Si aspettava da tempo l’uscita di un volume che potesse raccogliere l’opera poetica completa di Dario Bellezza. Adesso un Oscar Mondadori, Tutte le poesie, colma l’attesa. Un volume elegante, con la copertina che riproduce l’immagine di una bellissima maschera dell’artista Luigi Ontani e una preziosa introduzione di Roberto Deidier che ha curato l’edizione. E’ difficile parlare della poesia di Dario Bellezza senza cadere nei soliti stereotipi: non parlare del Bellezza uomo o della sua tragica morte per AIDS e del suo spirito ribelle e “maledetto”. Si dovrebbe, credo, parlare solo dell’opera di un autore; in questo caso, però, per parlare e scrivere di Bellezza sembra arduo scindere la poesia e la vita. Nel 1971 esce il suo primo e importante libro, Invettive e licenze, con l’ormai noto risvolto di copertina firmato da Pier Paolo Pasolini che lo salutava come “Il miglior poeta della nuova generazione”. Invettive e licenze è stato sicuramente una novità, una proclamazione di poesia come impulso irrefrenabile e generazionale che passasse attraverso un “io” liberato e ribelle: “Ora mi nascono le unghie come ai morti”. La poesia per Dario Bellezza era vita e materia da colmare con uno spudorato Eros, in una diversità esibita, ma altrettanto reale e veritiera. Alcune volte, questo amore prende delle direzioni irreversibili, esclama una durezza compiaciuta e senza salvezza che richiama una vicinanza a Penna: “Vai a rubare ad una città lontana./ Non cresce la tua età ma torni indietro/ e il medico dei pazzi sentenzia la tua/ dolcissima insania. Oh! Uccidimi/ prima che bruci fino all’ossa”.
Le differenze come le somiglianze si sposano perfettamente in quest’opera colma di tranelli e avvitata su se stessa. Tutto per Dario Bellezza è da sussurrare e urlare allo stesso tempo, come le stigmate del santo, come la malattia eterna della morte. In questo c’è anche il suo segreto, l’inconfondibile segreto che traccerà un lungo filo conduttore in tutta la sua opera, passando attraverso Morte segreta – con cui vince il premio Viareggio -, che non tace le estreme ed inquietanti paure: “Ho paura. Lo ripeto a me stesso/ invano. Questa non è poesia né testamento./ Ho paura di morire. Di fronte a questo/ che vale cercare le parole per dirlo/ meglio. La paura resta, lo stesso./ Ho paura. Paura di morire. Paura/ di non scriverlo perché dopo, il dopo/ è più orrendo e instabile del resto./ Dover prendere atto di questo:/ che si è un corpo e si muore”. In un percorso di “avvicinamento a se stesso”, l’autore continua con altri due libri importanti: Libro d’amore e Io, incentrati sulla figura di Bellezza poeta, sui suoi desideri, sulla sua vitalità ormai stanca e meno giovane, più volte ricercata in una forma più matura e raccolta.
La “diversità” di Bellezza può essere configurata come unicità, non si può pensarlo per canoni letterari o sessuali. Non si possono dimenticare le parole vissute e concrete che ogni libro di Dario Bellezza propone, sempre in una dimensione di resa e di scelta personale, in continua relazione con il lettore. Rileggendo ogni sua opera, la densità espressiva si forma come un fiume in piena, oscura ogni traccia, attraversando ogni istante della vita, attraversando Roma, città-sfondo reale e irreale, e città riscoperta continuamente nelle sue umane conoscenze di licenziose rivelazioni o conferme.
Centrali per l’opera di Bellezza sono gli anni ottanta, che lo confermeranno come una delle figure di spicco della poesia contemporanea italiana. Chiudono questo decennio le raccolte Serpenta del 1987 e Libro di poesia del 1990, con poesie ancora una volta piene delle ossessioni e dei temi cari all’autore, dense di attese e desideri sempre più indecisi e lontani. Forse fra i libri migliori di Dario Bellezza ci sono (pubblicati tutti e due nei primi anni ‘90) L’avversario e Proclama sul fascino, dove le tematiche vertono sull’io scisso e ambiguo, un Amleto segnato e malato dalla malattia della morte, che parla in attesa del proprio destino, ed è poesia che incenerisce, che rivela un assurdo potere di vertigine. Dario Bellezza si cala al fianco del Leopardi più lucido e debordante, quello dello Zibaldone per intenderci: “Due verità che gli uomini generalmente non crederanno mai: l’una di non saper nulla, l’altra di non esser nulla. Aggiungi la terza, che ha molta dipendenza dalla seconda: di non aver nulla a sperare dopo la morte” o al Rimbaud più estremo nei significati e nella lotta: “E’ finita. Oggi, so salutare la bellezza”. Dario Bellezza, disperato, in una condizione di vita estrema, senza miracoli o guarigioni espone tutto se stesso e le sue paure con un candore speciale: “Il sonno è una piccola morte/ richiede commossa pazienza-/ attenderlo è sperare/ in una resurrezione antica:/ io aspetto la notte/ per dormire per poche ore/ nel caldo di un letto/ intrecciato ad un corpo/ infelice e sterile, il mio:/ non siamo eterni/ e questo cadavere intrigante/ presto supereremo”.
In ultimo, il libro postumo Proclama sul fascino che uscirà pochi giorni dopo la morte di Bellezza, nell’aprile del 1996, scarno e vitale, dove svettano per grazia e compostezza la sezione “Il nulla” e “Appunti per un romanzo in versi”. La brevità dei testi contenuti in “Il nulla” costituiscono in versi l’impossibilità umana, la grigia immersione in un tempo che si eternizza distante e impossibile, praticarlo non è dato: “ Hai il sonno dei nomadi/ riverso nel letto/ pure hai parlato/ in un sogno pesante/ come un fanciullo dormendo”. Si impone il lascito, il testamento ormai regresso, pacificato e senza attese, in questo Bellezza svetta per l’umana ragione e la sensibilità unica e immediata, che l’hanno reso un poeta da ricordare: “ Fugace è la giovinezza/un soffio la maturità;/ poi avanza tremando/ vecchiaia e dura, dura/un’eternità”.
Immagine: Dario Bellezza, fotografia di Mario Consolo.
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).