Da “Instabilità dei microsatelliti” di Silvia Caratti, da poco uscito per Guanda, pubblichiamo in anteprima sette poesie.
Solo questo sappiamo
che ovunque è la matematica
come una parola o un progetto
che non capiamo.
Una stupefacente varietà,
centinaia di migliaia di specie
e forme d’intelligenza,
la sensibilità delle radici,
quella del micelio e così via per ore.
Qualcosa che solo in parte vedo, che tutta amo,
che vuole dirmi qualcosa.
Io mi struggo.
*
Quattro corvi divorano
un passero morto al bordo del prato.
Litigano, se lo contendono
e lo straziano.
(qualcosa all’improvviso
come un’ombra di senso,
qualcosa che descrive lo scopo
che è a forma di cerchio)
*
LA FIGURA DE LHUOMO COME LE SOTTO POSTO ALI PIANETI
Il demonstrator
indicava le parti importanti.
Non era lui a tagliare il corpo,
soltanto lo esponeva
sotto indicazione del lector.
Fermati e considera:
il radius, il piccolo bastone
che puntava verso il basso,
puntava l’astronomo verso l’alto.
Le stelle dunque si specchiano nel corpo
e il corpo si fa costellazione.
*
Nella Wunderkammer della mente
milioni di piccole cose ricompongono un mondo
che non si può avere.
I reperti disordinatamente perfetti
compilano una lista pressoché infinita
di fatti e concetti, sono idee
e al tempo stesso sono oggetti
di un microcosmo in progressione e me al centro.
*
AM I GOING TO CRASH?
L’antenna sul tetto delle cose di fronte
ricorda quella che i due fratelli usavano
per ascoltare i primi umani lanciati nello spazio.
Anche ora qualcuno c’è
che gravita nell’orbita
e guarda.
Le registrazioni: “fa caldo, brucio, muoio”.
Era sola lassù,
nessuno che poteva salvarla
quand’anche il cadere, il precipitare,
lo schiantarsi sono comunque una salvezza.
Trasmettono per questo le macchine.
Parlano di noi.
*
(“Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due.” – P. Roth)
Io non sono affatto vicina alla verità
come tu sei, perché se così fosse
non mi sarei stupita affatto della tua venuta
quando ogni giorno nuovo
cancella il giorno in cui non c’eri ancora
portando piccoli baci tra i tuoi denti bianchi.
Spezza, ti prego, anche me e insieme lasciami intera,
distribuiscimi con le tue mani
al bordo di questo letto. E ricomponimi.
*
DE HUMANI CORPORIS FABRICA
E tuttavia non posso non sentire la pietà:
forse sono rimasta indietro,
forse poco mi sono evoluta
rispetto a lei invece simile a una divinità
mentre sonda la sua creatura
– è questo allora che saremmo? –
sì, in fondo è tutto qui
lascia dunque che guardi dentro anch’io
come si guarda dentro ad uno specchio
che per un attimo mi pare che ci siamo,
che ora u estrai cos’è che c’è di più.
E che ci unisce.