L’Atelier – Poeti tedeschi contemporanei /6

da | Ago 30, 2016

Sei poesie di Ulrich Zieger, da L’AtelierDie Werkstatt (Éditions Grèges, 2010), nella traduzione inedita di Werner Menapace.

(1)

Argomento non redento.

Fuori galleggiando passa Ofelia,
noi riposiamo nascosti in casa,
un castello d’acqua, un ponte doganale,
seduti chini sui bicchieri
e non ci teniamo per mano,

il suo riso argentino, le sue ultime parole,
tutta pronta ormai a staccarsi per sempre,
ci pungono come aghi maligni
nei timpani e nelle vene,
non ci teniamo affatto,

siamo semplicemente presenti –
e la strada verso il mondo è stata indicata
e non vediamo l’ora che anche noi
veniamo portati via dalla frescura
in cui ora la sua chioma là,

il suo sguardo sta galleggiando.

*

(2)

A un lettore taciturno.

Quand’ero più giovane andavo dietro ai più anziani
ah, i leggendari anziani …

così ho scritto una volta perso il foglio
tranne questo inizio,

a volte delle briciole cadono tra due cuscini da parata
a volte un cavallo muore in piena corsa,

da qualche parte un gallo come un folle vola contro
una campana da cento decenni ormai non più suonata,

quante cose ci siamo raccontati per ammazzare il tempo
e sempre è venuto qualcuno a dire: è il tempo che [ammazza noi,

queste belle rivoluzioni riuscite
sono tutte state bloccate esangui,

ora potremmo abbozzare affreschi per pareti
finite da tempo nella paletta per la spazzatura

: teste di gesso.

*

(3)

Fine della cerimonia.

Non è del tutto senza meta il mio cammino,
sto traversando nuovamente tutti i luoghi
in cui ho urlato
e coperto di gloria le mie urla,

le persone come me le ricordavo
e per lungo tempo non le ritrovai,
sono tornate sulle terrazze e le piazze
ed anche alle fontane,

zingari rumeni fanno ballare i loro bambini scuri
graziosamente su valzer per organo di Barberia,
su musiche giavanesi piagnucolanti
dei tempi dei balli con fisarmonica parigini,

il mio cuore e il mio spirito a quanto pare
si sono interamente scostati uno dall’altro,
il frigo sta quasi crollando per lo schifo,
il russo vuole versarvi dentro un’ultima vodka,

eppure non è del tutto senza meta il mio cammino,
sto traversando infreddolito una neonata calura,
albergatori e camerieri pieni di aspettative
preparano la città al festival delle bande musicali,

la notte mediterranea è inaugurata,
la gente è tutta etichettata
e completamente impenetrabile –
le ragazze con i capelli lunghi

ballano.

*

(4)

Tristezza delle terrazze,

Le fotocamere con le loro immagini accelerate
sono improvvisamente sparite, due terzi dei tavoli sono [liberi,
le scuole che puzzano di muffa da polvere estiva e mosche [morte
hanno rispalancato le loro fauci voraci

ci sono persone che disprezzano i turisti che a [mezzogiorno vanno al mare
e di sera ustionati gironzolano per il centro della città,
che sono sempre un po’ troppo rumorosi, troppo stupiti delle [cianfrusaglie,
ma hanno dimenticato tutte le gioie della partenza

so bene con quanta tristezza in realtà quasi tutto si svolge
nel mondo senza via d’uscita, con quanta desolazione, [scarsezza, fatica:
eppure ben presto di immagini tutto di nuovo si [arricchirà,
non voglio neanche rimare, non voglio descrivere nulla

*

(5)

Scintillare oscuro,

Ieri sera ho notato
che ti amo,
anche se sto per
perdere la strada,

il mio amore era strano
spesso mi aggrediva,
più spesso lo rincorrevo –
io sono così,

e la mia strada finisce nel vuoto
il vuoto mi indigna,
ho fatto le feste
e vedo l’amore che odia delle liscivie

*

(6)

Apparizione pubblica,

Ora a volte le cose stanno così
che non voglio neanche essere vissuto,
non vorrei essermi appoggiato al muro
della chiesa parrocchiale evangelica di Waldheim
nella luce d’autunno,

quando avevo sei o sette anni,
riempito sì di perdizione e malinconia
e pure silenziosamente celebrandole in ultimi
raggi considerevoli
del sole,

il vino,
imbevibile, divampava
in un rosso del tutto inspiegabile
sulle case nude e svettanti
dalle quali proveniva un pungere,

la maggior parte delle persone
in cui ho creduto e alle quali mi sono affezionato,
che ho conosciuto “solo così”,
non le vorrei neanche più conoscere,

vorrei
non dovermeli più immaginare:

se siamo caduti fuori dal paradiso,
là evidentemente la situazione è terribile,
paradiso e inferno sono interscambiabili,
il che rimane uno scandalo,

ero soltanto ubriaco
e ogni tanto nostalgico,

nessuno di coloro mi ha amato
solo il mio cammino di morte li ha avvinti,

avrei voluto avvincere te,
te pure e anche te, ma eravamo troppo giovani
e troppo vigliacchi nei nostri costumi da carnevale
qualcosa è andato storto, nessuno sa cosa fosse stato,

un robot che davvero non sapeva niente
e che avevano addestrato
a farti veramente del male –
talmente tenaci sono i fascisti,

chi sono queste persone infami
cosa credono di essere e cosa
non giunge fino a loro

***

(1)

Unerlöstes thema.

Ophelia treibt draussen vorüber,
wir ruhen verborgen im haus,
einer wasserburg, einer zollbrücke,
sitzen gebeugt über gläser
und halten uns nicht bei den händen,

ihr helles lachen, ihre letzten worte,
schon ganz bereit sich gültig abzuwenden,
stechen uns wie böse nadeln
in trommelfelle und venen,
wir halten uns gar nicht,

sind einfach nur da –
und der weg in die welt ist gezeigt
und wir können es kaum noch erwarten
bis uns auch die kühle davonträgt,
in der jetzt ihr haar dort,

ihr blick schwimmt.

*

(2)

An einen verschwiegenen leser.

Als ich jünger war ging ich den älteren nach
o die sagenhaft alten …

so habe ich einmal geschrieben den zettel verloren
bis auf diesen anfang,

mitunter fallen krümel zwischen zwei paradekissen
mitunter stirbt ein pferd in vollem lauf,

irgendwo fliegt ein hahn wie im wahn gegen eine
seit hundert jahrzehnten schon nicht mehr geläutete [glocke,

was haben wir uns nicht erzählt um die zeit totzuschlagen
und jemand kam immer der sagte: die zeit schlägt uns tot,

diese schönen gelungenen revolutionen
sind alle gestoppt worden blutleer,

wir könnten jetzt fresken für wände entwerfen
die längst auf dem kehrblech gelandet sind

: gipsköppe.

*

(3)

Ende der zeremonie.

Es ist nicht völlig ziellos wie ich gehe,
ich quere alle orte noch einmal,
an denen ich gebrüllt
und mein gebrüll mit ruhm begossen habe,

die menschen wie ich sie erinnerte
und lange zeit über nicht wieder fand,
sind auf die terrassen und plätze
und auch an die brunnen zurückgekehrt,

rumänische zigeuner lassen ihre braunen kinder
anmutig zu leierkastenwalzern tanzen,
zu wimmernden javanaisen
aus der zeit der Pariser akkordeonbälle,

mein herz und mein geist wie es aussieht
haben sich vollständig voneinander abgewendet,
der kühlschrank bricht vor ekel fast zusammen,
der russe will noch einen letzten wodka in ihn schütten,

und doch ist es nicht völlig ziellos wie ich gehe,
ich quere fröstelnd eine neugeborne hitze,
erwartungsvolle gastwirte und kellner
rüsten die stadt zum festival der blaskapellen,

die südliche nacht ist eröffnet,
die leute sind alle beschriftet
und ganz unergründlich –
die mädchen mit den langen haaren

tanzen.

*

(4)

Tristesse der terrassen,

Die fotoapparate mit ihren schneller gewordenen bildern
sind plötzlich verschwunden, zwei drittel der tische sind [leer,
die schulhäuser, muffig von sommerstaub und toten [fliegen,
rissen ihre gefrässigen rachen schon wieder weit auf

manche leute verachten touristen, die mittags ans meer [gehen,
abends verbrannt durch die innenstadt schlendern,
die immer ein wenig zu laut, zu erstaunt sind von [schnickschnack,
doch vergassen sie sämtliche freuden des aufbruchs

ich weiss ja wie traurig das meiste in wahrheit verläuft
in der welt ohne ausweg, wie trostlos, wie dürftig, wie [schwer:
und doch wird sich schon bald wieder alles bebildern,
ich will auch nicht reimen, ich will auch nichts schildern

*

(5)

Dunkles funkeln,

Gestern abend habe ich bemerkt
dass ich dich liebe,
auch wenn ich dabei bin
den weg zu verlieren,

meine liebe war seltsam
oft griff sie mich an,
öfter lief ich ihr nach –
so bin ich,

und mein weg geht ins leere
die leere empört mich,
ich habe die feste gefeiert
und sehe die hassende liebe der laugen

*

(6)

Öffentlicher auftritt,

Es ist jetzt manchmal so
dass ich gar nicht gelebt haben will,
nicht am mauerwerk der evangelischen pfarrkirche
zu Waldheim gelehnt haben möchte
im herbstlicht,

als ich sechs war oder sieben,
angefüllt zwar von verderben und schwermut
und still doch sie feiernd in letzten
erheblichen strahlen
der sonne,

der wein,
der untrinkbare, lohte
in ganz unerfindlichem rot
an den nackten und ragenden häusern
aus denen es stach,

ich möchte die meisten der menschen
an die ich geglaubt und an die ich mein herz
gehängt, die ich „nur so“ gekannt habe,
auch gar nicht mehr kennen,

ich möchte sie mir
nicht mehr vorstellen müssen:

wenn wir aus dem himmel gefallen sind,
herrschen dort offenbar schreckliche zustände,
himmel und hölle sind austauschbar,
was skandalös bleibt,

ich war nur betrunken
und dann und wann sehnsüchtig,

niemand von denen da hat mich geliebt
nur mein todesweg hat sie gefesselt,

dich hätte ich gerne gefesselt,
dich auch und auch dich, doch wir waren zu jung
und zu feige in unseren faschingskostümen
da ging etwas schief, niemand weiss was das war,

ein roboter, der wirklich nichts wusste
und den sie darauf abgerichtet hatten
dir tatsächlich etwas anzutun –
so zäh sind faschisten,

wer sind diese niederträchtigen leute
was bilden sie sich ein und was
erreicht sie nicht

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immagine: James Casebere, Staircase.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).