Due poesie.
Šibenik
Ogni cosa come noi viene da altrove:
le colonne le sfingi le croci
le banconote nelle tasche, le bifore e il leone
i campanili conficcati come picche in attesa di teste
il furore di maestranze impiegate come fari da falene
e Venezia in filigrana.
Si allontanano sui barconi nell’acqua che scricchiola
poiché il nemico ottomano è perduto
coi suoi macellai dietro i baffoni spezzati
e nel fondo scolora Sibenik sulla malta silenziosa.
È come se facessero finta di niente
come se continuamente dovessero cancellare o fare esistere all’istante
forse un grido senza provenienza o forse un oggetto che è stato arma.
Non si vedono le piattaforme al largo
la melma contaminata attorno e non c’è eco di trivelle
o scarichi di fabbriche a schiumare
solo natanti troppo rasenti
e una panoramica di scogli e banchine.
Trogir
A ripensarci ancora è nulla
come fossi il doppio della sua elica, il continuo
riconoscermi dell’ombra nella viva indifferenza del quartiere
l’accecarsi a Trogir e gli angeli ammazzadraghi
ricorrenti nel cielo assertivo di un viola immacolato
antenne all’erta che scorrono a perdersi senza carisma, il racconto
reso vero dal gusto nuovo della sigaretta comprata oltreconfine.
La donna col foulard vende ai passanti
la sentenza esatta
della sua bilancia che non sbaglia un colpo
dai tempi jugoslavi e pesa in once
o in grammi le nazionalità tutte indifferenti
tutte sempre oltre un qualche confine
ammasso di corpi e fango a immaginare
come si possa sopravvivere ai cedimenti
a una disgregazione impercettibile
che chiamano guerra patriottica.
da Vanni Schiavoni, Quaderno croato, Fallone, 2020.
Immagine: Damir Ocko.