Cinque poesie da “Ballate di Lagosta” di Christian Sinicco, da poco uscito per Donzelli.
CANZONE DI SPALATO
“tutti fanno enormi calcoli concettuali, e degli assiomi semplici non sanno nulla”
Adriano Pavlicevich, fotografo
“quando la soluzione è semplice, Dio sta rispondendo”
Albert Einstein, fisico
I.
entra nel pantheon senza volta, a Spalato
il cuore sono le cicale
e una canzone d’amore, una chanson
sola come te, è la ragazza che poi ti servirà al belvedere
sotto San Nicola, la chiesa tra i pini
vicina allo zoo, ai cicalecci e a tutte le botaniche
di un palo, una bandiera e una vedetta
tu chiedi acqua, caffè;
lei parla le tue lingue lavorando all’uncinetto
dal sorriso, capisce chi sei
dalla pelle, anche se parli
– ordini un sandwich, poi prendi una crema
e vuoi rivedere la città
dall’alto, il mondo dal basso
III.
all’alba
credi di sapere cosa sia la guerra
con la birra della tradizione, la Karlovačko
ancora sulla panchina; credi alle donne
dal viso a patata sugli scagni, ai clochard
di marmo, agli occhi di Diocleziano
rannicchiati tra il cardo e il decumanus di un pub
nelle sue catacombe; e i cardinali
di questa disseminazione
non è che parlino
a levarsi è l’omelia
dei datteri schiacciati dalle scarpe,
la puzza dei calli del contadino
nella sala d’attesa della stazione,
il dolce nell’odore
dei fichi in decomposizione,
o al fresco delle palme
il fuck off o il fuck in shit
del turista del tempio di Giove
BALLATA DI MARIJA
fiorì la madre tra il finocchio e i suoi angeli gialli
fioriscono in processione a due a due uomini e donne
è fiorita la valle prima di quel suono di campane
il 15 agosto si staglia da secoli nelle pietre, ora e sempre
sul sagrato e poi giù per le case e le scale
sulla bella di notte c’è ancora il tramonto di ieri
e di tanto in tanto il paese chiama Marija,
i pistilli ubriachi, le semenze di tomba
i campi di Lastovo il colibrì li ricorda
come covo di pirati – pare che nulla cambi
così con la squilla ti batti il petto
e il mare è il suo sarcofago e il ritmo
quale giorno sia, smemorato arrivi alla chiesa
quanti giorni sei stato nei sogni e ti sei fatto sorprendere?
è questa la sveglia: lo sanno il prete,
i cesari, la campana e la valle
e il medioevo alle spalle inanella i vitigni
se la processione andasse più su
penderesti dalla forca dei perdimenti nel forte francese
Marija non lo sa, e mi ha accolto lo stesso
Marija è vestita di porpora e si prepara alla festa
è una madre fiorita nel cuore di un’isola
petali di bouganville la processione calpesta
scendendo al cimitero, salendo di nuovo alla chiesa
Marija è in ogni mattina e intona l’universo nei salmi
come il cemento della strada si è sparsa nel punto delle cose
è la voce del mio silenzio finalmente rapita
con una viola tra i capelli e sulle rughe
JADRO PENSA SUI PETALI DI BOUGANVILLE
non è detto che io possa tra gli olivi vedere
la bellezza – i suoi occhi, dove solo un punto è a fuoco in te, il blu –
non è detto che in un bacio si possa, amico mio,
sentire i colori effusi, tra i camini di Lastovo guardare e scattare la foto
dove il sole brucia; quanto agli scatti, tu possa ricordare i grilli
e la signora cantata in questa pietà di pietra, curva sui campi:
il bianco e il nero hanno radici, sono il risultato dell’immagine doppia
che abbandonasti lì, la tua maglietta rossa e chi posa per te
ho sempre amato parlarti, ma ho amato di più le tue parole:
manifestano i muri, le antenne e le foglie, i lineamenti sopraffatti dalle menzogne
di questo stato di carogne, per cui la vita è dura, l’ombra è il trauma
e la cecità decisiva – abbiamo bisogno di un chiaroscuro,
di lasciarci perdere affinché i nostri nomi scendano come le bouganville,
di non accorgerci che questo blu è l’istinto di morte che ci sovrasta:
io non ti chiamerò in questo rifrarsi lento, dove si nascondono le lucertole ramate,
io ti chiamo nella tua bellezza, prima che tutto si veda nella sua immagine
LA CITTÀ MARINA
la notte è distratta
come una città marina e un bambino che sporca di sabbia –
camminando su una terra che non è più sua,
incantata e sbiadita nel buio incontra una A
scritta sul muro; dietro un’automobile vecchia
le case crollate si affastellano
vuote, riflettendo la lettera
Dalle Note: Lagosta (in croato Lastovo) è un’isola del Mare Adriatico situata nella Dalmazia meridionale vicino all’isola di Curzola (in croato Korčula, che si pronuncia Corciula) e a Lissa (in croato Vis). Nella storia Lagosta è conosciuta con nomi diversi: in latino, Augusta Insula; in greco, Ladestanos; in illirico, Ladest. Il nome italiano è sdrucciolo, con accento quindi sulla prima sillaba: Làgosta.