(“Guardare” è una rubrica che propone poesie inedite scritte da ventenni e trentenni e che prova a raccontare il nostro momento storico dal punto di vista del loro immaginario. Questo percorso ci accompagnerà nei prossimi mesi con un’uscita ogni due settimane. Tessera dopo tessera si configurerà un mosaico in cui speriamo emergano interrogativi, chiavi di volta e genealogie di un tempo che muta velocemente, lascia disorientati, ma chiede anche nuove e autentiche forme del guardare. Nella nona uscita cinque inediti di Francesco Ottonello, nato a Cagliari nel 1993.)
SE AVESSI UN TEMPO RAPITO
Questa volta ho rubato una poesia
tua per farmi odiare di più.
Questa volta ho rubato una poesia
perché niente è rimasto da dire
più della tua gola secca.
Dicevi sboccia un fiore nelle mani di chi
chiuse non ha le intenzioni, l’amore
suo si dilata dentro e il resto vola via.
Così una prova è il freddo di un sentimento
la debolezza di chi fa già ricordo
di noi, di sé e di tutto.
*
GAME OVER
Sullo schermo di un altro cellulare
c’è un ritratto di te che giace, fisso
io lo accolgo scomporsi nelle trame
dei miei occhi senza più pigmenti
–
bene ci stava il male torpido, l’isola
adolescente che estuava e svernava,
mai avremmo chiesto stagioni nuove:
poi la richiesta continua del mondo
non ci ha più amalgamato nelle urgenze
delle vie strette – Aslan – solo ti chiedo
in quali oceani alieni estirperemo
ora che tutti i giochi riporrai nelle lastre
con i passaggi da riempire, sempre
con soddisfazioni sottili a perdere
per ritrovarci stinti un tempo che sarà.
*
SCHEGGIA DI CRANE
Infrangibili e isolati. Colavamo fusi
insieme in una spietata spada bianca.
Gli estuari della baia nei duri limiti del cielo.
I cavi del nostro sonno prontamente serbati
già pendono, tritata la fine di stelle archiviate
un sorriso congelato senza traccia… quali parole
per strangolare questo sordo chiaro di luna? Per noi
tutte sono superate. Nessun grido, nessuna spada
può accelerare o flettere questo cuneo di marea
lenta tirannia della luna, luce di luna amata
cambiata, niente di più simile al mondo.
Mi parli sapendo che non posso toccare la tua mano
guardo anche io in quella fessura del cielo senzadio
dove nulla muta, solo sabbie morte che brillano.
Se non potremo capire del tutto, nella flotta
dei tuoi capelli luminosi mai avevo sognato
qualcosa senza bandiera come questa pirateria.
Ritrai ora la tua testa, sola e troppo in alto qui
i tuoi occhi già inclinati verso la schiuma alla deriva
il tuo respiro sigillato da fantasmi che non conosco
ritrai la testa e dormi la lunga strada verso casa
*
NON VEDO TE QUANDO CHIUDO GLI OCCHI
Si dice che un gelo sotterraneo fa brillare
ai nuotatori gli occhi smarriti del mattino
–
avevo aperto gli occhi e non c’erano
i nostri figli: forme e colori sconosciuti
un puntino strambo che cade
–
come una conchiglia che secerne
le sue leghe pulsanti in monotonia
ora i tuoi occhi premono contro prua
–
il sole carezzava la pelle, nelle mani la vita
forse poteva quasi non esistere – sarà
nel vortice la nostra tomba, devastato
lo sguardo della foca teso a un paradiso.
*
UN MAGMA DENTRO TE
Hai varcato un ponte, sei su una landa
Aslan, scorre ma ti parla di rado, quando
si spegne la discussione con il mondo.
Così ho pensato improvvisamente che
in mezzo al nulla ci raggiungessero ancora
dentro i monti le visioni dell’estate, fuochi
sepolti all’orizzonte e fusioni
perdute delle scorze.