Sopraggiunge un’aria totale…

da | Set 13, 2024

Sei poesie da “Il giunco e la statua” (prefazione di Elena Santagata, Vydia, 2024) di Antonella Palermo.

 

Gli oggetti sono sui letti
appesi alle sedie
sui braccioli del divano
sui davanzali
e su ogni mensola
ai bordi liberi degli scaffali
piccoli regali ricevuti di sera troppo tardi
accessori da scartare dopo
le medicine di papà morto due anni fa.
Una folla temporanea
che chiama gli occhi
a gran voce asciuga le energie rimaste
in attesa di un ricovero
al riparo dalle polveri
prende aria
– mi chiedo se è abbastanza –
al rientro si specchia
in un cuore imploso
e smemorato.

 

*

Le infermiere coprivano e ricoprivano
e in mezzo a quei gesti tutta la forza
per farti respirare meglio
l’avevi usata per spostare zolle
costruire il pozzo, tirar su gli ulivi.
Teli stesi con le patate ad asciugare
a proteggere gli alberi dalla grandine.
Svelamento e ammanto:
così si spiega la vita.

 

*

Sopraggiunge un’aria totale
di un presente spesso
un anticipo di strati scivoloso

l’epoca di un sapere niente
e voler sapere niente
che cuce le evidenze.
Queste gambe
i suoi seni scesi
mai perlustrati.
Aspetto non so bene cosa
regalo ore
senza concentrazione
solo un richiamo
a stare nell’odore di prato tagliato
dentro il design ospedaliero
coi colori pastello
e la sacca rosso amarena del drenaggio.

 

*

Girasoli maestosi
su giacimenti di sterpaglie
è bonaccia
poco ancora e
spegneranno la faccia
perderanno i semi per vecchiaia.
Le suole saranno sfinite e le domande.
La riserva su di te caduta.

 

*

In tv dicono che in India ci si arrampica sugli alberi
per fuggire dal virus.
Sorseggi – dico che siamo fragili – poi sgrano ceci e parli tu.
Dovremmo stare in silenzio
raccomandarci, ripararci
vuotare le vite su questo tavolo.
È a forma di vela
ha tre gambe a forma di rami.
Appòggiati.

 

*

Ai siluri della guerra
le donne rispondono coi canti
e neonati sotto neon improvvisati.

Migliaia di corpi si impastano nei tunnel
dormono e cucinano.
Vorrei rammendare gli scheletri del mondo
con la carne della mia carne
cingere i palazzi decaduti.