Cinque poesie in anteprima da ENIGMI E DINTORNI di Peter Robinson, traduzione dall’inglese di Pietro De Marchi con l’autore e Ornella Trevisan, da poco uscito per “I Quaderni della Collana” di Stampa2009.
APPARTENENZE
(“Les jours s’en vont je demeure” – Guillaume Apollinaire)
Rimanere in Europa, come si fa,
ora su un treno da Milano
ci imbattiamo in due ragazze belghe
con fragole, un gomitolo di lana
e una copia degli Alcools di Apollinaire
(una cita Le pont Mirabeau);
due ragazze in giro per vedere il mondo,
stanno andando fino a Istanbul.
Così, quando il treno arriva a Parma,
noi auguriamo «Bonnes vacances!»
e loro in risposta «You too!»
A rimanere in Europa una settimana o due,
siamo rapiti dalle foglie rossastre
quando boccioli di zucchero filato
avvolgono l’aria profumata del quartiere
e c’è anche un’anatra nella corrente
putrida del vecchio canale,
una celidonia minore
tra soffioni e margherite,
il loro prato un verde più verde –
come se la mente divisa dell’Europa
fosse in rissa con se stessa dentro di te.
Perché nonostante i mille calcoli monetari,
allarmisti o no, la verità
è che il nostro posto è tra queste case
(le case popolari del dopoguerra)
al di là dei petali di magnolia come coriandoli
sparpagliati sull’erba muschiosa
mentre alcuni ancora si aggrappano
ai loro rami in tempi diversi o indifferenti…
per rimanere in Europa, come noi intendiamo fare.
(3 aprile 2016)
IL RATTO DI EUROPA
per O.
Rimasto sveglio, oh, fin troppo tardi
per seguire un dibattito in TV
e disgustato dal battibecco,
altre menzogne e balle
mi ricordano Europa –
poi andato a letto soccombo
una volta di più a penose memorie…
Mi riportano a quando ero a terra
con la vittima di uno stupro lontano, un
ratto, come quelli dipinti
in un crepuscolo estivo occidentale
sulle lande del tramonto.
Però ora tu indugi girando per la camera;
e io sono indeciso se
sia stato un atto d’amore
o se la violenza abbia suggerito
l’idea stessa di mettere alla prova la pazienza
di Europa, mandarla a casa…
Ma oh, a decidere per noi
nonostante i miti cretesi, i bugiardi,
eccoti vicino a me –
e posso solo sperare
che siamo come tra le braccia dell’Europa
con l’Europa tra le mie braccia.
(Maggio 2016)
PENSIERI DA GIARDINO
(“mi pareva di essere in Europa” – Luciano Erba)
A quest’ora magari stanno anche
innaffiando i giardini in tutta Europa,
ma oltre una finestra appannata
il nostro pezzo di giardino davanti
ha un’aria stranita (anche se
gli anemoni giapponesi,
le campane delle digitali e le fucsie
attorniate di bosso in disordine
potrebbero apparire così in un qualsiasi anno);
adesso, in questo giugno miserevole
che il pino nano si spinge più in alto
e un acero spiovente
riempie le sue sottogonne,
gocce di pioggia luccicano nelle pozzanghere
aggiungendo globuli e un bagliore
ai fiori dal capo pendulo –
come se anch’essi volessero avere indietro
il loro paese, ma quello non ritorna.
POST-VERITÀ
Dunque la parola di quest’anno è un tributo
alla cosa che lascia indietro,
o pensa di farlo, sbagliando;
perché la verità è come un Lazzaro
risorto dalle vesti funebri
per giudicare ogni diverso inganno.
(2016)
CREDITO GLOBALE
C’è del debito nei lontani ricordi
di colloqui nelle banche locali
che appaltano i buchi neri dei prestiti,
banche alla mercé di ladruncoli
entrati dal sistema fognario:
non prestano senza garanzie
o accesso a un salario.
Ma di fronte ai dilemmi su cosa daremo
o ci sarà permesso portar via,
alle soluzioni ingegnose messe in atto,
non potresti che vedere le foglie della pianta ragno
come rotte aeree su un mappamondo
verso luoghi dove siamo stati o no
sulle doppie pagine aperte di una rivista di bordo.