Messaggio

da | Apr 22, 2014

[Quattro poesie da Mensagem, a cura di Giulia Lanciani. Seguono alcuni passi dell’Introduzione all’Oscar Messaggio in uscita in questi giorni (Mondadori, 2014)]

ULISSE

Il mito è il nulla che è tutto.
Lo stesso sole che apre i cieli
è un mito brillante e muto:
il corpo morto di Dio,
vivente e nudo.

Questi, che qui approdò,
non esistendo esistette.
Senza esistere ci bastò.
Non essendo venuto venne
e ci creò.

Così la leggenda scorre
entrando nella realtà,
e a fecondarla decorre.
In basso, la vita, metà
di nulla, muore.

*

ULYSSES

O mytho é o nada que é tudo.
O mesmo sol que abre os céus
É um mytho brilhante e mudo –
O corpo morto de Deus,
Vivo e desnudo.

Este, que aqui aportou,
Foi por não ser existindo.
Sem existir nos bastou.
Por não ter vindo foi vindo
E nos creou.

Assim a lenda se escorre
A entrar na realidade,
E a fecundal-a decorre.
Em baixo, a vida, metade
De nada, morre.

***

FERNANDO MAGELLANO

Risplende nella valle un fuoco.
Una danza la terra intera scuote.
E ombre deformi e disgregate
tra bagliori neri della valle vanno
subitamente su per le pendici,
perdendosi poi nell’oscurità.

Di chi è la danza che la notte spaventa?
Sono i Titani, i figli della Terra,
che danzano per la morte del marinaio
che volle cingere l’immagine materna –
cingerla, fra gli uomini, per primo –,
e sulla spiaggia remota infin sepolto.

Danzano, né sanno che l’anima audace
del morto ancora comanda l’armata,
polso incorporeo al timone guida
le navi al resto dell’estremo spazio:
che pur assente seppe avvolgere
la terra intera col suo abbraccio.

Ha violato la Terra. Ma loro
non lo sanno, e, in solitudine, danzano;
e ombre deformi e disgregate,
che si vanno perdendo all’orizzonte,
risalgon dalla valle le pendici
dei muti monti.

*

FERNãO DE MAGALHãES

No valle clareia uma fogueira.
Uma dança sacode a terra inteira.
E sombras disformes e descompostas
Em clarões negros do valle vão
Subitamente pelas encostas,
Indo perder-se na escuridão.

De quem é a dança que a noite aterra?
São os Titans, os filhos da Terra,
Que dançam da morte do marinheiro
Que quiz cingir o materno vulto –
Cingil-o, dos homens, o primeiro –,
Na praia ao longe por fim sepulto.

Dançam, nem sabem que a alma ousada
Do morto ainda commanda a armada,
Pulso sem corpo ao leme a guiar
As naus no resto do fim do espaço:
Que até ausente soube cercar
A terra inteira com seu abraço.

Violou a Terra. Mas elles não
O sabem, e dançam na solidão;
E sombras disformes e descompostas,
Indo perder-se nos horizontes,
Galgam do valle pelas encostas
Dos mudos montes.

***

ANTÓNIO VIEIRA

L’azzurro il ciel costella ed ha grandezza.
Costui, che ebbe la fama ed ha la gloria,
imperator della lingua portoghese,
anche per noi fu un cielo.

Nell’ampio spazio del suo meditare,
costellato di forma e di visione,
sorge, preannuncio di chiaror lunare,
il Re Don Sebastiano.

Ma no, non è di luna: è luce dell’etereo.
È giorno; e, nel cielo vasto di desio,
l’alba irreale del Quinto impero
riveste d’oro i margini del Tago.

*

ANTONIO VIEIRA

O céu strella o azul e tem grandeza.
Este, que teve a fama e à gloria tem,
Imperador da lingua portugueza,
Foi-nos um céu tambem.

No immenso espaço seu de meditar,
Constellado de fórma e de visão,
Surge, prenuncio claro do luar,
El-Rei D. Sebastião.

Mas não, não é luar: é luz do ethereo.
É um dia; e, no céu amplo de desejo,
A madrugada irreal do Quinto imperio
Doira as margens do Tejo.

31-7-1929

***

CALMA

Quale costa raccontano le onde
che non si può trovare
per quante navi ci siano nel mare?
Che cosa incontrano le onde
e mai si vede affiorare?
Questo suono del mare sulla spiaggia
dov’è che sta esistendo?

Isola prossima e remota
che nell’udito persiste,
per la vista non esiste.
Che nave, che armata, che flotta
può trovare il cammino
per la spiaggia ove il mare insiste,
se alla vista è inabitato il mare?

Ci saranno squarci nello spazio
che diano dall’altro lato,
e che, uno di essi trovato,
qui, dove c’è solo sargasso,
sorga un’isola velata,
il paese fortunato
che veglia il Re esiliato
nella sua vita incantata?

*

CALMA

Que costa é que as ondas contam
E se não póde encontrar
Por mais naus que haja no mar?
O que é que as ondas encontram
E nunca se vê surgindo?
Este som de o mar praiar
Onde é que está existindo?

Ilha proxima e remota,
Que nos ouvidos persiste,
Para a vista não existe.
Que nau, que armada, que frota
Póde encontrar o caminho
À praia onde o mar insiste,
Se à vista o mar é sòsinho?

Haverá rasgões no espaço
Que dêem para outro lado,
E que, um d’elles encontrado,
Aqui, onde ha só sargaço,
Surja uma ilha velada,
O paiz afortunado
Que guarda o Rei desterrado
Em sua vida encantada?

15-2-1934

***

Pessoa, come è noto, concepisce – nell’incessante moltiplicazione di progetti, titoli, piani, che vanno modificandosi ed espandendosi nella galassia eteronimica – la sua opera come potenzialmente aperta a infinite trasformazioni, a continue metamorfosi. Pubblicare per lui significa, pertanto, rinunciare ad altre possibilità, perdere qualcosa di essenziale: «Perco uma cousa: o ser inédito» (Perdo qualcosa: l’essere inedito) (1). Si spiega così il fatto che egli aspetti fino al 1934, penultimo anno della sua esistenza, per dare alle stampe Mensagem (Messaggio) (2) – il suo unico libro pubblicato in vita in portoghese –, e non del tutto spontaneamente, o almeno in circostanze che trascendono la sua volontà: «Ho inaugurato con questo libro le mie pubblicazioni per la semplice ragione che è stato il primo che sono riuscito, non so perché, a organizzare e preparare. Poiché era pronto, sono stato spinto a pubblicarlo, e ho ceduto» (3).

[…]

La sua, come scrive ad Adolfo Casais Monteiro, fu una scelta che univa ragioni letterarie e ragioni patriottiche: «Sono d’accordo con lei […] di non aver dato una felice prova di me con la pubblicazione di Messaggio. Ma sono anche convinto che sia stata la migliore scelta possibile. Proprio perché questo lato – in certo senso secondario – della mia personalità non era stato sufficientemente messo in luce nelle mie collaborazioni a riviste (eccetto nel caso di Mare Portoghese, che fa parte di questo stesso libro); era dunque giusto che lo manifestassi, e lo facessi ora. Ciò ha coinciso, senza che lo pianificassi o lo premeditassi […], con uno dei momenti critici, nel senso originario del termine, del rimodellamento del subconscio nazionale. Quel che ho fatto per caso si è completato per convinzione, è stato esattamente tracciato, con squadra e compasso, dal Grande Architetto» (4).

Pessoa era seriamente preoccupato per le condizioni di decadenza in cui versava il Portogallo dello Stato Nuovo, ma era anche convinto che l’atteggiamento di pessimistico disfattismo o di inerzia, che predominava nel paese, non avrebbe portato ad alcuna  effettiva soluzione. Il suo proposito fu pertanto l’ideazione di un piano che, una volta attuato, avrebbe restituito al Portogallo quelle capacità di dinamismo e di creatività che egli riteneva proprie della sua gente: un piano che prevedeva una società in cui una «aristocrazia di eroi» – tra i quali eccelle il poeta – facesse da propulsore del processo evolutivo di un popolo: «il più alto grado di immaginazione è quello del poeta, è nella poesia che dobbiamo cercare l’anima della razza» (5).

[…]

Il testo di Messaggio è il risultato di una lunga e complessa elaborazione: concepito nel 1913, l’embrione andrà progressivamente maturando, attraverso varie fasi e percorsi di composizione e agglutinazione dei molti nuclei poematici, fino ad acquisire la struttura finale di “un solo poema”. In un documento paratestuale, forse del 1920, Pessoa definisce “l’idea” di un poema epico che rappresenti le navigazioni e le scoperte dei portoghesi come scaturite dalle guerre tra gli antichi e i nuovi dei, con riferimento all’Iliade e all’Iperione di John Keats (6). Al di là di queste fonti storico-letterarie, il poeta chiude l’appunto con una nota di lavoro: «Coordinare fortemente temi e idee. Non omettere la base metafisica, né la speculazione di quest’ordine, nel dettaglio». Una perfetta sintesi di quel che egli eseguirà in modo eccelso sia nella costruzione formale del poema sia nella trascendenza dell’opera attraverso la sua immanenza. Dal paratesto al testo è tutto un cammino spirituale che Pessoa, per la via alchemica che ha scelto, percorre passo passo come i gradi di una iniziazione, i cui rituali simbolici egli esige anche dall’interprete.

Il carattere esoterico e iniziatico di Messaggio è abbastanza esplicito nella chiusura della già citata lettera a Casais Monteiro, in cui Pessoa, pur affermando di non appartenere ad alcun ordine iniziatico, suggerisce tuttavia di conoscere i rituali dei primi tre gradi dell’Ordine templario portoghese «non estinto, ma in sonno, dal 1888» (ossia dall’anno della sua nascita!). Egli ribadisce, così, il profondo legame che intrattiene con la complessità degli ordini esoterici, nelle loro diverse manifestazioni, un legame che diviene ancor più evidente allorché pubblica sul «Diário de Lisboa» (febbraio 1935) un articolo in cui critica aspramente un progetto di legge del deputato José Cabral, che vietava le associazioni segrete, soprattutto la Massoneria portoghese, e che si inseriva «nelle migliori tradizioni degli inquisitori»: «Non sono massone, né appartengo a qualsiasi altro ordine, simile o diverso. Non sono però antimassone, poiché ciò che so sull’argomento mi porta ad avere un’idea assolutamente favorevole dell’Ordine Massonico». E in un appunto del 30 marzo dello stesso anno, conferma, infine, la sua «posizione iniziatica», dichiarandosi «iniziato, per comunicazione diretta da Maestro a Discepolo, nei tre gradi minori dell’(apparentemente estinto) Ordine Templario di Portogallo».

E il poema, inizialmente intitolato Portugal, poi modificato da Pessoa in Mensagem – termine preferito dal poeta per la sua ricchezza semantica e per la convergenza in esso di vari piani di significato –, rivela già da questa scelta il suo carattere iniziatico: ossia, pur essendo un’opera in apparenza chiara, intelligibile, è in realtà un libro ermetico, che racchiude un segreto, il cui svelamento è riservato a un correligionario, a un adepto di analoghi ideali, anche a un adepto nei più bassi piani di sapienza, come se costituisse un ponte tra l’iniziato maggiore e l’iniziato minore. Secondo la suggestiva interpretazione di António Quadros (7), soggiacciono alla poetica del testo le tre grandi teorie profetiche al cui corpus Pessoa si ispirò: quella delle “sette età” di Sant’Agostino, reinterpretata da Fernão Lopes; quella delle “Tre età” di Gioacchino da Fiore, rappresentate dal Re Dionigi e dalla Regina Isabella, dai francescani e dai cavalieri  portoghesi dell’Ordine dei Templari-Ordine di Cristo; e infine, quella dei “Quattro imperi” del profeta Daniele, e dei “Cinque” di Luís de Camões e di Padre António Vieira. E Mensagem in effetti si articola in tre parti: Blasone, Mare Portoghese e Il Velato. Ed è nel viaggio attraverso la storia di un Portogallo alla ricerca della propria anima che, come afferma lo stesso Pessoa, per conquistare il mondo esso ha quasi del tutto perduto, che si istituisce il progetto teleologico del paradigma utopico in Pessoa: un viaggio in costante dialogo tra due dimensioni, una di stampo organico e genetico, che costruisce un’architettura fondata sul processo di individuazione; l’altra, di stampo trascendentale, basata collettivamente sull’edificazione di un impero di Cultura.

[…]

Mensagem è anche una sorta di controcanto al poema epico per eccellenza, i Lusiadi di Camões: i tempi sono cambiati, l’impero si è disfatto, e la speranza possibile all’epoca di Camões è definitivamente morta, lontana, non può più interferire per porre fine al ristagno del presente. Inventare la patria che ha scelto è, per Pessoa, liberarla dal peso dell’immagine di una realtà empirica, rinvenire sotto l’eroismo delle azioni concrete un eroismo della grandezza dell’animo, indipendente dalla conquista e dal dominio. La continuità con il passato, interrotta dalle circostanze storiche, è ristabilita dalla lettura di quel passato a partire dalla profezia che lo trasfigura nel suo senso, quello del futuro, quello della ragione di essere portoghese. «In Camões si pone sullo stesso piano la memoria e la speranza, in Pessoa ciò non avviene, poiché l’oggetto della speranza si trasferisce nel sogno, nell’utopia, con una concezione diversa dell’eroicità.» (8)

Giulia Lanciani

NOTE:

(1)  La nota e ampiamente dichiarata riluttanza a pubblicare la sua opera in costante divenire – riluttanza da lui attribuita alle più varie ragioni, compreso lo stato nervoso che per un lungo periodo gli tolse la volontà e perfino il desiderio di fare alcunché (si veda la lettera a Tomás Ribeiro Colaço, del 10 ottobre del 1935) – arriva al punto di fargli apportare varianti a testi già stampati: su un esemplare di Messaggio, per esempio, egli scrive di suo pugno le correzioni che finiranno con il costituire la sua ultima volontà conosciuta.

(2) Nel dattiloscritto che Pessoa consegnò alla tipografia dell’Editorial Império nel settembre del 1934 (composto e pubblicato nell’ottobre, come si evince dal colophon, e distribuito simbolicamente il 1° dicembre dello stesso anno), l’indice manoscritto fu probabilmente aggiunto nel momento di procedere all’impaginazione del libro. In esso figura ancora il titolo primitivo, Portugal, poi corretto a matita in Mensagem. Sempre in corso di composizione dell’opera, furono apportate altre modifiche (per esempio, il titolo O Elmo sostituito con A Coroa), ma non tutte quelle desiderate dall’autore, come sempre perennemente insoddisfatto della propria scrittura. Del manoscritto-dattiloscritto di Mensagem – ora nel Fondo Fernando Pessoa della Biblioteca Nazionale di Lisbona – fu data notizia nell’articolo Do Original às Primeiras Páginas Impressas de “Mensagem”, in «Nova Renascença», nn. 30-31, primavera-estate 1988.

(3) Si veda la lettera ad Adolfo Casais Monteiro, in F. Pessoa, Il libro del genio e della follia, Mondadori, Milano 2012, pp. 332-42 [333].

(4) Lettera ad Adolfo Casais Monteiro, in F. Pessoa, op. cit., cit., pp. 332-42 [333-34].

(5) Cfr. J.A. Seabra, O Arquitecto da “Mensagem”, in F. Pessoa, Mensagem – Poemas
esotéricos, Edição Crítica coordenada por J.A. Seabra, Coleção archivos, n° 28, Madrid 1993, pp. 238-45 [241 e passim].

(6) F. Pessoa, A Nova Poesia Portuguesa, in Textos de Crítica e de Intervenção, Ática, Lisboa 1980, p. 69.

(7) A. Quadros, O Título da “Mensagem”, in F. Pessoa, Mensagem – Poemas esotéricos, cit., pp. 229-38.

(8) Jacinto do Prado Coelho, D’“Os Lusíadas” à “Mensagem”, in Id., Camões e Pessoa, Poetas da Utopia, Publicações Europa-América, Lisboa 1983, p. 106.

Immagine: Azulejos a Paco de Arcos.

 

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).