Alcune poesie dall’ultimo libro di Franco Buffoni, Avrei fatto la fine di Turing, Donzelli, 2015.
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Avrei fatto la fine di Turing
Avrei fatto la fine di Alan Turing
O quella di Giovanni Sanfratello
In mano ai medici cattolici
Coi loro coma insulinici
E qualche elettroshock.
Perché era un piccolo borghese
Il mio padre amoroso
Non si sarebbe sporcato le mani.
Controllando l’impeto iniziale
Vòlto allo strangolamento
Del figlio degenerato,
Ai funzionari appositi
Avrebbe delegato
La difesa del suo onore.
*
Un sollecito nemico
«Solo questa per avisarti come ne’ dì passati
io ricevetti una tua, per la quale io intesi
tu avere avuto erete, della quale cosa intendo
come hai fatto strema allegrezza: […] con ciò
sia che tu ti sè rallegrato d’averti creato
un sollecito nemico, il quale con tutti li
suoi sudori disidirerà libertà, la quale non
sarà sanza tua morte».
(da una lettera di Leonardo
al fratellastro Domenico)
Erano i giorni d’agosto, le lumache lasciano il guscio,
Diventano vermi arancioni con gli occhi e le antenne:
Non sembrano più nate al loro prima
E tanto è il giorno che chiedono
E tanto era il giorno come fossi stato
Sempre senza te,
Fuori e dentro il guscio
Per non somigliarti.
*
Vittorio Sereni ballava benissimo
Vittorio Sereni ballava benissimo
Con sua moglie e non solo.
Era una questione di nodo alla cravatta
E di piega data al pantalone,
Perché quella era l’educazione
Dell’ufficiale di fanteria,
Autorevole e all’occorrenza duro
In famiglia e sul lavoro,
Coi sottoposti da proteggere
E l’obbedienza da ricevere
Assoluta: «È un ordine!»,
Riconoscendo i pari con cui stabilire
Rapporti di alleanza o assidua
Belligeranza.
Ordinando per collane la propria libreria.
*
Il filamento di platino
Il primo giorno del suo non risvegliarsi
Quasi sembra che a staccarsi dalle foglie
Dica di no
Ci pensi su, riscopra
La natura tra le bombe.
Ieri stringeva il pugno alzato
Lo scagliava contro i vetri dell’androne,
Oggi è frastornato, vede solo
Palloni fuoruscire
Dal muro in verticale delle tombe,
Bianchi e rossi come capi mozzati
Ricadere sul selciato.
Ma poi i cipressi lo terranno quieto
Sussurrandogli i nomi dei venti,
Il filamento di platino sciogliendogli tra i denti.
*
Traducevo Katherine Mansfield
Stavo traducendo Katherine Mansfield
O meglio traducevo del bambino
Che morì alla Mansfield
E poi riapparve a lei tutta la vita,
Quando nella mia domenica stranita
Irruppe la cronaca
Col referendum sulla legge 40.
Sono a favore, sempre a favore
Se alla fine incontro comunque
Sorrisi e carezze a un bambino.
Sono contrario, sempre contrario
Se alla fine incontro percosse
Ipocrite patrie
Potestà e prime
Comunioni con la fila
Dei maschi
E quella delle femmine.
*
Madre
La tua faccia di antica
Figlia di commercianti
E poeu i tusann l’è inscì,
a vegn ul mument che ciàpen ul vul.
*
La castagna
Ho il riccio spinoso ma il cuor generoso
Mi mangiano cotta bruciata o ballotta
Mi trovo in campagna mi chiamo…
Mi disorienta non saperti al mare
In questa frazione dell’estate
Con le carte in mano e le tre amiche
Uscite a borse a fiori. E spalle nere piene,
Gambe a uncino, frasi dalle sdraio.
Mi disorienta non doverti chiamare
Per mentirti ogni giorno parole.
Che la tua terra sia
Di forma perfetta una castagna.
*
Perché io che per te da bambino
Perché io che per te da bambino
Un piccolo dio ero stato
E crescendo Cristo-Mercurio
Con te Venere-Maria,
Poi divenni il tuo
Padre e marito
Pur restandoti figlio,
Nella nostra costellazione famigliare
Per trent’anni al sole giocando
Sorgente
Con te luna calante.
Immagine: Alan Turing progetta alcuni dei primi computer.
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).