Francis Catalano, dalla rivista “Exit” (Montreal), 2005.
Avant le soir
«Tu crois, tu crois me connaître » récite-t-elle parlant [presque au vent
et observant à contre-jour la poussière
qui traîne sur la grand-route déserte.
« Tu t’appartiens trop » persiste-t-elle à m’accuser
prolongeant ainsi la peine de l’attente
cette partie d’elle qui combat encore
humiliée et hautaine dans la voiture immobile.
Mais cet argument sonne faux à ses oreilles
et j’en aperçois la larve sur la glace
qui éteint d’un sourire
négligé les mots à peine dits.
« Oh, tu as aussi trop souffert de cela » ajoute-t-elle ensuite
comme si elle apportait des fleurs
en ce lieu, plein d’orties, où elle m’a crucifié.
« En vain » murmuré-je plus que par le remords
touché par le ton
de cette persistante, douloureuse affection;
et je voudrais maintenant qu’il ne lui paraisse pas indigne
chercher chez d’autres la cause
de son mal, la faute dût-elle être la mienne.
« En vain » et m’arrive je ne sais si d’un souvenir
ou d’un rêve une image d’elle
gracile, droite dans sa grandeur, qui regarde un fleuve
depuis la levée et, peu après l’embouchure,
la laque grise de la mer qui s’assombrit.
« Laisse tomber » dit-elle avec la voix de quelqu’un
qui revient après une absence de plusieurs années sur les
mêmes lieux
pour recueillir les dépouilles laissées en d’autres temps,
après l’échec.
«Parce qu’il n’est pas en notre pouvoir de nous rapprocher»
me demandé-je surpris qu’elle soit là, immobile, sur le
siège à côté.
« Quelle entente peut être scellée sans une lueur d’espoir ?
Parce que l’espoir est irréversible » commente
son silence rigide n’offrant plus de résistance
tandis qu’elle tourne, résolue, la poignée
et jette un coup d’oeil de biais à l’édifice, haut,
qui bientôt l’engloutit.
Prima di sera
“Credi, credi di conoscermi” recita lei quasi parlando al vento
e osserva controsole la polvere
strisciare sullo stradone deserto.
“Appartieni troppo a te stesso” insiste ad accusarmi
prolungando la pena dell’indugio
quella parte di lei che ancora combatte
avvilita e altera nella macchina ferma.
Ma le suona falso l’argomento
e ne scorgo sul cristallo la larva
che spenge d’un sorriso
dimesso le parole appena dette.
“Oh di questo hai anche troppo sofferto” aggiunge poi quasi [portando fiori
sul luogo, un’orticaia, dove mi ha crocifisso.
“Vanamente” mormoro più che dal rimorso
toccato da quel tono
di persistente, doloroso affetto;
e ora vorrei non le sembrasse indegno
cercare in altri la causa
del suo male, fosse pure il mio torto.
“Vanamente” e mi viene non so se dal ricordo
o dal sogno un’immagine di lei
gracile, impalata nella sua altezza, che guarda un fiume
dall’argine e, poco oltre la foce,
la lacca grigia del mare oscurarsi.
“Lascia perdere” dice lei con la voce di chi torna
dopo un’assenza di anni sul luogo stesso
e raduna le spoglie lasciate in altri tempi, dopo lo scacco.
“Perché non è in nostro potere richiamarci”
mi chiedo io sorpreso che sia lì, ferma, sul sedile accanto.
“Che intesa può darsi senza luce di speranza?
Perché la speranza è irreversibile” commenta
il suo silenzio rigido senza più lotta
mentre abbassa risoluta la maniglia
e getta un’occhiata di squincio al casamento, alto, che tra poco la [inghiotte.
*
Vie fidèle à la vie
La ville un dimanche
au déclin du jour
quand tout est paisible
mais une radio gémit
entre ses tours aveugles
depuis ses viscères engourdies
et à celui qui va dans la crevasse d’une rue
coupée net entre les banques arrive
doux jusqu’à la douleur l’humain
caché dans ses égouts et dans ses mezzanines,
trève, oui, et pourtant
quelqu’un, le front contre l’asphalte, meurt
parmi peu de gens hagards
qui se placent en hésitant autour de l’accident,
et nous sommes ici ou par destin ou par hasard ensemble
toi et moi, ma compagne de quelques heures,
en cette sphère affolée
sous l’épée à double tranchant
du jugement ou de la rémission,
vie fidèle à la vie
tout ce qui a grandi en son sein
où cela va-t-il, je me demande,
est-ce que cela descend ou monte par petits bonds vers son
commencement…
bien que cela importe peu, bien que ce soit notre vie et
c’est tout.
Vita fedele alla vita
La città di domenica
sul tardi
quando c’è pace
ma una radio geme
tra le sue moli cieche
dalle sue viscere interite
e a chi va nel crepaccio di una via
tagliata netta tra le banche arriva
dolce fino allo spasimo l’umano
appiattato nelle sue chiaviche e nei suoi ammezzati,
tregua, sì, eppure
uno, la fronte sull’asfalto, muore
tra poca gente stranita
che indugia e si fa attorno all’infortunio,
e noi si è qui o per destino o casualmente insieme
tu ed io, mia compagna di poche ore,
in questa sfera impazzita
sotto la spada a doppio filo
del giudizio o della remissione,
vita fedele alla vita
tutto questo che le è cresciuto in seno
dove va, mi chiedo,
discende o sale a sbalzi verso il suo principio…
sebbene non importi, sebbene sia la nostra vita e basta.
***
Jamie McKendrick, da The Faber Book of 20th-Century Poems (London), 2004.
Night Cleanses the Mind
Night cleanses the mind.
A little later we are here as you well know,
a line of souls along the edge,
some ready to leap, others almost in chains.
Someone on the sea’s page
traces a sign of life, fixes a point.
Occasionally a seagull appears.
La notte lava la mente
La notte lava la mente.
Poco dopo si è qui come sai bene,
file d’anime lungo la cornice,
chi pronto al balzo, chi quasi in catene.
Qualcuno sulla pagina del mare
traccia un segno di vita, figge un punto.
Raramente qualche gabbiano appare.
*
Year
Providential now, and unprotesting
the wicker racks and urns are taken out.
Grapes hang. The other is unknown, the other
was and is closed in this opaque sky
where a wine-coloured light thickens
and the finch’s cry already tells of frost.
It’s here, and in these mild, clear tasks
that what I don’t possess yet still must love
is spent and burnt away.
Time past and still to come cuts loose…
I have come here, a remnant
of inscrutable times – ardent, waiting.
Endlessly I become what I am,
find repose in this empty light.
Anno
Provvidi ora, ma quieti
si espongono graticci e vasi,
si appende l’uva. L’altro è ignoto, l’altro
era ed è chiuso in questo cielo opaco
dove un lume vinato si rapprende
e il grido del fringuello è già di gelo.
E’ qui, è in queste opere miti
e chiare che trascorre e brucia
quel che non ho e che pure dovrò perdere.
Tempo passato e prossimo si libra…
Io, come sia, son qui venuto, avanzo
da tempi inconoscibili, ardo, attendo;
senza fine divengo quel che sono,
trovo risposo in questa luce vuota.
***
Juan Carlos Reche, traduzioni inedite.
Torre de las horas
1
Esa indecisa albúmina
que perfila los postigos aún negros,
futura plata
que en breve rayará el cuarto en penumbra.
El día, mira de qué manera, deshace su misterio
mientras avanza.
2
Está en el culmen, mas el azul siente
la fuga de alguna oblicuidad
de su brillo. Se deshace casi
el esplendor de este mediodía.
Mira cómo entra
en el cielo el turno de tarde. Mira.
3
La flor de la tarde noche
se abre cautamente
a los pensamientos del hombre y de su perro,
ya menos diurnos
de agudeza
desvaída. Mira cómo.
4
Sube hasta su reino
ella noche de luna.
Luna, mira cómo
según lo previsto
deviene luna.
Torre delle ore
1
Quell’indeciso albume
che profila le ancora nere imposte,
futuro argento
che presto listerà la buia stanza.
Il giorno, guarda come, scioglie il suo mistero
mentre avanza.
2
E’ al culmine, ma sente già l’azzurro
la fuga di qualche obliquità
dal suo splendore. Si smaglia
appena la lucentezza di questo mezzogiorno.
Guarda come entra
nel cielo il vespertino turno. Guarda.
3
Il fiore della tarda sera
s’apre cautamente
ai pensieri dell’uomo e del suo cane
già meno diurni,
di più vago
acume. Guarda come.
4
Ascende al suo reame
lei notte di luna.
Luna – guarda come
da presagio
diventa luna.
Immagine: Richard Wentworth, False Ceiling, 1995.
Con le traduzioni di Francis Catalano, Jamie McKendrick e Juan Carlos Reche si conclude il nostro dossier Per Mario Luzi (1914-2014) che ha proposto:
– Milo De Angelis, Breve viaggio tra le ombre di Mario Luzi;
– Stefano Verdino, Uno scritto disperso di Mario Luzi;
– Diego Bertelli, Poesia e traduzione nella generazione del ’14: Luzi, Parronchi e Bigongiari;
– Mario Luzi e la Francia (Leonardo Manigrasso, La fortuna francese di Luzi; Laura Organte, Mario Luzi traduttore dal francese: “La cordigliera delle Ande”).
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).