Tre poesie inedite nella traduzione di Chiara Bernini.
Asciugando la lavanda
Ho appeso la lavanda che lei comprò
sulla serranda blindata
nella stanza più in fondo del suo appartamento
con degli elastici e delle graffette.
Ero indeciso se tagliare le radici erbose –
ma quella è una storia di ore fa. Ormai c’è la luna
e nella sua luce le sagome dei mazzi
mi fanno pensare a sei scope di strega.
Lei dorme nell’altra stanza,
di nuovo sbronza.
Il profumo della lavanda mi piace un po’ di più
di quanto mi piace quello del gelsomino, cioè per niente,
e ho appeso almeno sessanta steli, e una volta che
si seccano gli steli possono durare anni.
Sa di cannella più di quanto ricordassi,
e anche di terra—niente di questo rimane
nelle saponette e nei sacchettini con monogramma
che vendono al negozio di “Lavender by the Bay,”
dove lei aprì il borsellino, determinata,
forse, a iniziare, da lì in poi,
a far sentire la casa più casa.
Drying Lavender
I hung the lavender she bought
on the metal shutters
in the back room of her apartment
with rubber bands and paperclips.
I wasn’t sure if I should trim their grassy roots—
but that was hours ago, the moon’s up now
and, in its light, their silhouettes
look like six witch’s brooms.
She’s asleep in the other room,
drunk again.
I like the smell of lavender somewhat more
than I like the smell of jasmine, which is not at all,
and I’ve hung at least sixty stems,
and once they’ve dried the stems can last for years.
There’s more cinnamon to it than I remember
and an earthiness—neither of which remains
in the bars of soap and monogrammed sachets
in the gift shop at Lavender by the Bay,
where she opened her wallet, resolving,
perhaps, to start, from that moment forward,
making home feel more like home.
La bella alla toeletta,
la bella nella vestaglia,
la bella su uno sfondo giallo
a dipingere di nero i denti—
la mia bella con la resina di pigna,
come una nuvola di vapore, non si sposta mai
così fedele è la mia regina, con il suo sorriso nerofumo.
Dov’è che è stata, mio sogno?
Dentro un posto fresco e buio.
Dentro il più ermetico dei contenitori.
Su un letto del più rovente rottame metallico
posto sopra una fiamma libera.
Sì, è lei, la mia bella puzzolente.
La mia puzzola carina, che ne ha passate tante.
Ne è valsa la pena, ogni volta,
la buccia di melagrana
o qualcosa di simile, la mia bella
non avrebbe mai potuto farne a meno.
Che altro fare, senza la mia bella,
se non indossare la sua vestaglia
e farmi un pisolino sul divano del salotto . . .
dopo Kitagawa Utamaro
Beauty at Her Toilette,
beauty in her robe,
beauty against a yellow background
painting her teeth black—
my pinecone-resin beauty,
like a puff of smoke, she never moves,
so faithful is my queen with her lampblack grin.
Where has she been, my dream?
In a cool, dark place.
In as airtight a container as possible.
On a bed of red hot scrap metal,
set over an open flame.
Yeah, that’s my foul-smelling beauty.
My foul concoction, gone to so much trouble.
It was worth it, all of it,
the rind of a pomegranate
or something similar, my beauty
could never do without it.
What to do without my beauty
but wear my beauty’s robe
and nap on the living room sofa . . .
after Kitagawa Utamaro
Epitalamio a un agriturismo
È abbozzato nelle stelle:
la terra schioccherà come una biglia su un tavolo
e un cane trotterà con il guinzaglio che lo segue
come lo strascico di una sposa, un passo davanti al padrone.
E appena prima che la carne venga servita,
insaziabile, la sposa darà un’occhiataccia al cameriere
e pretenderà di vedere la wedding planner:
“Perché,” dirà, “mio padre non ha una Hofbräu?”
E nel parco, dove il cane si sente leggermente più libero,
l’uomo più caprone afferrerà la donna più divina
finché non saranno cresciute delle ragnatele tra i loro petti
e il muschio avrà macchiato ogni umida cavità,
come le grezze chiazze verdi di arbusti
nelle valli delle colline in Toscana
sopra cui dei bavaresi diplomati in commercio
sono oggi qui riuniti, cari invitati,
a speculare sul vostro destino.
Epithalamium at an Agriturismo
It’s scribbled in the stars:
the earth will clack like a marble on a table
and a dog will trot with its leash trailing
like a bridal train, a pace ahead of its owner.
And just before the meat is served,
insatiable, the bride will glare at the waiter
and demand to see the wedding planner:
“Why doesn’t my father have a Hofbräu?” she’ll say.
And in the park, where the dog is slightly freer,
the goatiest man will clutch the godliest girl
by the elbow until cobwebs grow between their breasts
and moss patches every humid pit,
like the rough green brushy patches
in the valleys of the hills of Tuscany,
atop which Bavarian business grads
are gathered here today, dearly beloved,
to speculate on your destiny.
Immagine: Fabio Modica.