Sette poesie da “Eucariota” di Giuseppe Nibali, da poco uscito nella collana “Gialla” di Samuele Editore in collaborazione con pordenonelegge.
Io in questo mondo sono nata non altrove
e mordo dove padri in branco lasciano
zampe piume piccole ossa. Beccano i pulli
le poiane per separare le penne caudali
prepararli al volo.
*
Allagano la fossa e nella pozza scivolano insieme
prima la vecchia e poi la puerpera, altri le accerchiano
si svolge in questo modo e dopo: i sospiri e gli affondi
alle loro spalle pronunciando parole
il nome dicono del serpente e universo villaggio casa
nella lingua conosciuta.
del serpente portano le pelli dopo nella danza
quando vecchia e nuova donna si trovano
presso il fuoco e dimenticano la terra smossa
la pozza di pece che nel ritmo si dimena.
*
Un teschio tiene papà sulla scrivania un teschio di cane
dice che capita che il cane ringhia prova l’attacco,
che lui non ha pazienza dice: e allora prende il
bastone e il cane continua allora prende la pala
e stavolta gli rompe la testa beve il sangue dice
che rende forti e poi gli stacca pure il cranio.
Scherza il papà, fa la mamma, il teschio è di un lupo
passato dalle valli comprato tempo prima e lui
non è come i cani e i gatti che stanno con gli umani il lupo
non ci fa niente se lo ammazziamo.
*
Non escono stanno nello sciame
nello stormo di corpi e neutrini e ripetono davanti
alla maestra tra i corridoi la poesia dell’aprile
con le rime e che questa è la vita che hanno
scelto dove viene e si ritira lo stupore. Non usciamo
non tutti siamo umani: questa madre che qui è mia madre
non ha faccia e il padre che qui è mio padre è senza denti
solo alcuni sono umani e stanno retti per ore a leccare
via la terra dai coglioni e dalle zampe, poi si accalcano
uno sull’altro per mangiare e per comprare.
Si affamano, qualcuno è costretto a sopportare
gli inverni con la poca pelliccia che ha tutta al freddo
e altri ancora devono portare stoffe e cibi ma non basta.
in inverno si ammalano hanno febbre polmoniti e pus
nei bronchioli. Spesso si gonfiano fiori dentro di loro.
*
Comunicano attraverso il micelio
spesso marciscono e l’albero madre
espande il suo dominio se il giovane è in pericolo
così sappiamo che prima della rete c’era la rete
dentro la casa il chiostro oltre il pozzo
tra i libri di carta che sfogli e ancora prima quando
la via del panificio davanti alla farmacia
e il campanile, il cinema il teatro l’estetista
erano campi di matematica e lingue
aliene fuoriuscite dagli oceani
pluricellulare profumato, spesso blu o rosso acceso
era il mondo.
*
Dobbiamo guardarlo bene, soffermarci sui palmi
e sulle linee sopra di essi. Viste le mani la retina
noterà i peli copiosi sulle braccia su fino
all’omero ne è pieno e continuano poi sul petto
coperto dalla cotta. L’eroe non si muova mentre
i nostri futuri tu e io lo esaminano e la lava
si raffredda e s’indura e si fa pietra la terra
in un tempo che è uguale e diverso da ogni tempo
quando la musica si ferma i tamburi tacciono e si aprono
gli occhi della bestia. indossa un copricapo d’ossa
esce dalla tenda forte e bello come Cristo
batte il pugno sopra il cuore una due volte
per partecipare alla specie.
*
Uomo nato da donna donna nata da donna
di cenere mista a carbone cospargiti il capo
mentre entri da sola nel bosco. Qui i primi
atti di cannibalismo hai prima rotto il bacino
della compagna poi hai tirato nel sangue la gamba
la coscia si è straziata tra le acacie. Scappa oltre
la linea del buio e più oltre verso la civiltà marcita
che si addentra nel fitto tra i rami e dove auscultano
la corteccia, sentono lo schiocco e la resa dei tronchi
a cadere. Lascia ti dico la gente che muore la città
non dà frutti non incide più i nomi dei suoi morti
sui marmi nemmeno credo si debba provare
una grammatica e lasciarla pascolare tra i frenuli.
Risiedi nel cerchio della mente, spingi il profumo
del niente dentro al petto. Esploderà il cuore
torneranno gli occhi a farsi secchi.