Custoditi dalla magistrale copertina di Alessandro Verdi, ecco una scelta di testi indispensabili per conoscere le varie sfaccettature e le contraddizioni di Giacomo Leopardi. La selezione è a cura di Stelvio Di Spigno, che così introduce il volume: «nel caos della modernità viene trovata una collocazione anche ai fenomeni più controversi. Abbiamo così cicli di pagine dedicati alla natura e alla metafisica, alla teoria del piacere, all’assuefazione, al materialismo critico, all’economia dei rapporti umani, alla letteratura. Accanto a questi pilastri, tuttavia, ecco spuntare annotazioni peregrine, discettazioni profondissime sui più vari aspetti dell’esistenza, della storia, dei costumi dei popoli. È in essi che la genialità del poeta si conferma tale anche nel ruolo meno conosciuto di filosofo e pensatore». Di queste riflessioni si dà una generosa campionatura in questo libro, da poco pubblicato per Taut, che raccoglie le meno conosciute. Presentiamo un’anteprima.
[538] È cosa evidente e osservata tuttogiorno, che gli uomini di maggior talento sono i piú difficili a risolversi tanto al credere quanto all’operare; i piú incerti, i piú barcollanti e temporeggianti, i piú tormentati da quell’eccessiva pena dell’irresoluzione; i piú inclinati e soliti a lasciar le cose come stanno; i piú tardi, restii, difficili a mutar nulla del presente, malgrado l’utilità o necessità conosciuta. E quanto è maggiore l’abito di riflettere e la profondità dell’indole, tanto è maggiore la difficoltà e l’angustia di risolvere (21 gennaio 1821).
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[1174] Ho detto altrove che il troppo spesse volte è padre del nulla. Osserviamolo ora nel genio e nelle facoltà della mente. Certi ingegni straordinarissimi che la natura alcune volte ha prodotti quasi per miracolo sono stati, o del tutto o quasi, inutili, appunto a cagione della soverchia forza o del loro intelletto o della loro immaginazione, che finiva nel non potersi risolvere in nulla, né dare alcun frutto determinato.
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[1231] Gran parte, e forse la maggiore, delle poesie straniere riescono e sono piuttosto trattati profondissimi di psicologia, d’ideologia ec. che poesia. E quivi la filosofia nuoce e distrugge la poesia, e la poesia guasta e pregiudica la filosofia. Tra questa e quella esiste una barriera insormontabile, una nemicizia giurata e mortale, che non si può né toglier di mezzo e riconciliare né dissimulare. E cosí dico proporzionatamente del resto della bella letteratura, propriamente e veramente considerata (27 giugno 1821).
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[1355] Un viso bellissimo, il quale abbia qualche somiglianza con una fisonomia di nostro controgenio o che abbia l’idea, l’aria di un’altra fisonomia brutta ec. ec., non ci par bello (20 luglio 1821).
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[2923] Gl’italiani non hanno costumi: essi hanno delle usanze. Così tutti i popoli civili che non sono nazioni. (9. Luglio. 1823.)
Bisogna (far grande stima) avere una grande idea di se stesso, per esser capace di sacrificar se stesso. Chi non ha molta e costante stima di se medesimo, non è buono all’amor vero, né capace del dévouement e del totale sacrifizio ch’egli esige ed ispira. (9. Luglio. 1823.)