Quattro poesia inedite. Traduzioni in italiano a cura di Todd Portnowitz e Simone Burratti.
Convergenza
L’esatto opposto di quando cade un albero in un bosco
è quando cade una gru nel centro di Manhattan
e schiaccia una fila di macchine parcheggiate
inclusa quella con dentro il laureato ad Harvard.
Nessuno sente la terra fuori dalla terra,
neanche gli alieni, coi loro sensori
premuti sull’ozono, nessuna rivolta grandiosa
può tagliare le nuvole.
Parliamo del butterfly effect con la speranza
che una scorreggia riscriva la storia,
non facciamo più sport con la speranza
che andare al cesso ci mantenga in forma,
ciò che chiamamo la notorietà
è il fracasso delle foglie mentre l’albero cade
e il tonfo del tronco sul suolo,
è il battito del cuore
del laureato ad Harvard nella macchina
che arranca lungo la Worth St.
—neppure gli arcangeli
col corpo fra le braccia—
Fossi un’ape non pungerei mai un bel niente:
ronzerei indifesa fino a cadere.
*
Convergence
The exact opposite of when a tree falls in a forest
is when a crane falls in lower Manhattan
and crushes a row of parked cars
including one with a Harvard grad inside.
No one hears the earth outside the earth,
not even the aliens, with their sensors
pressed to the ozone, no magnitude of riot
cuts through the clouds.
We talk of the butterfly effect
hoping our farts will rewrite history,
we quit exercising
hoping our shits will keep us trim,
what we call notoriety
is the racket of the leaves as the tree goes down
and the thump of the trunk on the dirt
is the beat of the heart
of the Harvard grad in his car
idling on Worth St.
—not even the archangels
with the body in their arms—
If I were a bee I’d never sting anything.
I’d fly around defenseless till I fell.
***
Rimprovero di un fisiologo alla sua amante
Un cuore, visto da dentro,
è solo la corazza abbandonata di un granchio,
ma anche, inchiodato ad un ramo,
la pelle sgualcita come un lenzuolo torto,
un pitone scoraggia il tocco.
Che fare se non prendere per le fauci
un vitello siamese—le otto ossa degli arti dondolanti,
appeso per i colli come il pupazzo di un ventriloquo
con una testa e due corpi—e dargliele, le mie parole balsamiche?
Scherzi a parte, dimmi,
amante dei pianoforti e del sesso sui pianoforti,
che altro fare se non occuparsi
di una mensola inferiore su un piano superiore?:
l’orbita flaccida di una scimmia,
una fetta di faccia umana, due cervelli umani,
il mio come una pietra pomice,
il tuo come miele indurito.
*
The Physiologist’s Rebuke to His Lover
A heart, seen from inside,
is just an abandoned crab shell,
yet, even nailed to a branch,
skin rumpled like a twisted bed sheet,
a python discourages touch.
What’s there to do but grab the jaws
of a siamese calf—eight limb bones loose,
hung by its necks like a one-headed, two-bodied
ventriloquist’s dummy—and give it my balmy words?
All joking aside, tell me,
lover of pianos and sex on pianos,
what more is there to do than be occupied
with a bottom shelf on a top floor?:
a chimp’s sagging eye socket,
a slice of human face, two human brains,
mine like a pumice stone,
yours like hardened honey.
***
Dolore permanente
Tengo il gemito di balena in un barattolo
dentro la tasca della giacca
e ogni tanto lo apro
per mettere paura agli amici,
come spaventa la mamma un ragazzo
con uno scarafaggio in una scatola.
O penso a un gemito di balena che si gonfia
per tutta la larghezza del mare
e che non smette mai,
che resta statico,
tanto che saltare nell’acqua
è come sprofondare nel suono.
Senza la luna,
le maree si fermerebbero lentamente
come un’altalena abbandonata.
Le ore si allungherebbero
e alzerebbero i lamantini
al vertice della catena alimentare.
Le balene, a loro volta,
sentono la luna che le tira per il dorso,
senza la quale finirebbero
per affondare come divani
sul letto del mare,
scuotendo la terra
che perderebbe il suo asse usuale,
lasciando deambulare i poli
e serpeggiare le correnti,
risucchiando tutto quanto dentro
una sorta di gorgheggiante
emicrania celeste:
una volta un pesista
lanciò un bilanciere
nel profondo
e colpì un pesce martello
proprio sulla sua testa a martello:
risuona ancora.
*
Permanent Grief
I keep a whale’s moan in a jar
in my jacket pocket
and lift the lid now and then
to frighten friends,
the way a boy frightens his mom
with a beetle in a box;
or I think of a whale’s moan
swelling to the size of the ocean
and never shutting up,
just staying static,
so to jump in water
is to sink in sound.
Without the moon
the tides would slow to a standstill
like an abandoned swing,
the hours would lengthen
and manatees would rise
to the top of the food chain.
Whales, meanwhile,
can feel the moon’s pull on their backs,
and without that pull would sink
like davenports
to the ocean floor
and jolt the earth
off its usual axis—
the poles set wandering,
the currents meandering,
vacuuming all
into a sort of warbling,
celestial migraine.
Once, a weightlifter
chucked a barbell
into the deep
and struck a hammerhead shark
on its hammer head:
the ringing won’t stop.
***
Andirivieni
Certe volte nei bagni degli aerei
immagino il mio corpo che esplode
e mi giro allo specchio mentre piscio
per fare una prova di quanto bene mi starebbe.
Aguzzo gli occhi e piego un poco il labbro,
facendo dei cenni rapidi con la testa
come un italiano che dice va be’
va tutto bene, va tutto bene
qui nel bagno e pure nel mondo –
che è forse il motivo per cui ho imparato l’italiano,
per provare come ci si sente
ad andare più leggeri nel mondo,
agitarmi con la mano in faccia, che cazzo fai?
che cazzo stai a fare, ma sei matto?
aguzzare gli occhi, piegare le labbra e dire
va be’, dai, va tutto bene, non lo senti?
non lo senti che ti passa per il corpo
quel tutto-tutto-bene, come un riff di basso,
come Bob Marley che ti resuscita,
dandoti tutto il fiato per farti respirare?
Dio, mi vengono le lacrime,
mi passano negli occhi i Cherubini,
alcuni con la piccola testa di un bambino con le ali,
come in Perugino. Ed è quello che succede
quando il corpo esplode sull’aeroplano:
decine di piccole teste di bambino che girano,
ma hanno le ali, e quindi stanno bene.
*
Andirivieni
Often in airplane bathrooms
I imagine my body exploding
and turn to the mirror while I pee
to rehearse how well I’d take it:
I squint and sort of half pucker
and give a few rapid nods
like an Italian saying va be’,
va tutto bene, va tutto bene
qui nel bagno e pure nel mondo,
which is maybe why I learned Italian,
so I could try on what it’s like
to wear the world more lightly,
to shift and wag my hand, che cazzo fai?
che cazzo stai a fare, ma sei matto?,
so I could squint and sort of half pucker and say
va be’, dai, va tutto bene, non lo senti?,
don’t you feel it passing through you
like a bass lick, that all-good-goodness,
like Bob Marley resuscitating you,
giving you all the breath he has so you can breathe?
God, I’m tearing up, I’m seeing cherubim
swim across my field of vision,
some of them just little baby heads with wings,
like in Perugino. And that’s what happens
when your body explodes on an airplane:
dozens of little baby heads fly out of you,
but they have wings, so they’re ok.
Immagine: Gerard Byrne, He searches for the contrary of saved, 2014.
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Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).