Cinque poesie di Lavinia Singer, dalla sua prima raccolta di poesie, “Artifice”, uscita da poco per Prototype, nella traduzione inedita di Leonardo Guzzo.
STUDIO DELL’OPERA
Il lavoro la porta ad Amsterdam, Los Angeles e Seul. Oppure è lavoro nello studio coi vecchi water riempiti di terra e piantine, strisce di luce fredda al mattino, fracasso dalla porta accanto, nel cortile della scuola. Un gatto che ricorre. È vero, lavora la maggior parte dei giorni; la ripetizione diventa normalità, lavoro e basta. Questo: l’ufficio, la scrivania. E qui c’è la cosa più recente, su cui armeggia da settimane adesso – mesi? – che esiste prima di essere se stessa, tinta che sbava. Come funziona dunque – aspetti fisici, intendo, cambi di sostanza, dove l’opera di ogni giorno diventa più di questo? Portaspazzole, ritagli, tazze da tè dipinte e un colore opaco insinuato nelle pieghe dei muri, pacchi con su scritto “venduto” disposti secondo cataloghi coperti di polvere e ragnatele; per mezzo di – quasi li chiamerei rifiuti – tutte le opere, è compiuta: l’Opera.
LA PITTURA DELLA REGINA
Il tempo tocca ogni Essere Mortale, in veste di rughe e morfea
o dei segni del Vaiolo
Le opere subiscono abrasioni e incrinature,
la superficie invasa da annose macchioline
Se non che con Arte e cura
possiamo plasmare a noi stessi un’altra Faccia
A prova di svariate
doti e tecniche di restauro
Per ringiovanire la Pelle, ungere
con olio di Mandorle dolci
Vernice passata
e resina termoplastica
La Biacca Veneziana imbianca
fino a un chiarore di Perla
Caratteristico pallore
e una robusta gessatura sopra tutto
Ma per i Segni più coriacei
usare toppe nere tagliate a forma di Stelle o Mezzelune
I punti più rovinati
sono coperti da uno strato di pittura opaca
Fai delle guance rubini col Vermiglio
la Chioma giallo fiammante con la Celidonia
E insieme lo sbiadimento diffuso
e i colori precari
Il succo di Belladonna stillato negli Occhi
dona un Brillio d’eccellenza assoluta
Per l’ottica, un alto grado
di lucentezza speculare
Ed ecco la Persona d’incomparabile eccellenza e gloria
Fenice d’Oro risorta
Da questa stracarica pittura
l’originale si può solo supporre
INCISIONE
È un dono, questo diavolo
di un soggetto. Pile di
materiale, vasti aneddoti.
Come promuovere
al meglio, stupire con
arte affinata? Purghe,
razzie, pozzi avvelenati…
Il lessico base della cattiveria.
Sono i dettagli oscuri
che davvero trapassano
– come infilzando gli occhi –
ciò che nessuno oserebbe
immaginare: un asino
scheletrico trafitto accanto
al suo padrone, i turbanti
di emissari turchi affissi ai
loro templi, quei monaci santi
ascesi prima in paradiso,
madri coi bambini
dentro tombe aperte…
So cosa c’è in ballo.
Per attrarre acquirenti
delineare l’arte di morire
(non esiste morte buona).
Ritrai questo: un tavolo
dentro una scena bucolica,
curve lievi di colline,
monocroma sinfonia,
incontrano linee issate
come rozzi aculei e solo
pian piano cominci
a distinguere forme
miserabili, contorte agonie,
rotte, infisse come un’umana
palizzata, e là sta lui,
Figlio del Drago,
nella sua selva di strani
frutti, in abito regale,
imperturbato, lo sguardo
penetrante, pronto a intingere
il pane in ciò che goccia
sopra la sua testa – è, sì,
tempo d’intagliare il legno.
LA FIGLIA DEL CARTOGRAFO
Quando la porta è chiusa so che Lui lavora.
Crea mondi danzando, in punta di penna –
pensavo è un dio, che armeggia
col quadrante e il nonio minuzioso.
In sette giorni ha spartito la terra dalle acque,
Newton ansante aggrappato alle bussole,
che abile mappa Particelle di Luce.
Quando finiva il bagliore della luce elettrica
accendeva mozziconi di candela: le fiamme
lambivano l’inchiostro, le tinte splendevano come vetrate.
Spiagge morbide brillavano uguali a mezzelune, forgiate
a capitomboli di sabbia come baci innumerevoli.
Dalla costa alla penisola, ogni macchia ogni schizzo
tramava un paese, un popolo, una patria.
Quand’ero stufa in casa e Lui serrato in un altrove
mi beavo di una stampa variopinta
scovata al mercatino delle pulci
tra chicchere scheggiate e innaffiatoi.
Mappa mundi, disse Papà. Non una mappa qualunque!
Circoli e segni ricalcavano un codice,
la terra dispiegata non sembrava nessun’altra che sapessi.
Quando scienza e mito erano uniti,
e il globo un orbe pingue di possibilità,
là vivevano giganti cavernicoli confusi a uomini testa di cane,
nani in sella a coccodrilli e incantatori di serpenti.
Fissavo rapita certe sagome reggersi le teste,
rigonfie come borse della spesa, e gnomi
raccogliere larve setose dall’Albero della Vita.
Quando sparve qui ogni foresta, piangevo il verde
dei lavori di mio Padre. Colori che si piantano
davanti agli occhi e ti succhiano i globi.
Il bianco degli iceberg, pure, dissolto.
Ora la sua pergamena somiglia a una cosa deceduta,
bruna come pelle dura punteggiata di città,
di fiumi crespi e tinte sfumate di blu.
O il blu!
Ora gli oceani salgono e tutto piega Nettuno,
l’onda è un singulto che si strozza sulla spiaggia.
Niente può frenare i flutti mentre si alzano
rubando strisce al suolo, schiantando dimore e botteghe.
Ora non conta, la mappa di mio padre, che isole disperse,
schegge di tufo alla deriva, rotti continenti.
I mostri sono vento, e molti uomini con loro.
Ora a Papà altro non serve che latte di ciano,
di turchese, verde acqua e oltremare,
il blu di mezzanotte, la lavanda, il ceruleo.
E io? Guardo la mia vecchia stampa
e una carta ufficiale ingiallita, delle sue.
Spiegano entrambe un mondo che a stento concepisco.
Un mondo fatto un tempo di portento, che era buono.
BENEDIZIONE
Ti auguro occhi di civetta
un violino per cuore
chioma di lume di candela
quel fumo di sorella
tre ruote in movimento
lunghezza di spina dorsale
un ponte di nocche
fenicotteri sull’onda
uno sguardo da leonessa
due prismi per caviglie
dentro un piatto di piume
un concerto di uccellini
sotto le ascelle
squame e spine
l’eloquio delle scale
tempo come un uovo che salta
bocca piena di pioggia
erba di grazia nell’inguine
il portamento dell’uro
petto in fuori
chiavi nel palmo
galoppa verso il mattino
NB: “Studio dell’Opera” non riproduce la grafica dell’originale. Ci scusiamo per l’inconveniente.
Lavinia Singer, poetessa inglese, è autrice del pamphlet "Ornaments: a handbook" (If a Leaf Falls/Glyph Press, 2020) e co-editor di "Try To Be Better" (Prototype, 2019), una riflessione critica e creativa sul lavoro di W. S. Graham. "Artifice" è la sua prima compiuta raccolta di poesia.