(“Guardare” è una rubrica che propone poesie scritte da ventenni e trentenni e che prova a raccontare il nostro momento storico dal punto di vista del loro immaginario. Questo percorso ci accompagnerà nei prossimi mesi con un’uscita ogni due settimane. Tessera dopo tessera si configurerà un mosaico in cui speriamo emergano interrogativi, chiavi di volta e genealogie di un tempo che muta velocemente, lascia disorientati, ma chiede anche nuove e autentiche forme del guardare. Nella ventunesima puntata, poesie Marco Carretta, nato a Padova nel 1984.)
Ronzava in fabbrica
la corsa continua il rito
ognuno cercava piegato arnesi
e tra gli arnesi le carezze del padre.
Nel gennaio ’94 ascoltai
un uomo come noi
sicuro del proprio creare.
Costruivano strade per uscire in città.
I nostri figli ormai
seduti anche a questa tavola
raffinati pensieri di facoltà
dissero che il mondo era molto vicino.
*
I turni, fiducia nella gioia del lavoro
il sabato la domenica.
C’è la spesa, i libri del primo anno
le scarpe della piccola.
Volumi ora, quantità
e costi da ridurre, delocalizzare capiamo
chiediamo. Chi taglierà
pensa al bene di tutti, durare.
La produzione con i migliori
i più giovani girava
di riconoscenza, notte e ore extra
iniziali biro su buste bianche.
*
Per sei mesi, Hong Kong e Australia
i due maggiori
al telefono dicevano possiamo diventare
una cosa seria papà, vorrai?
Capivo ancora gli ingranaggi
vagando nel verde dei corridoi.
Lo sfondo con i calcolatori
perdeva però gli odori ero irreperibile.
Restai strappato dalla riunione
senza ogni parola
le marginalità – noi – in calo costante
fidarsi dei figli perché figli.
*
Trovammo una cooperativa vicina
africani robusti
famiglie del legno e del metallo
gente da aiutare noi nelle guerre.
Venne costruito così l’arcipelago
di lingue e gesti, semidei negli uffici alti
adesso è così
qualcuno capirà il compiersi poi.
Urla, urla di disgrazia fredda
e il rosso delle colpe
su cingoli di gomma. Correre verso
due dita appena cadute.
*
Arrivata per arrotondare
la signora grande era giorno
ma dormiva nel suo camice, a terra
più volte chiamò senza nome.
Chi se l’aspettava
doveva solo vedere aprire
manovre semplici. Certo agente
ma adesso gli ordini, noi abbiamo gli ordini.
Chiudiamo nel petto le ultime cose.
Il nostro prodotto finito,
questi i margini – questi i costi.
Uomini a cavallo di uomini verso le prime luci.
(da “Per far vivere altro cadiamo”, 2023)