Anne Carson, Economia dell’imperduto

da | Nov 24, 2020

Economia dell’imperduto è un saggio di Anne Carson apparso per la prima volta nel 1999 con il titolo originale Economy of the Unlost: Reading Simonides of Ceos with Paul Celan. La poesia è uno spreco di parole? E cosa rimane di quelle parole sprecate, nel contesto umano dove ogni cosa è vissuta in termini economici? Nella traduzione di Patrizio Ceccagnoli e con uno scritto di Antonella Anedda – autrice anche della nota di lettura alle poesie della Carson pubblicate su “Nuovi Argomenti” nel 2019, sempre nella traduzione di Ceccagnoli – Economia dell’imperduto esce  in Italia per Utopia editore. Pubblichiamo di seguito la Nota metodologica.

 

Nur hat ein jeder sein Maas.
Hölderlin

C’è troppo io nella mia scrittura. Conoscete il termine usato da Lukács per descrivere la struttura estetica? «Eine fensterlose Monade». Io non voglio essere una monade senza finestre – la mia formazione e i miei formatori si oppongono strenuamente al soggettivismo, ho lottato fin dall’inizio per condurre il mio pensiero nel panorama della scienza e dei fatti, dove altri conversano secondo logica e si scambiano giudizi – ma lì fuori procedo alla cieca. Così, scrivere comporta slanci in avanti e indietro tra quel paesaggio crepuscolare dove è sparsa la fattualità e una stanza senza finestre ripulita di tutto ciò che io non so. È il ripulire che richiede tempo. È il ripulire a essere un mistero.

Una volta ripulita, la stanza scrive da sé. Io ricopio i nomi di tutto ciò che vi rimane e prendo nota delle loro attività.

Come avviene la ripulitura? Lukács sostiene che inizi con l’intento di imporre un dazio su tutto ciò a cui non ha accesso l’immediata esperienza (Erlebbarkeit) dell’io in quanto io. Fosse possibile, questo sigillerebbe la stanza nei suoi confini come un cosmo. Lukács prescrive una stanza per la produzione estetica; sarebbe un gesto di disonestà intellettuale sostenere che la scrittura accademica possa aver luogo in quei dintorni. Eppure, lo sapete bene quanto me, il pensiero si ritrova in questa stanza nei suoi momenti migliori – oppresso dal suo stesso peso, cogliendo i fenomeni del paesaggio dagli appunti e dalla memoria – vibrando (direbbe Mallarmé) nel loro scomparire. Esistono diversi punti di vista su come rappresentare la vibrazione. Nomi e attività sono eufemismi per opera. Forse potreste preferirne altri, eppure io credo che sia importante riprodurre qualunque vibrazione si percepisca quando l’attenzione è vigile.

L’attenzione è una missione che condividiamo, voi e io. Mantenerla vigile significa trattenerla dallo stabilizzarsi. È in parte per questa ragione che ho scelto di parlare di due uomini allo stesso tempo. Impediscono l’uno all’altro di stabilizzarsi. Spostandosi e non stabilizzandosi, stanno fianco a fianco in una conversazione e ciononostante nessuna conversazione ha veramente luogo. Faccia a faccia, eppure non si conoscono, non vivono nella stessa epoca, non hanno mai parlato la stessa lingua. Insieme e contro, allineati e discordi, ciascuno si pone come una lente attraverso la quale l’altro può esser messo a fuoco. A volte si può osservare meglio un corpo celeste se lo si guarda insieme a un altro.

Pensate alla preposizione greca πρóς. Quando adoperata con l’accusativo, la preposizione significa «verso, in direzione di, contro, con, pronto a, faccia a faccia, coinvolgente, riguardante, concernente, in risposta a, rispetto a, comparato a, secondo, come accompagnamento per». È la preposizione scelta dall’evangelista Giovanni per descrivere la relazione tra Dio e il Verbo nel primo verso del primo capitolo del suo Vangelo: «Πρὸς Θεόν». «E il Verbo era presso Dio», è la comune vulgata. Ma di che tipo di prossimità si tratta?

Sto scrivendo sul treno per Milano. Sfrecciamo oltre torri e fabbriche, stazioni, cantieri, poi oltre un campo dove una mandria di cavalli neri sta svoltando per correre in salita. «È sciocco ogni tentativo di descrizione», dice George Eliot; eppure è possibile trovare un frammento di tempo non esausto. Chi può dare un nome alle sue transazioni, alla sensazione di vento inafferrabile che ci piomba addosso, sforzo sconosciuto – una nera criniera?