Sei poesie da “Non è mai notte non è mai giorno” di Francesca Serragnoli, appena uscito con prefazione di Isabella Bignozzi, per interno Poesia.
(a Cristina Campo)
All’amore che hai fatto rinascere
negli atri senza bifore
di pianerottoli
dove serrate porte marroni
aprono lentamente le braccia
infilano nei letti
gambe di gigli di santi
All’amore,
sapiente vilipendio al nulla
sarto suono
della penna che cade in terra
erotico atlante di gialle gondole
che percorrono canali color vinaccia
l’amore dei passi morti giovani
della pendolare giostra d’incensi
del darsi la mano
A chi importa? dicevi
incrinando l’asse terrestre nella voce.
*
Quando viene sera
scavato all’osso dalle guance
il rossore dell’ultimo fuoco
in fondo a un miracoloso quadro di Hopper
lei seduta sul letto
nell’ora più calma della notte
si alza come per destarsi
dalla donna dalla madre
non sai dove va
la finestra è spalancata
la luna e il sole girano come mosche
il bambino solamente il bambino
getta via i pianeti dal letto
batte le mani
come l’aria fosse la porta
il fiato soffia
negli occhi feriti dal vuoto
il pianto e il riso
aprono e chiudono la stessa rosa.
*
Tesoro mio che fai
quale stanchezza
ti chiude gli occhi
come cimiteri
il bassorilievo ha la spina curva dell’angelo
la testa china sul petto
le ali piantate come pali
le dita rotte
il vento e la fiamma cenano
di quel pane spezzato
oh non sai
quando la moria delle tue mani
si alza nuovamente in volo
e un triangolo migra
di rosa in rosa
stendo nel petto un continente
scavato da un fiume
un braccio in mare uno in cielo
l’acqua, clochard dei suoi ponti
corre sotto i tuoi occhi
e quando li chiudi nudi sui miei
dal cuore scende
il matto di Amarcord.
*
Sono l’ultima ad andar via
a spegnere la luce
a lucidare della mezzanotte l’ottone
dove le tue mani toccavano il portone
e pur di rimanere
fino al cambio stagione
metto la radice del tuo andar via
vicino alla mia
fra una parola e l’altra
s’allarga un lago
che le mie mani
non arrivano più a toccarsi.
*
Sono l’ultima ad andare via,
l’ultima a rimanere
quando apri e chiudi la finestra
siedo in una panca di vento
alzo gli occhi dalla terra al cielo
come chi segue il volo di una rondine
rimango come quelli che vagano
nelle stazioni, nei bar
siedono come i clochard.
Quando apri e chiudi la finestra
il mio cuore entra ed esce come l’aria
e come l’aria ferma
nella notte
è l’ultima ad andar via
l’ultima a rimanere.
*
È quasi sempre notte, quando ti guardo cucinare
quando sollevo la voce
come per spegnere una candela
trattengo il fiato
perché la cera cada al caldo del calore
rimanga sulla mano il foulard del fuoco.
Prima che le strade svuotate
le serrate chiuse di una diga
le serrande abbassate
prima di inseguire un cerchio
nell’assolato cemento di De Chirico.