Traduzione a cura di Lorenzo Mari.
I
Presentare uno scrittore come Paulo Leminski (1944-1989) richiede di citare alcuni temi che sono importanti per gli anni Sessanta e Settanta, per il Brasile e, con ogni probabilità, per il mondo occidentale. Temi che hanno una relazione diretta con la biografia di Leminski e con argomenti di carattere letterario e culturale. Il primo, che avrà una rilevanza fondamentale per il progetto poetico di Leminski, è l’incontro con i suoi prediletti poetas concretos nel 1963[1], durante la celebrazione della Semana de Arte de Vanguardia a Belo Horizonte[2]. Quell’incontro, oltre ad aver avuto risvolti da romanzo, come ad esempio il viaggio di un giovane Leminski praticamente senza soldi da Curitiba a Belo Horizonte, presuppone l’adozione di un modo di intendere la poesia a partire dai precetti dei poetas concretos: il rigore, la costruzione, il lavoro con la parola e con l’aspetto tipografico, la consapevolezza dello spazio materiale costituito dalla pagina bianca. Il risultato di questo incontro si realizzaerà con la pubblicazione di una serie di poesia nei numeri 4 (dicembre 1964) e 5 (dicembre 1966) della rivista concreta “INVENÇAO”. I testi pubblicati da Leminski, tuttavia, non seguono l’ortodossia della poesía concreta, mentre preannunciano, in qualche modo, quello che sarà il suo progetto poetico nel futuro.[3] Ne ripropongo due:
HAI-CAI: HI FI:
I
Chove
Na única
Qu’houve
Cavalo com guizos
Sigo com os olhos
E me cavalizo
De espanto
Espontânea oh
Espantânea
HAI-CAI: HI FI:
I
Piove
sull’unica
ch’era
Cavallo a sonaglio
seguo con l’occhio
e mi accavaglio
Per lo spavento
Spontanea oh
Spaventanea
In primo luogo, vorrei sottolineare il ricorso all’haiku, un genere poetico che avrà un ruolo centrale nella poesia di Leminski, coniungandosi con i dati della contemporaneità, l’“hi-fi”, o alta fedeltà. Haiku e hi-fi non si limitano a costruire una paronomasia, bensì rappresentano anche il sorprendente incontro tra due tipi di purezza, quella artiginale dell’haiku e quella del suono che compete all’alta fedeltà. Il titolo sintetizza il desiderio di articolare insieme tradizione e modernità, artigianato e tecnologia. La poesia, con le sue tre strofe di tre versi, può essere considerato un haiku lungo, nel quale compaiono la pioggia come condizione naturale, la irruzione del cavallo e l’effetto che questa comporta. Il secondo si intitola PARKER[4],
PARKER
TEXACO
.…………………ESSO
………………….FORD…………ADAMS
……………………………………FABER
MELHORAL
SONRISAL
………………….RINSO
………………….LEVER
………………….GESSY
RCE
GE
…………………ELECTRIC
…………………COLGATE……….MOBILOIL
…………………MOTORS………..KOLYNOS
…………………………GENERAL
……….Casas pernambucanas
Come si può notare in questo caso, il materiale poetico di Leminski comprende marchi commerciali di tutti i tipi, dai brand della medicina – “melhoral” – fino alle case automobilistiche – “general motors”. Molte di queste sono facilmente riconoscibili, come “Colgate” o “Kolynos”, e altre sono più locali como “Casas pernambucanas”, che è il nome di una catena di negozi di articoli per la casa. L’operazione svolta da Leminski in questo testo è interessante perché, invece di lavorare con il campionario tipografico fornito da una città (nel quale ci sono, tra le altre “riserve tipografiche”, le insegne delle attività commerciali, o i caratteri dei giornali) come avevano già proposto, all’epoca, i poetas concretos, l’autore lascia che nella poesia faccia il proprio ingresso il marchio, senza nemmeno segnalarlo a livello tipografico. In questo senso, si possono segnalare due elementi: invece di lavorare a livello tipografico, Leminski lavora con il livello fonetico delle parole, in una sorta di ready made linguistico, e, al tempo stesso, fa entrare nel poema un “fuori” che ha carattere significante (il mondo “profano” della pubblicità e delle merci). Si crea così una contrapposizione e, di conseguenza, un desiderio di articolazione, nasce una differenza – di maiuscole e minuscole – tra l’insieme dei marchi e quelle “casas penambucanas”, che, oltre a essere il marchio di una catena di negozi, si riferiscono allo Stato di Pernambuco, Stato nel quale trovò i natali uno dei poeti più evocati dai poetas concretos e dallo stesso Leminski, João Cabral de Melo Neto.
La seconda questione da rimarcare è l’irruzione del movimento musicale tropicalista, guidato da Caetano Veloso e Gilberto Gil, e formato, tra gli altri, da Torquato Neto, Gal Costa, Nara Leão, Os Mutantes, Tom Zé e Rogério Duarte. Il tropicalismo fa il proprio ingresso nel panorama musicale brasiliano nel 1967, con la consacrazione televisiva di Gilberto Gil e di Caetano Veloso, che ottengono, rispettivamente, il secondo posto in classifica con Domingo no Parque, e il quarto, con Alegria, alegria. Si trattò di un movimento breve e intenso che mescolò, con gran fragore, tradizioni musicali diverse – la bossa nova, nell’incarnazione, in particolare, di João Gilberto – o mode musicali – come lo iê-iê-iê interpretatto da Roberto Carlos – con il dato fornito dalle avanguardie, in primo luogo musicali, soprattutto a traverso del Grupo de Música erudita (“Gruppo di musica erudita”) composto da Julio Medaglia, Damiano Cozella e Rogério Duprat, che produssero i loro primi dischi[5]. Con ogni probabilità, Paulo Leminski, come molti altri giovani, conosce il tropicalismo quando questo è in fase di lancio. Vale a dire, un anno dopo la pubblicazione del suo primo gruppo di poesie nella rivista Invenção (1966). Leminski, che nel 1966 ascoltava, tra gli altri, The Beatles, The Mamas and the Papas, e Donovan, nel 1967 scopre la musica di Caetano Veloso.
La scoperta congiunta di concretismo e tropicalismo costituisce il percorso di formazione letteraria e culturale di Leminski, o almeno il nocciolo duro della sua formazione, che si può definire come la ricerca incessante di un incrocio tra un principio rigoroso di composizione, che mostra un alto grado di informazione ed erudizione, e il desiderio di arrivare a un numero crescente di lettori attraverso la captazione di una nuova sensibilità giovane, che andava costruendosi a partire dalla beat generation e continuava con le controculture, con i flirt con l’industria culturale, e addirittura anche con il kitsch. Leminski non voleva imitare i poetas concretos o Caetano Veloso, ma cercava senza dubbio di approfondire i percorsi aperti da questi ultimi, senza per questo trasformarsi in un loro semplice epigono.
C’è un terzo aspetto, che è più chiaramente legato al contesto storico, ossia alla dittatura militare brasiliana che iniziò nel 1964 e, avendo iniziato la propria fase di recrudescenza già nel 1968, culminò vent’anni più tardi. Si trattò di un periodo di persecuzioni, assassini, censura e sterminio di quasi tutti i gruppi armati che ancora resistevano contro la dittatura. Allo stesso tempo, fu un periodo di straordinaria crescita economica, con tassi che arrivavano al 10% del PIL, e quindi anche di sviluppo di una classe media più forte, nonché dell’industria culturale legata a quest’ultima. Ne deriva, ad esempio che, contemporaneamente alla censura di vari scrittori, l’industria editoriale raggiunge cifre di vendita inedite; lo stesso succede con l’industria musicale e cinematografica. Ciononostante, dentro alle classi intellettuali si inizia a parlare di un “vuoto culturale”, a partire dall’esperienza di esilio di decine di artisti, tra cui Caetano Veloso e Gilberto Gil, e dalla censura sofferta da innumerevoli produzioni culturali[6].
Le conseguenze di questa temperie culturale sono molteplici. In seno alla sinistra, per esempio, il dibattito cerca di rispondere ai seguenti interrogativi: “cos’è successo?”, “come si può far fronte a quello che è successo?”, “perché ci è successo?”, “cosa sta succedendo dentro di noi?”. E nell’ampio gruppo che si è articolato intorno al tropicalismo, gruppo nel quale si potrebbe situare lo stesso Paulo Leminski, si crea una sorta di torsione che introduce un’ambivalenza strutturale tra le pratiche controculturali come forma di vita (sesso, droghe, rock) e il margine come condizione esistenziale e storica. Questo grande raggruppamento mantiene contatti con i poetas concretos, se è vero che una delle loro riviste emblematiche, intitolata Navilouca, pubblica autori come Augusto de Campos, Haroldo de Campos y Décio Pignatari, ma li accorda a un registro molto più umbratile – acquisisce centralità, ad esempio, la figura del vampiro, o il reviente [letteralmente, “l’esplosione”, “il botto”, n.d.T.] con le droghe.
Tra il 1969 e il 1970 Paulo Leminski vive a Rio de Janeiro, epicentro del post-tropicalismo. All’interno della torsione cui ho fatto riferimento, Leminski va costruendo la sua “marginalità” come figura dell’autore maledetto, favorita dal suo precoce alcolismo. Se durante gli anni Sessanta, il giovane Leminski fu poco più che un bighellone o un bandito della cultura, negli anni Settanta sarà un maledetto della cultura, che flirta con la costruzione di una figura pubblica che confina con quella del martire, che diventerà definitivamente la grande scommessa di Leminski nella decade seguente, affinché la sua poesia trionfi. In questo senso, è illuminante un saggio breve che l’autore dedica alla riedizione di Una stagione all’inferno di Rimbaud, che parte dalla discussione della marginalità di Rimbaud. Così scrive Leminski:
“Ecco il primo dei marginali. Se fosse vivo oggi, Rimbaud sarebbe un musicista rock. Tossico come il chitarrista Jimi Hendrix, o bisessuale come Mike Jagger dei Rolling Stones. “Sulla strada”, come tutta una generazione di rockers. Nessun poeta francese del secolo scorso ha avuto una vita tanto “contemporanea” quanto il fascinoso “visionario” Arthur Rimbaud.”
“La miglior poesia di Rimbaud risiedeva, secondo lui, nel suo gesto finale: la rinuncia al successo, la scelta del fallimento, la sconfitta della letteratura, nemica della poesia, per consentire proprio a quest’ultima di trionfare.”[7]
Il secondo frammento, con il quale si chiude il breve testo, risulta un po’ engimatico: cosa significa che la letteratura è nemica della poesia, è per caso un assunto vitalista? Si potrebbe pensare effettivamente di sì, ossia che Leminski infine si contrappone a quello che fino a poco tempo prima desiderava articolare. E in ogni caso, la sua traiettoria artistica, nella sua interezza, lo smentisce. Tendo a pensare che questo desiderio di fallimento sia il desiderio modernista per eccellenza, o almeno, il desiderio mallarmeano per eccellenza, la sparizione dell’io dal piano dell’elocuzione, affinché resti soltanto la parola poetica.
II
Dopo l’insuccesso del suo romanzo Catatau[8], Leminski pubblica quattro libri di poesia. Nel 1979 licenzia Quarenta clicks en Curitiba (“Quaranta click a Curitiba”) in collaborazione con il fotografo Jack Pires. Nel 1980 è la volta di Polonaises e di não fosse isso e era menos, não fosse tanto e era quase. Entrambe sono autopubblicazioni. Nel 1983, infine, pubblica il suo primo libro per la casa editrice Brasiliense; il titolo di questo libro è significativo – Caprichos & relaxos – perchè innesca un particolare effetto di polisemia: “capricho” potrebbe definire tanto un impulso, quanto una realizzazione condotta con periglio e applicazione; “relaxo” rinvia tanto alla rilassatezza, alla mancanza di attenzione e di preoccupazione, come anche a qualcosa di burlesco. In ogni caso, mi piacerebbe soffermarmi sulla coppia “attento e rilassato”, che può confermare la traiettoria poetica che Leminski ha sempre inseguito per la sua poesia. Anche in termini paratestuali, il libro si offre come sintesi, o anche come articolazione, di un principio di costruzione di derivazione concreta, la poesia come costruzione, nei termini enunciati dallo stesso Haroldo de Campos nella prefazione, e la compattezza, la ricerca di comunicatività, il lirismo, del tropicalismo, individuato dal breve testo di Caetano Veloso pubblicato in quarta.
Il libro conteneva una selezione dei suoi due libri precedenti, Polonaises e não fosse isso, nonchè una parte delle poesie visive che Leminski aveva prodotto in quegli anni, i testi pubblicati nelle riviste dei poetas concretos, e vi aggiungeva una sezione di nuovi testi con lo stesso titolo del volume completo. Il successo fu immediato e in meno di un anno si esaurirono tre edizioni, con vendite pari alle 10000 copie. Leminski giunse così a una sintesi mai riuscita prima ad alcun poeta brasiliano. Mi arrischio a sostenere che il “segreto del suo successo” vada ricercato in una forma poetica che sembra possa riassumere l’incrocio di sperimentazione ed esperienza, l’haiku, che, come avevamo accennato, era già stato coltivato da Leminski nei suoi primi testi editi.
È opportuno ricordare a questo punto che l’haiku, nella sua declinazione più pura, descrive, in genere, i fenomeni naturali, il cambio delle stagioni e la vita quotidiana della gente. Lo stile denota naturalezza, semplicità (senza semplicismi), la sottigliezza, l’austerità, l’apparente simmetria suggerita dalla libertà e, insieme, dall’eternità. Uno dei principi centrali dell’haiku giapponese è quello che si può definire modestia compositiva, che deriva dalla capacità di annullare la voce poetica in funzione della captazione di un momento fugace, o di una certa epifania. L’interiorità della voce lirica si apre verso l’esterno, ossia tende a recepire un bozzetto della natura, del passaggio del tempo. In termini tradizionali, l’haiku si delinea come la ricezione di una temporalità singolare attraverso una notazione discorsiva.
In Brasile, l’haiku trovò grande diffusione con i poetas concretos. Haroldo de Campos, ad esempio, pubblica due articoli nel 1958 e nel 1964, il primo intitolato “Haiku: omaggio alla sintesi” e “Visualità e concisione nella poesia giapponese”, entrambi pubblicati in seguito nell’antologia di saggi A arte no horizonte do provável (1969). L’interesse di Haroldo si concentra, soprattutto, sugli aspetti costruttivi dell’haiku. In Haicai, ad esempio, sostiene quanto segue:
“L’aura melliflua e di esotismo gratuito che la lettura occidentale spesso impone all’haiku non mi sembra giustificata, in quanto ne devitalizza la sua principale ricchezza – un linguaggio fortemente concentrato e vigoroso – per presentarlo come quel prodotto snob che E. P. (Ezra Pound) definì, in ABC of Reading, ‘rice powder poetry’, ossia ‘poesia-polvere-di-cipria’.”[9]
In Brasile esiste, d’altro canto, una tradizione di poesia breve, a partire almeno da Oswald de Andrade e le sue poesie “kodacs”, poi rivitalizzata negli anni Settanta da molti dei poeti cosiddetti “marginali” nei loro poemas minuto.
Leminski, che nell’articolo intitolato “Bonsai. Nipponizzazione e miniaturizzazione della poesia brasiliana” affermava: “Hai-kai é il nostro tempo, baby. Un tempo compatto, un tempo ‘clip’, un tempo ‘bip’, un tempo ‘chips’”[10], trovò nell’haiku un genere che sembrava permettergli di manetnere una pratica compositiva rigorosa, tre versi e diciassette sillabe in totale, e praticare quella forma di cattura dell’esperienza che proponeva Basho, che Haroldo de Campos definiva “mellifluo” e “esotico”. Per provare a immaginare il dibattito, includendo la critica da parte di Haroldo di Campos, è necessario chiarire che la modalità di accesso o anche di interpretazione dell’haiku per un poeta concreto proviene principalmente da Ezra Pound, mentre nell’interpretazione di Leminski, oltre a Pund, si insinua un altro grande esegeta dell’haiku, Reginald Horace Blyth[11]. È Blyth a sottolineare l’elemento esperienzale dell’haiku a discapito degli aspetti compositivi e, per questa ragione, è un autore di riferimento per la beat generation. Il libro di Blyth è citato, ad esempio, ne I vagabondi del dharma, il romanzo di Jack Kerouac, ed è stato molto influente, tra gli altri, per Gary Snider e Allen Ginsberg. Attraverso il contributo di Blyth, che muore nel 1964, l’haiku acquisisce prestigio in tutto il movimento controculturale americano degli anni Sessanta. D’altra parte, maestri zen come D.T. Suzuki o Alan Watts – quest’ultimo mentore del buddhismo californiano durante gli anni Sessanta – fanno appello all’haiku nei loro scritti come forma adeguata per trasmettere una determinata condizione della soggettività. Si può affermare che dalla beat generation in poi, per una certa area della cultura giovanile, l’haku funzionò come il registro poetico di un’esperienza intensificata, che, se prima si associava alla meditazione o alla contemplazione, ora si poteva pensare anche dalla prospettiva del consumo di droghe alluciunogene come LSD o mescalina. Potremmo riassumere dicendo che alla tradizione di rigore costruttivo dell’haiku, così com’è letto da Pound o dai poetas concretos, Leminski aggiunge la tradizione esperienzale, dettata dagli stessi maestri giapponesi dell’haiku, ma che viene riletta attraverso la filigranda della controcultura nata negli anni Cinquanta. Questo ha a che vedere con il tropicalismo? Non esattamente, però ne condivide di sicuro alcuni obiettivi. Le seguenti parole di Leminski dedicate a Basho, del quale egli scrisse la biografia, mostrano come il suo haiku intendesse produrre una sintesi di elementi causali, quasi degli objets trouvés, aldilà del bene e del male, del trascendente e dell’immanente:
“i ragionamenti più sottili si svelano nelle condizioni più chiaramente materiali. E la poesia più alta, nelle circostanze più triviali”.[12]
Questa citazione è illuminante rispetto ai suoi obiettivi, che potremmo parafrase attraverso così: il superamento della distanza che intercorre tra gli aspetti strutturali e l’aspetto comunicativo della poesia.
Vorrei presentare ora alcuni haiku di Leminski,
outubro
no teto passos de pássaros
gotas de chuva
ottobre
sul tetto passi di passeri
gocce di pioggia
Senza dubbio, questo haiku porta con sè un “sentore” Basho, in particolare per i riferimenti alla stagione e alla natura[13]. In ogni caso, è una rarirà: sono pochi gli haiku “naturali” di Leminski, il quale, in realtà, cerca di coltivare un lirismo mondano e, come già nelle sue poesie degli esordi, un senso di stupore che sconfina spesso con una certa comicità dell’esistenza, che è, d’altra parte, un’altra caratteristica fondante dell’haiku. Riporta ora due haiku strettamente connessi con quanto ho appena cercato di osservare:
jardín de minha amiga
todo mundo feliz
………..até a formiga
acabou a farra
formigas mascam
restos da cigarra
giardino dell’amica
tutti quanti felici
………..perfino la formica
la festa è terminata
la formica mastica
la cicala avanzata
Non voglio tralasciare la presentazione di un ultimo haiku che possa mostrare le tradizioni di riferimento per Leminski. Si legga:
Um salto de sapo
Jamais abolirá
O velho poço
Un salto di rospo
Non abolirà mai
Il vecchio pozzo
Il riferimento al seguente haiku di Basho è diretto:
Velha lagoa
O sapo salta
O som da água
Antico lago
Il rospo che salta
Il suono dell’acqua
Vi è anche un aggancio alla famosa opera di Mallarmé, Un tiro di dadi non abolirà mai il caso. Mallarmé, lo si ricordi, fu un caposaldo anche per i poetas concretos.
Anche se l’haiku nelle sue forme più ortodosse occupò un ruolo importante nella sua poesia, sembrerebbe esserci un altro modello di poesia praticato da Leminski, poesia che fa della brevità il suo principio di base, una poesia “chip” o “clip”, come enunciato dallo stesso poeta. Vorrei definire questa poesia breve, che non rispetta i principi strutturali dell’haiku e ciononostante denota un lavoro di concisione e montaggio, come “post-haiku”. Anzi, è il “post-haiku” il progetto poetico definitivo di Leminski. Riporto qui a testimonianza qualche esempio di post-haiku:
casa com cachorro brabo
meu anjo da guarda
abana o rabo
entre a dívida externa
e a dúvida interna
meu coração
comercial
………alterna
-garçon, mais uma dose!
Coração doendo
De amor e arteriosclerose
casa con cane rabbioso
il mio angelo custode
scuote la coda
tra il debito esterno
e il dubbio interno
il mio cuore
commerciale
……..alterno
-garçon, un altro ancora!
il cuore mi fa male
d’arteriosclerosi e d’amore
O ancora questo:
CURVA PSICODÉLICA
a mente salta dos trilhos
LÓGICA ARISTOTÉLICA
não legarei a meus filhos
CURVA PSICHEDELICA
la mente che deraglia
LOGICA ARISTOTELICA
non lascerò in eredità ai miei figli
Come si può notare, le poesie qui riprodotte non sono haiku in senso stretto, nè dal punto di vista sillabico, né da quello tematico; sono comunque imparentate con quel genere, come si vede dalla brevità e dal tipo di chiuse. La forma breve, con dosi di humour e di un certo con nonsense, gli sembra essere la forma d’espressione nella quale è possibile, in termini ideali, dosare e regolare la difficoltà e la ridondanza con l’obiettivo di giungere all’articolazione di sperimentazione e esperienza, costruzione formale e comunicazione. In questo senso, non vorrei omettere un aspetto aggiuntivo e, al tempo stesso centrale, sia per l’haiku che per il “post-haiku”: entrambi finiscono per avere, nella scrittura di Leminski, una dimensione orale. Come egli stesso annuncia in Caprichos & relaxos, egli scrive poesie brevi affinché queste siano dette e non lette, allo stesso modo in cui si potrebbe ripetere lo slogan di una pubblicità, compitare una frase graffitata su un muro o cantare il ritornello di una canzone di Caetano Veloso.[14]
III
L’articolazione reciproca di esperienza e sperimentazione, costruzione formale e comunicazione, si può rintracciare già in un libro che il poeta Régis Bonvicino pubblicò dopo la morte di Leminski, contenente le lettere che quest’ultimo gli aveva inviato. Vi si scorge il lavoro lento, costoso ed erratico dell’autore per giungere a questa articolazione. Seguono due frammenti di Leminski che si riferiscono, rispettivamente, ai poetas concretos e al suo stesso progetto di poetica:
“non è mia intenzione scrivere una poesia orientata in modo radicale verso gli elementi di costruzione formale, alla produzione di nuove matrici per una nuova sensibilità”
“In quello che faccio, permane una componente rilevante di espressione, di comunicazione. Ciò è possibile soltanto a partire da un certo tipo di ridondanze, di soluzione facili, che io stesso mi perito di controllare”.[15]
A proposito del suo rapporto con queste tradiziomni, Leminski si avvalse del termine tupí pororoca, che significa “crocevia di acque tempestose”. Sarà a partire da questa immagine che si inizierà a delineare tutta un’area della poesia di Leminski che riflette sulla posizione e sul ruolo del poeta e, in ultima istanza, della scomparsa del poeta in funzione di un’attività da lui immediatamente individuata come laboriosa. Aumenta, così, il senso del suo breve testo sul “fallimento” di Rimbaud, in quanto il fallimento dev’essere inteso come la “distruzione” della voce poetica, affinché rimaga solo la costruzione artigianale del testo e il suo contenuto esperienziale. La poesia “Apagar-me” ne è un buon esempio:
Apagar-me
diluir-me
desmanchar-me
até que depois
de mim
de nós
de tudo
não reste mais
que o charme.
Spegnermi
diluirmi
disfarmi
finché poi
di me
di noi
di tutto
non resti che
lo charme
A chiudere questo testo, pubblicato in Caprichos & relaxos, è charme, la cui etimologia latina significa “verso”. Leminski costruì una figura autoriale destinata alla scomparsa, attraverso la martiriologia propria dello stesso progetto poetico, che egli immaginò arrivare al suo apice alla fine della sua breve vita. Una volta raggiunta quella “perfezione”, che consisteva nel riunire due tradizioni poetiche in apparenza radicalmente contrapposte, restava unicamente il silenzio o, per meglio dire, il charme.
[1] Mi riferisco a Haroldo de Campos, Augusto de Campos e Décio Pignatari.
[2] La Semana de Arte de Vanguardia fu organizzata nella città di Belo Horizonte da Affonso Ávila e Affonso Romano de Sant’anna. Tuttavia, lo scopo principale di Leminski era conoscere di persona il gruppo dei poetas concretos, che aveva letto sulla rivista Noigandres e dei quali aveva apprezzato la traduzione di una parte dei Cantos di Ezra Pound.
[3] Neppure la produzione del gruppo dei poetas concretos si può definire integralmente “ortodossa”, nè è agevole parlarne in termini di “gruppo” tout court.
[4] Non si fornisce la traduzione in italiano di questo testo perché, essendo costituito esclusivamente dal’accumulo di marchi commerciali, la versione italiana sarebbe graficamente identica all’originale [N.d.T.].
[5] L’album di esordio di Gilberto Gil, intitolato Frevo Rasgado, fu prodotto da Rogerio Duprat e lanciato nel 1968, mentre il primo disco di Caetano Veloso, intitolato Caetano Veloso, fu prodotto da Julio Medaglia e lanciato nel 1967.
[6] Il battito in merito al vuoto culturale si ritrova in 70/80 Cultura em trânsito. Da repressao à abertura (“70/80. Cultura in transito. Dalla repressione all’apertura”), a cura di Elio Gaspari, Heolisa Buarque de Hollanda e Zuenir Ventura (Río de Janeiro: Aeroplano editora, 2000).
[7] In Anseios crípticos 2, Curitiba, Criar edições, 2001, pp. 99-100 [traduzione di servizio, n.d.T.].
[8] Nel 1975, Leminski pubblica Catatau, testo sul quale aveva lavorato per sette anni. La ricezione fu schiva e, in qualche caso, si arrivò a definire il romanzo come incomprensibile. Anche se in seguito Leminski scrisse anche un altro romanzo – Agora que são elas (1984) – dedicò tutta la sua attività successiva alla poesia.
[9] H. de Campos, op. cit., pp. 55-56.
[10] P. Leminski, Anseios crípticos, op. cit., p. 113.
[11] Blyth scrisse varie opere di ambito zen, sull’haiku, il senrye e altre forme di letteratura giapponese e asiatica, tra le quali risaltano Lo Zen nella letteratura inglese e nei classici orientali (1942), la serie in quattro libri Haiku (1949-52), basati sulle forme classiche dell’haiku (anche se includono Shiki) e i suoi due volumi Historia del Haiku (1964).
[12] In Vida, San Paolo: Companhia das letras, 2013, p. 112.
[13] Dal punto di vista strettamente formale, più che un haiku è un haimi, ovvero un testo che ha lo stesso spirito e la stessa inclinazione tematica dell’haiku, pur non rispettandone strettamente le “norme formali” [n.d.T.].
[14] Ciò solleva due questioni importanti. Tra il 1971 e il 1980, Leminski si è sostentato grazie alla pubblicità, producendo slogan e frasi di richiamo, e aveva iniziato anche a dedicarsi alla musica. Altro fatto degno di menzione è che nel 1981 Caetano Veloso aveva registrato una delle poesie di Leminski, “Verdura”, trasformandola in una delle canzoni più ascoltate di quell’anno.
[15] In Paulo Leminski e Régis Bonvicino, Envie meu dicionário. Cartas e alguma crítica. San Pablo: Editora 34, 1999, p. 50.
Hilda Hilst, Prelúdios-Intensos para os desmemoriados do amor – Poeti brasiliani contemporanei\1
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).