da Jean-Michel Maulpoix, in Nuovi poeti francesi, a cura di F. Scotto, Einaudi, Torino 2011.
Il blu di qui s’offusca al calar della notte.
Arretra e si sveste lentamente. Ha fatto il suo tempo, e se ne torna da dove viene: nell’oscuro, nell’opaco, nello strano. Non ci si dovrebbe sbagliare, questo blu così chiaro fu all’inizio solo tenebre: un cumulo di polvere e di nubi. Abbandonò la sua condizione iniziale quando gli uomini ebbero cominciato a soffrire sulla terra. Si fece gradualmente più chiaro quando provarono a capire l’enigma del loro dolore. Per loro, mutò l’oscurità in trasparenza perché s’alleggerisse il loro fardello, perché evadessero, sapessero da che lato guardare, dove addormentarsi, con chi lamentarsi. Fece loro dono di questo mondo e della sua luce, costruì loro delle dimore sognanti, apprese loro il distacco e la presenza. Ogni sera, svolto il suo compito, riguadagna il suo buio come si rientra a casa.