Doveri di una costruzione è un libro inedito di Davide Castiglione. Pubblichiamo in anteprima una scelta di poesie.
Se non c’è direzione
Passata la statale
delle piscine i gusci verdeacqua.
Sopra, esteso, dell’altro niente
che si riversa in loro:
casale deserto, fallire per sport,
italia duemilaequalcosa.
Se non c’è direzione,
si brevetti la pioggia:
sarà lei a ricordarci
quanto in basso si poggiano
occhi e piedi, armi… fermi
tutti, se ci siete,
fellow passengers qui
tanto più la penso
quanto più manca
e abbaglia, la grandezza.
I progettisti (le gradazioni del cielo)
I depositi John Lewis fanno mimesi col cielo delle cinque,
i progettisti mandati all’aria aperta, a studiare le gradazioni,
dopo un pranzo leggero tra colleghi
platessa indivia e un bianco un po’ frizzante
realizzano tutto d’un colpo, il tono da intercettare
lo passeremo ai pixel e da lì ai pannelli di ghisa
renderemo leggeri gli imballaggi e spirituale il terziario
il nostro premio d’appalto, questo vasto quadrilatero
enigma o pastello evanescente. Per oggi
è decisamente molto, è quasi tutto per oggi,
torniamocene a casa ma tu, la cravatta già allentata,
nascondilo un po’ meglio quel mezzo passo di danza.
Economia di mezzi
Il bambino stava disegnando un semaforo. A un certo punto doveva colorarlo. Aveva solo il rosso e il giallo con sé, e li usò correttamente. Il cerchio in basso restò vuoto, o meglio, pieno del foglio quadrettato e basta. Di riusare un colore dei due o mischiarli in spregio alla realtà percepita, non se ne parlava proprio. Ne fui tanto impressionato che per rispetto esitai sul pedale, e infine invecchiai nella mia vettura all’incrocio.
Affinità
Sull’asfalto un biancore maculato
spalanca una festa a chi passa.
Ma il pesco, il ciliegio, il largo
fiorire che fanno, dov’è che sono.
Finché nel continuo del bianco
ogni petalo mutò in verità –
in un’aletta recisa dalla gemella.
Senza smentita calpestiamo
una strage a cielo aperto –
il cimitero in tempi record delle
falene le più bianche, le più offese:
le Hypantria Cunea, ho in seguito letto.
Monito di Luna
Se gli spasimanti mi facessero deserto intorno
sarebbe uguale, sparire loro i loro squilli,
le assillazioni senza nerbo sarebbe uguale
sopravvivano altrove il mio sguardo è per me stessa.
Se zero dev’essere, che non sia
quella somma infantile che mi lusingava;
quel sesso eretto e la sua brava riserva di ossigeno
che lo fa trionfare cieco mentre a me toglie l’aria.
Se zero dev’essere, che sia uno zero mio:
come quando mi offro così, per disprezzo.
Muta di marzo
Quanta pelle morta che si deposita sui pori, sulle lenti.
Crea una maschera decrepita, si prepara al carnevale
dove sarete tragici e chiari. Tre anni che spartite il bilocale.
Due che vi sfogliate senza esservi mai letti.
Scende sullo sterzo, sul bordo di un piatto, sul cumulo di cene
a cui non eri preparato. L’epitelio si mortifica, difetta
della tempra che ha il volere – che sia il mondo o il bene
di una sposa periferica, le isterie che ogni giorno ti inietta
perché altre armi non le ha. L’uomo pubblico è la sua pelle,
è con questa che traghetta il proprio peso, che si fa largo.
C’è da avere speranza o ribrezzo per la tua muta di marzo.
Intanto le escrescenze lasciate in giro, chi le seppellirà.
Immagine: Mr. Brainwash.