Cinque poesie, nella traduzione di Silvio Raffo, di Edna St. Vincent Millay da Poesie, Crocetti, 2020.
Questa porta tu non dovevi aprirla;
l’hai fatto, entra dunque, e osserva
quale misero inganno ti ha tradito.
Qui non tesori nascosti, o caldaie,
specchi di verità, teste di donne mozze
per le tue brame, o spasimi d’angoscia;
ma solo quel che vedi… Guarda ancora:
una camera vuota, disadorna,
tele di ragno… E io l’avevo chiusa
in me, perché nessuno la scoprisse;
mi hai profanato tanto quando sei
strisciato alla sua soglia questa notte
che non dovrò mai più guardarti in viso.
Adesso è tua. Io cerco un altro posto.
*
Se, in un modo del tutto casuale,
fossi informata della tua scomparsa-
se ai titoli di fondo del giornale
del mio vicino in metropolitana
io leggessi che all’angolo del viale
(notizia di frequenza quotidiana)
un uomo, che risulti essere tu,
è stato ucciso oggi a mezzogiorno-
non griderei, non urlerei di certo,
né in quel luogo mi torcerei le mani.
Solo, con più interesse osserverei
le luci in corsa della mia stazione;
o forse gli occhi leverei e più attenta
leggerei di pellicce e acconciature.
*
Tra breve io ti scorderò, mio caro,
perciò assapora il tuo piccolo giorno,
mese, o semestre, e godi quanto puoi;
sia che ti scordi, o ti lasci, o io muoia,
tra di noi finirà; col tempo, dico,
ti dimenticherò, comunque ora,
se m’incanti con splendide menzogne,
ti assicuro la mia miglior promessa.
Anch’io vorrei che gli amori durassero
e non fossero inezie i giuramenti,
ma tant’è, la natura si è ingegnata
fin qui di perpetuarsi senza sosta-
che noi troviamo o no quel che cerchiamo
è, biologicamente, irrilevante.
*
La belva che mi strazia ovunque io vada,
questa passione, questa obliosa brama
che mi soggioga al declinante autunno,
mi lascerà, saziata, in primavera.
Chiusa la piaga, sparirà la febbre,
in seno il cuore scioglierà il suo nodo;
prima che torni il picchio avrò scordato
il tuo sguardo, mio oriente e occidente.
Ma da un simile artiglio non sarò
mai più sicura, anche se amassi ancora:
lungo il mio corpo, vigile nel sonno,
tagliente al bacio, neve alla carezza,
come una spada questa cicatrice
fra me e il turbato amante resterà.
*
Si ricorda di te l’umida terra
di primavera, con tutti i suoi fiori,
le strade polverose, i cardi, e il lento
crescere della tonda luna, e tutte
le gole che cantarono d’estate,
le ali in partenza, i nidi, i rami spogli,
i venti che soffiarono a ogni tempo
e le tempeste di quattro stagioni.
Tu non vai più col tuo passo di gloria
sui sentieri dell’alba e della bruma,
non vegli al vento, non ascolti il palpito
d’invisibili ali alte nell’aria.
Qualcosa in più che giovane e gentile
eri tu: l’anno intero ti ricorda.