Cinque poesie inedite.
dal mare
È una parete molto vecchia, molto forte, da cui nessuno può cadere,
che nessuno può forzare, da cui non si sentirà mai più niente.
Ingeborg Bachman
ti depongo in una bara d’acqua
dove tutto è smemorato
affondare e riemergere
in un abbraccio d’alghe
venute per proteggerti
da pesci curiosi e lingue taglienti
ora prendi un’altra direzione
per guardare il mondo dal fondo
sotto metri di mare e sale
procedi a spire e colpi di coda
immagino vengano dalla nostra terra
ma non so più se la mia è anche la tua
e ho perso il ricordo di chi eri
se sia giusto piangere per te
*
cadono i nostri nomi con un tonfo
alcuni pesanti come massi di roccia
al contatto con l’acqua
alzano spruzzi alti e gravi
argillosi altri si sfaldano piano
e il mare si fa tutto giallo
a volte sono soffi
che non riescono a cadere
sussurri minimi persi subito
appariranno in sogni libri discorsi
svaniranno in sillabe e suoni
come se mai fossero stati nomi
*
quando le madri ci vestivano di rosso
per affidarci alle onde senza riva
si confondevano gli indumenti col tramonto
nelle acque che arrossavano con noi
marmi dal candore violato dal sangue
dei capri per il sacrificio d’Isacco
noi qui soli in teneri dondolii
come i bambini imperatori
costruiamo la tomba del futuro
*
le anime dei padri già si vedono
avanzare sull’orizzonte
con i loro piedi nudi
e tutte le madri correre
aggrappandosi a invisibili strade
per accoglierci
di nuovo nel grembo
la potenza delle preghiere cede
le madri e i padri infine sono inermi
il mondo è fatto ancora degli stessi elementi?
forse ormai tutto è acqua
e solo i morti respirano
*
e se ci troveranno in un altro secolo
inseparati in fondo al mare
con ossa e carne trafitti
il corpo disseccato dal sale
il mondo si sorprenderà
del nostro lungo abbraccio
dita saldate nel torpore cobalto
il volo della manta ci porterà
in foreste più fitte
a custodire ogni cosa di noi
l’ipotesi sui nomi cadrà
cresceranno capelli come alghe
nuove sintassi per ascoltarti di nuovo
Immagine: William Tillyer, Articulations, 2017.