Quaderni di Voronež

da | Mag 6, 2017

Alcune poesie dal Primo quaderno dei Quaderni di Voronež di Osip Mandel’štam, a cura di Maurizia Calusio, Macerata, Giometti & Antonello, 2017.

Abito orti importanti.
Van’ka il dispensiere ci potrebbe passeggiare.
Nelle fabbriche il vento lavora per niente,
e corre lontano la strada di tronchi.

Neroarata la notte ai bordi della steppa
in minuscoli lustrini è raggelata.
Oltre la parete offeso il padrone
va avanti e indietro coi suoi stivali russi.

Sontuosamente si è curvata una tavola –
in questa tolda coperchio della bara.
In casa d’altri dormo male –
solo la morte e una panca ho vicino.

Aprile 1935

*

Cuffie-radio, mie cuffiette!
Ricorderò le notti di Voronež:
le voci dell’Ay non bevuto fino in fondo
e i clacson a mezzanotte dalla piazza Rossa…

E allora, il metrò?.. Taci, tienilo per te,
non chiedere come si gonfiano le gemme…
E voi, rintocchi del Cremlino –
la lingua dello spazio, compresso in un punto…

Aprile 1935

*

Černozëm

Così rispettata, così nera, tutta attenzioni,
tutta piccoli garresi, tutta aria e cure,
tutta che si sbriciola, tutta che fa coro –
le umide zollette della mia terra e libertà…

Nei giorni della prima aratura è quasi blu il suo nero,
e disarmato in lei riposa il lavoro –
mille colli di voci dissodate:
c’è qualcosa di sconfinato in questi confini.

E tuttavia la terra è svista e testa della scure.
Inutile supplicarla, per quanto strepiti ai suoi piedi:
come un flauto che marcisce fa drizzare l’orecchio,
come un clarinetto mattutino raggela l’udito.

Com’è gradevole al vomere lo strato grasso,
com’è stesa la steppa nel rivoltare di aprile!
E allora salve, černozëm: sii forte, tutt’occhi…
neroeloquente silenzio al lavoro.

Aprile 1935

*

Sì, sto nella terra e muovo le labbra
ma quello che dico lo imparerà ogni scolaro:

sulla piazza Rossa è più tonda la terra
e spontaneo il suo declivio si rassoda,

sulla piazza Rossa la terra è più tonda
e il suo declivio è inaspettatamente ampio,

e si getta giù fino ai campi di riso,
finché sulla terra è vivo l’ultimo schiavo.

Maggio 1935

*

Parlando da un umido lenzuolo –
hanno trovato un guardasuoni ai pesci –
il film sonoro incombeva
su me e su tutti e su voi…

Infischiandosene delle perdite qua e là nelle file,
una letale sigaretta fra i denti,
gli ufficiali dell’ultima tornitura avanzavano
verso l’inguine spalancato della pianura…

Si sentiva il ronzio basso
di aerei ridotti in cenere,
radeva le guance ammiraglie
la lametta inglese da cavalli.

Misurami, paese, ritagliami –
è meraviglioso il calore della terra forzata!
È affogato il fucile di Čapaev –
aiutami, sciogli, dividi!…

Giugno 1935

*

Sulle ciglia morte Sant’Isacco è ghiacciato
e sono livide le vie signorili –
morte del suonatore d’organetto, pelo d’orsa
e ceppi altrui nel camino…

Già stana il bracchiere l’incendio,
una piccola torma di break da caccia,
corre la terra – globo ammobiliato –
e lo specchio deforma il saputello.

Nebbia e disaccordo ai piani delle scale,
fiato, fiato e canto,
è ghiacciato nella pelliccia il talismano di Schubert –
movimento, movimento, movimento…

3 giugno 1935

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).