Repubblica sorda

da | Mar 9, 2022

Tre poesie del poeta ucraino Ilya Kaminsky, nella traduzione di Giorgia Sensi, da Repubblica sorda (Deaf Republic), La nave di Teseo, 2021.

 

SPARO

 

Il nostro paese è il palcoscenico.

            Quando i soldati marciano in città, sono ufficialmente proibite le assemblee pubbliche. Ma oggi i vicini accorrono ad ascoltare il pianoforte allo spettacolo di burattini di Sonya e Alfonso a Central Square. Alcuni di noi si sono arrampicati sugli alberi, altri sono nascosti dietro le panchine e i pali del telegrafo.

            Quando Petya, il bambino sordo della prima fila, starnutisce, il burattino sergente crolla a terra con un urlo. Si rialza, sbuffa, scuote il pugno verso il pubblico che ride.

            Una jeep dell’esercito arriva sterzando nella piazza, e scarica il proprio Sergente.

            Disperdetevi immediatamente!

            Disperdetevi immediatamente! mima il burattino in un falsetto legnoso.

            Tutti si bloccano tranne Petya, che continua a ridacchiare. Qualcuno gli

schiaffa una mano sulla bocca. Il Sergente, con il dito alzato, si volta verso il ragazzo

            Tu!

            Tu! il burattino alza un dito.

            Sonya guarda il suo burattino, il burattino guarda il Sergente, il Sergente guarda Sonya e Alfonso, ma il resto di noi guarda Petya che si piega all’indietro, raccoglie tutto lo sputo che ha in gola, e lo lancia verso il Sergente.

 

            Il suono che noi non sentiamo fa alzare in volo i gabbiani dall’acqua.

 

 

*

I CITTADINI CIRCONDANO IL CORPO DEL RAGAZZO

 

Il corpo del ragazzo morto è ancora sulla piazza.

            Sonya lo accarezza sul cemento. Dentro di lei la sua bambina

dorme. Momma Galya le porta un cuscino. Un uomo su una sedia a

rotelle porta cinque litri di latte.

            Alfonso è disteso accanto a loro nella neve. Le circonda la pancia

con un braccio. Appoggia una mano in terra. Sente fermarsi le

macchine, sbattere le portiere, i cani abbaiare. Quando solleva la

mano da terra, non sente niente.

            Dietro di loro, un burattino è disteso sul cemento, la bocca gli si

riempie di neve.

            Quaranta minuti dopo, è mattina. I soldati tornano nella piazza.

            I cittadini intrecciano le braccia a formare un cerchio e poi un

altro cerchio intorno al primo e un altro cerchio per tenere lontano i

soldati dal corpo del ragazzo.

            Guardiamo Sonya che si alza in piedi (la bambina dentro di lei

stende una gamba). Qualcuno le ha dato un cartello che lei tiene in

alto sopra la testa : LA GENTE È SORDA.

 

 

*

EPPURE, IN CERTE NOTTI

 

Il nostro paese si è arreso.

 

Anni dopo, qualcuno dirà che niente di tutto questo è successo; i

negozi erano aperti, eravamo felici e andavamo agli spettacoli di

burattini nel parco.

 

Eppure, in certe notti, la gente smorza le luci e insegna ai figli la

lingua dei segni. Il nostro paese è il palcoscenico: quando le ronde

passano marciando, ci sediamo sulle mani. Non avere paura, dice coi

segni un bambino a un albero, a una porta.

 

Quando le ronde passano marciando, i viali si svuotano. L’aria si

svuota, tranne per i cigolii delle corde e il tap tap dei pugni di legno

contro i muri.