Sei poesie da Temporali di Cristiano Poletti (Marcos y Marcos, 2019).
Neve (per una fotografia di Richards)
Dormono secoli di appunti
sotto la neve. Lì
non c’è più nessuno, solo frammenti,
affanni di un passato.
È una casa, vedete,
e al centro c’è una vita resistita nel suo darsi.
Pastorale del freddo, case, case
abbandonate.
Ogni cosa per vocazione preme in una voce,
sembra dire: è occulto il fine.
Era questo, vedere. Giusto qui
al mondo, fatti eterni gli occhi e noi.
*
Referto
per Arianna
Venne su ogni figura un temporale,
così, improvvisamente,
mentre tutto era in polvere.
Cose e persone e l’ora
si stringeva scurendosi e correva
nell’arco di un azzardo
a darsi il corpo, del corpo il referto,
lo scopo delle mani, l’universo
in una stanza piena di sudore.
Così di un mio segreto
amore di una notte
provavo a raccontarti e adesso
ti scrivo che ricordo:
i due a fine temporale
non si sono più rivisti.
Oltre il momento d’acqua, il corridoio
di pioggia che fu specchio, se ne vanno
nel timore di amare, gli uomini.
E il caldo insiste,
da secoli urla noi,
afferma e nega, scompare, ritorna
in rima ingenua, dice che è del male
una radice, amore, e non ha cuore.
*
Andata e ritorno, carcere
Casa, ghiaccio, arrestabile sera,
inverno che vedi
la mia mano nascosta
in un coltello, vedi,
la colpa è in un’ombra e nel viso.
E tu, notte che resti: è questo
il campo di tutti o è il mio?
Cosa esiste lì? Chi
nel mio non uccidere
più, nel mio autunno? Sei
l’ombra d’estate? Tu
lontano temporale vieni
in questa lunga siccità
addormentami.
*
Fine temporale
Ho pregato un riflesso in te,
forse era il mio ma
credendo solo a questo tavolino sparecchiato
è stato inutile. Eppure
non sono materiale, guarda,
neanche la spesa ho sistemato
e nel ripostiglio è caduto tutto.
Penso sia anche piovuto.
Era annunciato per oggi, previsto
che venisse e smettesse.
Su questo tavolino scrivo
a te riscrivo se possibile
felice di questo
fine temporale.
*
Quadro, lago
Sai dove
tra nuove altitudini e voci
si stacca carne dalle ossa.
Così e in dialetto si diceva
quando improvvisamente
ci si riconosceva in un limpido
tornato grigio, cenere.
In una lontananza
di ognuno e tutti in un confine. Il lago
adesso
supplica ogni voce
di tornare.
Nei fosfori di fuori,
pronto alla carne, alle ossa,
c’è il lupo delle parole.
Presto. Torna. Parla.
Parliamo, sono qui.
*
Schumann
Chi è nato dal ventre aperto
della storia non ha specchi puntati contro gli occhi,
a Bernauer Strasse passa, fotografa attento
quel che vuole senza per questo ricevere
un riflesso accecante.
Non così per Schumann,
lo Springer, sfuggito
al sigillo che avrebbe dovuto amare.
Che occhio di fulmine, il Signor Leibing
per imprigionarlo in foto,
diciannovenne, a metà del suo occidente,
puntato verso la Baviera
che scelse infine per sigillarsi
nell’alcol, tentando un’altra fuga,
dal rifugio della sopravvivenza.
Finché, morto il Muro nell’89,
venne il momento di specchiarsi
e per amore, inevitabilmente nel ’98,
l’attimo di strappare il sigillo,
suicidandosi.
Cristiano Poletti (Treviglio, 1976) è autore di Porta a ognuno (raccolta di poesie, L’arcolaio 2012) e del saggio Trovandomi in inviti superflui, in L’attesa e l’ignoto – L’opera multiforme di Dino Buzzati (L’arcolaio 2012). Dal 2007 al 2017 ha diretto Trevigliopoesia, festival di poesia e videopoesia. Dal 2013 è redattore del lit-blog Poetarum Silva (poetarumsilva.com): una raccolta di articoli, intitolata dei poeti, è stata pubblicata per Carteggi Letterari nel 2019.
Ha contribuito alla realizzazione del film documentario sulla vita e il lavoro di Fabio Pusterla, intitolato Libellula gentile. Per Marcos y Marcos ha curato il libro-cofanetto omonimo, edito nel 2019.