C’è una donna rinchiusa in un cortile
d’asfalto, dietro il cancello
saluta con cenni di mano ammiccando
nella faccia colore della terra,
la domenica dà un bacio a mia figlia
vestita d’azzurro come un settembrino.
Quante volte mi ha detto che passa gli ottanta?
Che una volta le gambe erano buone, che andava
scalza a portare gerlate di grassa?
Dice a tutti “cara”, vuol parlare un po’
calata qui dai monti di Roncapiano
dove non è rimasto più nessuno
– la scuola deserta, muti di vacche
i pascoli, precipitati
in fondo alle gole i giorni dell’aquilegia.
Un mattino la vedo senza grembiule, felice
nelle sue scarpe di vero cuoio
avventurarsi fino alla Farmacia
fuori del mondo, là, sulla cantonale.