Primitivo americano

da | Ott 10, 2023

In anteprima da “Primitivo americano” della poetessa statunitense Mary Oliver (1935-2019), tradotto da Paola Loreto per Einaudi, presentiamo tre poesie.

 

POESIA DEL FREDDO

Freddo, adesso.
Vicino al limite. Quasi
insopportabile. Nuvole
si accumulano e disperdono
dal nord dell’orso bianco.
Questa mattina che spacca gli alberi
sogno le sue impronte grasse,
la sugna che salva la vita.

Penso all’estate e ai suoi frutti luminosi,
fiori che si gonfiano in bacche, foglie,
manciate di grano.

Forse quello che il freddo è, è il tempo
in cui misuriamo l’amore che abbiamo sempre avuto, segretamente,
per le nostre ossa, l’amore duro, affilato come un coltello
per il caldo fiume dell’io, oltre ogni cosa; forse

è questo, quello che significa la bellezza
dello squalo blu che fila verso le capriole delle foche.

Nella stagione della neve,
nel freddo incommensurabile,
diventiamo crudeli ma onesti; ci
manteniamo vivi,
se ci riusciamo, prendendo uno dopo l’altro
i corpi necessari degli altri, i molti
fiori rossi schiacciati.

 

*

ATTRAVERSANDO LA PALUDE

Attraversando la palude
Questo è il cosmo
infinito, fitto,
bagnato, il centro
di tutto – la vena
di linfa densa, di tralci
ramificati, pantani
di lappole, bui,
appena eruttanti. Questa è
la palude, qui è
la lotta
la fine – fango
senza sentieri, senza suture
senza pari. Le ossa
sbattono alle giunture
pallide, tentando
la presa dei piedi, delle dita,
della mente su incroci
così scivolosi, profondi
acetaboli, dune
che affondano mute
nel brodo di terra
nero, fermo. Mi sento
non tanto bagnata quanto
dipinta e splendente
di mota grassa
d’erba – il midollo
ricco, succulento
della terra – un povero
stecco secco al quale
i capricci dell’acqua fangosa
concedono un’altra chance –
un ramo che ancora potrebbe,
a distanza di anni, metter radice,
germogli, gemmare, fiorire –
fare della sua vita un palazzo
vibrante di foglie.

 

*

TECUMSEH*

Sono scesa, non molto tempo fa,
al Mad River, mi sono inginocchiata sotto i salici
e ho bevuto alla sua corrente increspata,
qualsiasi pazzia sia stata c’è una malattia
peggiore del rischio di morire ed è dimenticare
quello che non dovremmo dimenticare mai.
Tecumseh viveva qui.
Le ferite del passato
sono ignorate ma restano attaccate
come i rifiuti impigliati tra i rami gialli,
giornali e sacchetti di plastica, dopo le piogge.

Dove sono gli Shawnee adesso?
Lo sai? O dovresti
scrivere a Washington, e anche allora,
qualsiasi cosa ti dicessero,
ci crederesti? A volte

vorrei dipingermi il corpo di rosso e uscire
nella neve brillante
a morire.

Il suo nome significava Stella Cadente.
Dalla regione del Mad River a nord fino al confine
raccolse le tribù
e le armò ancora una volta. Giurò
di tenere l’Ohio e ci mise
più di vent’anni a perderlo.

Dopo lo scontro finale e cruento, al Thames,
fu finita, salvo che
il suo corpo non si riusciva a trovare.
Non fu mai trovato,
e puoi farne quello che vuoi, dire

che la sua gente venne tra le foglie nere della notte
per trascinarlo a una tomba segreta, o che
si ritramutò in un ragazzino e saltò
in una canoa di betulla e se ne tornò
a casa remando giù per i fiumi. Comunque,
almeno di questo sono sicura: se lo incontriamo
lo riconosceremo,
sarà ancora
così arrabbiato.

 

* Tecumseh (“Stella cadente” o “Cometa fiammeggiante”) fu un capo Shawnee, a cui si deve uno degli sforzi più grandiosi di resistere all’espansione americana nell’odierna regione dei Grandi Laghi raccogliendo in una confederazione le tribù nord-occidentali. Nato a Springfield, nell’Ohio, intorno al 1768, morì nel 1813, dopo aver assediato il forte Meigs durante la guerra anglo-indiana del 1812, nella battaglia presso il fiume Thames, in Canada, che Oliver menziona nella poesia.

© 1978, 1979, 1980, 1981, 1982, 1983
Mary Oliver. All rights reserved.
© 2023 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino

 

NB: Non è stato sempre possibile rispettare la grafica dell’originale. Ci scusiamo per l’inconvenienete.