Mio padre era solito dire,
“La gente superiore non fa mai lunghe visite,
non ha bisogno di vedere la tomba di Longefellow
o ad Harvard i fiori di vetro.
Fiduciosa di sé come il gatto –
che la sua preda conduce in disparte
con l’afflosciata coda del topo che gli oscilla come un
laccio da scarpe dalla bocca –
talvolta apprezza la solitudine,
e può venir spogliata del linguaggio
dal linguaggio che l’ha deliziata.
Il sentimento più profondo si rivela sempre in silenzio;
anzi, non in silenzio, ma in ritegno.”
Né egli era falso nel dire, “Fate della mia casa il vostro
albergo.”
Perché gli alberghi non sono residenze.
Silence
My father used to say,
“Superior people never make long visits,
have to be shown Longfellow’s grave
or the glass flowers at Harvard.
Self-reliant like the cat —
that takes its prey to privacy,
the mouse’s limp tail hanging like a shoelace from its
mouth —
they sometimes enjoy solitude,
and can be robbed of speech
by speech which has delighted them.
The deepest feeling always shows itself in silence;
not in silence, but restraint.”
Nor was he insincere in saying, “Make my house your inn.”
Inns are not residences.
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).