Quattro poesie da “Solchi” opera d’esordio di Jacopo Mecca, Fallone Editore, 2021.
Qualcosa di impreciso ci ferma
lungo il ritorno a casa.
Una scritta sul muro che ieri non c’era,
due che si stanno urtando più in là
o i resti di un cestino, rivoltato forse
alla ricerca di scarti di cibo. Tutto è già lì
prima di noi, ma solo ora morde lo stomaco
come un crampo che non accenna a diminuire.
Ammettiamolo allora che esitiamo
nell’ultimo passo che ci manca
quello che pretende una scelta
e che sappiamo essere già da ora
il più breve e difficile.
*
Sul lungolago a pelo d’acqua si sgrana mossa
una sagoma dal bordo della riva.
Si fa avanti tra la nebbia e l’autunno
velata da un profilo indiano o mediorientale
il mio, stretto
tra il fiato corto degli inizi e il morso della fine
– quella linea appena curva sul naso, quel neo
oltre l’arco superiore delle labbra.
Intorno ora ogni sguardo sembra a rischio
e se muovo più in là me la porto dietro
come l’ombra o la ramaglia trascinata qui
sulla rena dalla corrente
che fa mancare l’appoggio ad ogni passo.
È questo cedere che fa tremare… – ti ho tenuta
come acqua nella conca di una mano.
*
Quella macchia che affiora dall’intonaco
per le scale che portano in cantina
e che anche senza accendere la luce
senti allargarsi dalle venature delle fondamenta
– pietre di fiume impastate con cemento
e altri detriti – appena sotto il fianco interrato
di casa nostra che un tempo, mi dici,
doveva essere una cascina tra larghi campi
dove lavandaie stendevano al sole
i panni della città vicina;
questa macchia d’umidità che ora modifica
i bordi dopo pochi millimetri di pioggia
a me sembra non un semplice fatto d’infiltrazione
ma un volto scuro
che da questo muro, chinandosi verso noi,
ci allarma o forse minaccia
da vicino, come in un dipinto di Goya.
*
Come in certi quadri sullo sfondo o agli angoli.
È lì che accadono per davvero le cose.
Lì la storia trascina la sua coda
caduta quasi come un ostacolo per uomini
distanti che non se ne accorgono e vanno
– così anche gli adolescenti
allegri che intravedi per strada
ora che è estate – vanno leggeri
dentro il paesaggio e appena dietro
le spalle dei santi. Volti sgranati
che vorrei provare a raggiungere
o forse riuscire a chiamare
anche solo per una volta fratelli.
Ma no, non è davvero così.
Lo so io e lo sai anche tu. Noi
non abbiamo un passato da testimoniare
solo frammenti di frammenti di altri.
Immagine: Francisco Goya.