Due frammenti in anteprima dal libro-poema “Littlefoot” di Charles Wright, appena uscito nella traduzione italiana di Antonella Francini per Crocetti. Non è stato sempre possibile rispettare la grafia dell’originale, ci scusiamo per l’inconveniente.
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Ami ancora chi amavi
quando li amavi − libri,
dischi e persone.
Non troppi cambiamenti nelle scintillanti stanze del cuore,
solo gli spazi bui rivendicati a metà.
E neanche tanto,
un’immagine, un verso. A volte una canzone.
Sbattono portiere d’auto qui accanto, e sbattono ancora.
La neve si rompe ai bordi della terra scura.
Improvviso il ricordo di pellicce,
erotiche e pungenti,
di ragazze del college sedute dietro in auto, a Natale,
l’America borghese, metà anni Cinquanta,
il centro d’una città dell’Appalachia.
E dove andavamo? Da nessuna parte.
La casa di qualcuno, il club, un film?
See the pyramids along the Nile,
Stazione radio WKPT, I’m itching like a man on a fuzzy tree.
Poco importava.
Martin Karant le faceva impazzire,
e la pelliccia era così soffice.
23
Non serve un Paradiso quando cade la pioggia,
e il vento non disperde le nuvole.
Nessuno in giro, l’erba si piega alle giunture degli steli,
i rami s’afflosciano e la pioggia continua a cadere.
C’è una serenità inquieta nella solitudine,
quando cade la pioggia e si ferma il vento,
l’eterna presenza dell’assenza, dove tutto è immobile.
Pioggia su ogni cosa come luce del sole,
uscita dalle nuvole.
Risplendendo in stringhe e perle, un gigantesco silenzio,
come lingue nell’oltre vita.
Nuvole come fumoso retro-effetto di fuochi nei boschi,
sospese in alto e alla deriva.
Dall’immobilità, un piccolo splendore.
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Il confine fra cielo e terra è un filo d’erba,
un verde tenue difficile da percorrere.
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Bigfoot, il vento del nord, sbatte fra gli alberi
in cerca di qualcosa che non possiamo sapere,
o di cui, forse, abbiamo sentito dire,
spingendo i rami di lato,
sempre altrove, senza farsi vedere.
La luce del sole riempie le sue impronte.
Dopo la risposta c’è sempre un’altra domanda,
anche per l’ultima.
Abbiamo almeno questo su cui contare.
Sono un raccoglitore d’immagini.
Mi piacciono quelle mature,
quelle alla fine dei rami pendenti.
Conoscere sé stessi è naturalmente il sì finale.
Il no,
è comunque subito dietro, e altrettanto finale.
Com’è facile perdersi nel frutteto,
questo albero e quell’altro,
ogni cosa scintillante, ogni cosa scivolosa e a portata di
mano.
______
La sera si prepara per l’invisibile,
per la sua assenza.
Le nuvole si dissolvono. Gatta bianca sul palo della
staccionata
accovacciata sul suo trono.
Penne d’uccello incollate al vetro della finestra
dove il fringuello ha tentato il volo di mezzogiorno nel
visibile.
Meglio tenere bassa la testa
addormentato negli alberi all’imbrunire.
Nulla può fermarlo. Un rapido fruscio del suo mantello,
e non c’è più.
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La mattina è quasi muta e non può annunciarsi.
Perciò le dico,
sei il miracolo che non annoia mai
di luce di sole e brandelli di nuvola,
l’assenza di pioggia quando la pioggia è assente,
come lo è
questa mattina, verde nella sua meraviglia,
la gelata della notte scorsa una molle memoria
dispersa in briciole e schegge scintillanti
affondate nell’erba.
I dieci cavalli del campo sono come
le città della pianura,
un momento necessario
di ciò che è, e fu, e sarà ancora,
in piedi nella succosa brevità del tempo.
S’accresce la luce del sole,
immensità
di mezzogiorno in arrivo, i suoi speroni lampeggiano, la
spada in fiamme.
Il verde arretra un po’, e brontola. E così facciamo noi.
______
Non ho nulla da dire. Sono un registratore,
un dispositivo per l’ascolto.
Quel che sento è ciò che vi dirò.
Sono lo scarico di pergamene morte e canzoni,
sono la lingua di quel che esiste,
dei suoi segreti sussurrati e non uditi.
Ascoltami, ascolta quel nulla che ho da dire.
______
Le ombre del fluttuante mondo
s’affollano sotto i loro oggetti.
Lentamente, come lancette su un enorme orologio,
inizieranno presto ad arrampicarsi e strisciare
per riportarci indietro,
tic toc nel loro sacco nero, tic toc nel soffice sacco nero.
______
Signore della luce del sole,
Signore di ciò che resta, Signore di ciò-che-resta-da-fare,
prenditi cura della mia assenza nel cielo, prendimi per mano.