frutti della propria ricchezza: sembra che passino l’intera vita a lavorare. I gangster di Breaking Bad, quelli che hanno realizzato il sogno di Walter, non sembrano felici né simpatici.
Fine
La serie resiste alla tentazione di umanizzare i gangster perché è impegnata ad umanizzare altri personaggi. Hank, cognato di Walter e poliziotto della DEA, rimane paralizzato in una sparatoria e, costretto a letto, sfoga la sua ossessione per i dettagli iniziando a collezionare minerali. Nello stesso periodo sua moglie, oppressa dalla situazione, inizia a visitare case in vendita raccontando storie alternative sulla sua vita e rubando foto-ricordo ai padroni di casa. Jesse, il “socio” di Walter, dopo essere stato praticamente costretto a uccidere un uomo ricomincia a drogarsi e tenta con scarsi risultati di trasformare la sua vita in un party continuo. Sembra che gli autori ritengano che i personaggi veramente interessanti siano un poliziotto paralizzato, una casalinga cleptomane, un tossicodipendente che cerca la sua strada. Breaking Bad sa che lo spettatore contemporaneo, o almeno un certo tipo di spettatore contemporaneo, è letteralmente cresciuto con il cinema e televisione, con i Simpson e i film di Tarantino: si è trovato a essere postmoderno per necessità ancora prima che per scelta. Gli strumenti postmoderni che la serie impiega, come il ribaltamento di alcuni meccanismi dell’intrattenimento americano e la continua oscillazione tra iperviolenza grottesca e iperrealismo quotidiano, potrebbero sembrare capricci estetici a uso e consumo dello spettatore smaliziato, ma sono messi al servizio di un’esigenza semplice quanto profonda: raccontare la gente normale. Per fare questo, però, bisogna prima sovvertire il modo in cui siamo abituati a vedere la gente normale in televisione: renderla davvero normale, e circondarla di killer e boss mafiosi.
Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).