Cinque poesie inedite.
Al riparo dagli occhi di Celeste c’è una radura fitta
Che non si lascia andare
Lei,
La radura,
Non si lascia andare?
C’è una castagna appesa che dondola come un dente in una bocca
Piccola Seduta all’ultima fila.
Dai un colpo netto alla coscia muscolosa del cavallo
Mi siedo di fianco
E guardo il corpo immenso dell’animale che tu chiami “mio”.
*
A questo punto è una scelta,
non un corpo guardato,
un involucro vuoto
prima dei cinque giorni.
Sono tornata.
Un lembo si solleva da dentro
Scodinzola e spazza via dinastie di posizioni altrui.
Tra me e quel passo in avanti,
infinitesimale,
non è previsto alcun collegamento.
*
Ha occhi incurvati il tuo sonno –
Lui si strappa i capelli
Come petali di eritrina.
Arancio
come le pareti di chi ti ha lasciato un presente troppo gonfio.
Ricacciarsi negli angoli dell’azione lucente
La tua schiena scomoda sul legno
Come una pala d’altare scarna.
Mi svuoto senza mani
Pur desiderando le tue dita agli angoli della bocca.
Ogni sacco pesava cento chili
Non sono confessioni di seconda mano
Quelle di chi perde i confini del vero.
Flessibilità morale è un nome fiacco
Che si dà alla superficie,
intanto il ramo si contorce tra rene e intestino riccio.
*
Da voi torno
il giorno che vi ho fatti incontrare.
Nella stanza dalle finestre alte e sgraziate le montagne non sono che una fantasia.
Un altro essere umano
mi dice di fidarmi di questo corpo disteso:
‘un anno dopo che io morissi’,
mi correggo,
‘un anno dopo che lui morisse’.
Seduti sul pavimento di marmo
eravamo in tre:
un ritratto di cui rifiutavo la bi-dimensione,
un orecchio paziente che la nuova primavera
avrebbe ricacciato
sotto la stessa terra –
coperta di steli aspri d’aceto.
E, ultima,
una bocca indecisa
che mastica in direzione contraria parole e sostanze nutritive,
indigeste,
incomprese,
arpionano il palato.
Tre corpi,
tre tempi.
*
I tuoi capelli bianchi conditi dal crepuscolo di primavera
Immaginazione di terza mano:
attraversiamo due continenti.
Lei è immersa nell’acqua calda
vapori
ogni sua parola al telefono
ti si scioglie in gola
tira la corda dietro la tua schiena
come un giocattolo antico.
Immaginazione di quarta mano:
c’è un sapore di guancia che riposa vivo tra i peli del naso.
Si frappongo incerti i racconti;
la vuoi raggiungere
la voglio turbare
la incontri nelle tossine espulse, condensa termale che tocca il soffitto.
Non voglio esserti di più,
rendendoti orgogliosa, so bene
di aprire un taglio trasversale
da angolo
ad angolo
nella tela incompleta dei tuoi mondi sfranti.