Epistola

da | Giu 29, 2015

Sette poesie inedite.

***

Epistola

All’amica lontana V.

Mi arriva la tua voce desertica da quella roccia
che a volte sfioro con dita buie.

Tu non hai conosciuto Daniela e la sua disciplina che le [ritmava le parole,
ma credimi, aveva la tua stessa vocazione.

Mi sapete dire, voi, donne,
le uniche che io abbia davvero amato,
come faccio a conoscere quel vostro regno di sabbia,
quell’isola di naufragio che non voglio toccare?

Daniela, tu che ti sei fatta madre mentre cadeva il muro di [Berlino
perché non hai voluto guardare.
Hai abbracciato la malattia come si abbraccia un amante [che non si può.
Io non ho mai potuto ascoltare questa tua sinfonia [sommersa.
Hai cantato troppo piano, ti sei imposta anche questa volta [una regola troppo dura.

Ma tu invece, amica, io mi chiedo se tu non sia l’unica [sana,
tu che guardi e ti rintani, ti nascondi quando la vista si [affina
fino a farsi fitta e perforazione. Io sento la tua voce anche [lontana,
una voce che da sola si seda, sei autosufficiente.
Ma io lo so, lo so, lo prevedo perché conosco quei tornanti,
so come si arriva lì dove tu sei, dove mandi silenziosi [presagi
che io ricevo mentre mangio, mentre lavoro, mentre [dormo. I tuoi cari segnali.

Penso ai nostri pochi incontri, come lettere, lettere, lettere.
Il miracolo della risposta.
Mi hai detto di avere imprese collettive,
che non sarai una madre.
E mentre lo dicevi io avrei tirato i tuoi passi da quella [strada
che avevo già visto, che non voglio percorrere e che spero [non mi trovi.

Ogni tanto questa bestia si specchia con la sua testina
verdissima nelle cose che amo e mi richiama. Ma io già [sento la bufera di sabbia
che mi tappa il naso. Per questo col pensiero, accarezzo i [tuoi occhi screziati,
i tuoi incubi di sabbia e penso che ti salverai, ti salvi come [fenice ancora più bella
mentre io azzero, azzero con il nervo teso, fantastico [sempre nuove nascite.
Ma tu sei bella, tanto bella mentre non comprendi il mio [segreto.

Intanto mentre sei lì, salutami, se puoi, gli occhi verdi
di Daniela, che rotolano in una valle di Germania
e portami, se puoi, un fiore nato lì di mia mano, durante [una fuga.

*

I giri purosangue

A Riccardo

Semplice e perenne
l´infanzia
e i suoi giri purosangue.
Alla chitarra piace riesumare
con calma azzurra,
ma c´è una nuova fase sotto la tua mano.
Vibra già nella tua ruga il mio domani.
Brilla proprio adesso
il granello-suono
dove tornerà lucida la memoria sgranata
della vecchia.

*

Pancia-Pancia

Il suo braccio azzurro come il sorso della capra.
Il suo verso che suona di ventre,
pancia-pancia, mi scavava.
Era il bacio primo
che mi bagnava di altezze
e di futuri.
Era la maschera
bianca che si lascia.
Il bozzolo del baco.

*

Il neo sul viso

Scegli Ifigenia,
scegli in questo tempo di non morire.
Scegli e conserva il neo sul viso,
scavalca la vicenda.

***

La mia statua ha il busto sempreverde
e sulla bocca un inno incompiuto.
E` il canto a chi trasforma in fiore la pietra.

*

“E va bene:sono recluso in una casa di salute, il mio infermiere mi osserva,
quasi non mi stacca l’occhio di dosso; difatti c’è uno spioncino nella porta, e il mio infermiere ha
l’occhio di quel bruno che di scrutare me, l’occhiazzurro, è incapace”
Günter Grass

A Daniela D`Alessio

La vita deve esserti sembrata un grande albergo.
Guardavi come chi ha ronzio nelle orecchie,
Castorp andava curato col bianco ospedaliero.
Anche tu hai provato a mettere il tutore
nella testa, non è facile avere vista sopraffina.
Ti saliva la pressione.
Nel tuo albergo c´era foschia, un petto nero
contro accecante chiarezza di visione,
ti brillava il tedesco in testa prima che in bocca.
Godevi della cosa giusta. So muss es sein.
Non so cosa hai pensato prima di abbracciare il dirupo,
vedevi un ingresso diverso, che non fosse
la solita porta che veniva chiusa.
La filosofia dentro un albergo, dentro una lingua,
dentro una prigionia.
Non ci sta bene nelle macerie una regina.

*

Il silenzio

Mi infilavo sotto il vuoto delle barche.
Ascoltavo lo sbatacchiare minore.
Il mio suono è quello delle grotte,
dove ogni variare ha un corteo di rumore.
-Non ti devi bagnare!-
Fu rottura e inizio quella voce.
Così mi disse il narratore lontano.
-Pagine asciutte!
Non bisogna strappare un solo pelo
allo scalpo del silenzio!-

*

Wille zum Überleben – Volontà di sopravvivere
Confronto col titano

A volte, dopo il lavoro, capita proprio così: i miei passi, schiaffi sul suolo, contro il titano del Brin.

Al mio attacco segue silenzio.

Eppure qualcuno o qualcosa mi ha insediata, sfoderando immagini torbide. Bellezze disanimate.
Fossili.

Non ho mai pensato di fare esercizio alla sopravvivenza. Lei si è ammalata di questo e non lo fa più.

Lei i suoi mostri belli li tiene per se.

La solitudine produce bellezza che resta, una voglia che non si può raccontare a nessuno, un bisogno che si trasforma in energia.

Mentre lei proietta i suoi visi deformi sulle pareti, io resto a camminare sporca per strada, ma con dentro un grumo troppo grande per camminare insieme a me.

Immagine: Maria Mulas, Rotonda della Besana, 1972.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).