Per un intervento sulle figure retoriche in poesia vorrei fare una premessa che forse è anche un fuori tema ed anche una confessione. La confessione è questa. Io ammiro molti poeti italiani e credo che l’Italia ha avuto nel passato e ha tuttora una grande poesia. Ma non mi riconosco in genere nella tradizione poetica italiana. La tradizione poetica italiana è conformista. I grandi ribelli nella poesia italiana sono pochi. Predomina il bel canto. I grandi ribelli sono Dante, Leopardi, e pochi altri. Se prendiamo i nostri due grandi maestri storici, Dante e Petrarca, possiamo dire che la poesia italiana è quasi tutta petrarchesca. Piangere molto e in modo gradevole. Intendiamoci: Petrarca è grande, ma non è Dante, così come, possiamo dire, Vivaldi è grande ma non è Beethoven. (Al di là dell’epoca storica: ma ci sono anche caratteristiche che vanno oltre l’epoca: la passione e la passionalità di Dante avrebbero fatto l’orgoglio di qualsiasi poeta dell’Ottocento)…
Dante dunque in Italia è un isolato. L’unico poeta che si è riferito a lui in Italia è stato nello scorso secolo Pasolini. Mentre, voglio far notare, Eliot e Ezra Pound hanno studiato l’italiano per leggere Dante, perché come lui avevano questo smisurato interesse per l’umanità e per i suoi destini.
Montale ed Eliot sono quasi contemporanei (ci sono più o meno 10 anni di differenza) ma io preferisco Eliot. In Eliot trovo un piglio dantesco, in Montale trovo Petrarca, anche se non negherò mai che Montale sia stato un grande poeta.
Amo inoltre molto le avanguardie storiche (non le neoavanguardie, che sono state definite giustamente da Onofri come rivoluzionari in doppiopetto). Mi piace la loro carica ribelle. Adoro Magritte, la sua capacità di rovesciare la realtà. Magritte tra l’altro ha un rapporto profondo con la poesia; chiedeva la collaborazione dei suoi amici poeti per dare i titoli ai suoi quadri, titoli che spesso sono frutto dei loro suggerimenti.
Ammiro molto Pasolini, poeta misconosciuto, ma su Pasolini bisognerebbe fare un lungo discorso.
Amo molto Amelia Rosselli di cui sono stato amico.
Ma per tornare a un discorso sulle figure retoriche e per riferirmi a un poeta non italiano (anche se nato a Roma, ibrido in tutto, anche in questo) devo dire che ho una grande ammirazione per Guillaume Apollinaire e per la libertà con cui sa trattare le figure retoriche. Amo la sua capacità di essere, contemporaneamente, razionale e onirico, passionale e cinico, elegante e tempestoso (grande autore di poesie d’amore), narrativo e sperimentale. E’ lui che ha inventato la parola surrealismo. Il ritmo dei suoi versi lunghi (dei suoi alessandrini) mi è entrato nel sangue. Amo la sua capacità di essere primigenio, la sua fortuna di essere all’inizio di qualcosa, di non essersi irrigidito in uno schema (come ha fatto invece il movimento surrealista), di essere a cavallo tra due epoche, di usare la rima e di aver contemporaneamente abolito la punteggiatura, di aver inventato i calligrammes. E nello stesso tempo ammiro la sua capacità di essere lucido. La sua poesia Zone è forse la più bella del secolo scorso, ma sicuramente è la più lucida, quella che meglio descrive il trapasso di un’epoca. Mi riconosco nel suo essere ibrido e nel suo essere libero da qualsiasi figura retorica, o meglio, nel suo usare la figure retoriche con la massima libertà ed indifferenza, mescolandole o creandole dal nulla.
Amo molto anche Alejandra Pizarnik. Ammiro la sua radicalità estrema. La sua autodistruttività totale. E’ talmente grande, questa autodistruttività, da arrivare ad un grado estremo di purezza, che, in un certo senso, brucia tutte le figure retoriche…
Immagine: Art & Language, Portrait and a Dream VII, 1981-2011.
Umberto Fiori, Quattro righe sulla similitudine – Le forme della poesia /1
Fabio Pusterla, «Avrei voluto parlare senza immagini» – Le forme della poesia /2
Marco Malvestio, Iperbato, o della complessità – Le forme della poesia /3
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).