Pastorale

da | Dic 29, 2024

Traduzione di Massimo Bacigalupo, da “Una vita di paese” (Il Saggiatore, 2024).

 

Il sole sorge sopra il monte.
A volte c’è nebbia
ma dietro c’è sempre il sole
e la nebbia non regge il confronto.
Il sole si brucia un varco,
come la mente che sconfigge la stupidità.
Quando la nebbia si dirada, vedi la campagna.

Nessuno capisce davvero
com’è selvaggio questo posto,
il modo in cui uccide le persone senza motivo,
tanto per esercizio.

Quindi gli abitanti fuggono — e per un po’, lontano da qui,
sono esuberanti, circondati da tante possibilità —

Ma nessun segnale dalla terra
raggiungerà mai il sole. Se ti dibatti
contro questo fatto, sei perduto.

Quando ritornano, stanno peggio.
Pensano di aver fallito in città,
non che la città tradisca le sue promesse.

Incolpano la loro educazione: la giovinezza è finita e sono tornati,
silenziosi, come i loro padri.
Le domeniche, d’estate, si appoggiano al muro dell’ospedale,
fumano sigarette. Quando si ricordano,
raccolgono fiori per le loro ragazze —

Questo rende le ragazze felici.
Trovano che qui è carino, ma a loro manca la città, i pomeriggi
a comperare e chiacchierare, le cose che fai
quando non hai soldi…

A mio modo di vedere, è meglio se non ti muovi;
così i sogni non ti danneggiano.
Al crepuscolo, siedi vicino alla finestra. Dovunque tu viva,
vedi i campi, il fiume, la realtà
su cui non puoi importi —

Per me, è sicurezza. Il sole sorge; la nebbia
si dirada e rivela
il monte immenso. Si può vedere la vetta,
com’è bianca, anche d’estate. E il cielo è così azzurro,
punteggiato di piccoli pini
come lance —

Quando ti stancavi di camminare
ti sdraiavi nell’erba.
Quando ti rialzavi, potevi vedere per un momento dove ti eri steso,
l’erba lì era liscia, appiattita
nella forma di un corpo. Quando guardavi indietro più tardi,
era come se non ci fossi stato mai.

Metà pomeriggio, metà estate. I campi continuano all’infinito,
pacifici, bellissimi.
Come le farfalle con i loro segni neri,
i papaveri si schiudono.