Cinque poesie in anteprima da “Il ritrovamento del corpo” di Massimo Maggiore, da poco uscito per Manni.
APPUNTI PER UNA TEORIA DEL CORPO
Anima antropomorfa. Topografia dell’indecifrabile e suo sovvertimento.
A sua immagine e somiglianza, non è possibile fuoriuscire.
Quando il narratore si allacciò le scarpe, finalmente pianse la nonna morta.
Forse gli serviva sentire il fastidio della fibbia sulla bocca dello stomaco.
Tagliamo il glicine dalla strada, ostruisce il passaggio.
Scegliere tra le facoltà del camminare e quelle del guardare.
Inquinamento dell’innocenza.
Aveva un’amicizia annodata di sentimento che i sensi oleavano.
*
L’incoscienza del seme
che non fa altro che ritornare,
è programmato allo scopo
si insedia ovunque,
senza difese possibili,
anche in un’arca di ruggine
purché ci sia una tréma di terra.
Il suo volere è quello delle correnti
o del ventre di un uccello.
Ti rimarrà nella testa
quell’incosciente arrampicarsi delle
forme
che germinano caos e muovono da un ordine.
Ti rimarrà nella testa
il suo errare fin dove
si sfalda l’etere,
un buon posto per attecchire
nello spazio di una falange
per le radici corte,
a dimorare nella volontà del vento.
*
Ogni volta che accarezzo la mia terra,
germoglio dai piedi.
Sono pignoli aguzzini della
consapevolezza, a modo di tralci
prescritti dalle spire di un istinto
che tira giù le gambe,
le appesantisce.
Quasi una zolla avesse deciso di staccarsi
e nella sua stessa crepa franare.
C’è l’ampiezza del buco
che si riempie di un dovere semantico
di evaporazione dell’io
di comportamento secondo la legge
dell’irriconoscenza.
*
In media uno stame regge un mese,
una giostra quindici anni
un libro è immortale
fino alla fine del suo ultimo lettore.
L’architettura delle case
cambia ogni generazione,
in media si riorganizzano gli armadi
quando cambia la luce e la stagione.
Un giorno non fa media, invece
ma se sei un insetto di fiume
di un solo giorno
coincide tutto con la meraviglia delle onde
apparse assieme ai sassi che sommergono.
*
La lingua ha davanti la genealogia del vuoto
sul filo teso tra l’immagine e la sua incarnazione,
si traveste di ingrandimenti e profondità
ma pure di microfessurazioni
si vede cenere quando sia legno.
La prima digestione avviene nella bocca
per accendersi nella volta del palato
in un diverso accostamento,
deve risentirsi e svestirsi
raggiungersi e sporcarsi.
Separarla dal suono è saturarne
il sapore, che prende mentre
rovista l’identico disadorno,
per la sfuggevolezza di un riflesso.