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Marchio d’amore nella carne, varia
come il tuo cielo ebbi da te l’anima,
Liguria, che hai d’inverno
cieli teneri come a primavera.
Brilla tra i fili della pioggia il sole,
bella che ridi
e d’improvviso in lagrime ti sciogli.
Da pause di tepido ingannate,
s’aprono violette frettolose
sulle prode che non profumeranno.
Le petraie ventose dei tuoi monti,
l’ossame dei tuoi greti;
il tuo mare se vi trascina il sole
lo strascico che abbaglia o vi saltella
una manciata fredda di zecchini
le notti che si chiamano le barche;
i tuoi docili clivi, tocchi d’ombra
dall’oliveto pallido, canizie
benedicente a questa atroce terra:
– aspri o soavi, effimeri od eterni,
sei tu, terra, e il tuo mare, i soli volti
che s’affacciano al mio cuore deserto.
[…]
(da “Rimanenze”, 1955; ora in “Poesie e prose”, a cura di E. Testa, 2022)
Nato a Santa Margherita Ligure nel 1888 (morto a Savona nel 1967), Camillo Sbarbaro visse quasi sempre in Liguria. Lavorò prima nell'industria siderurgica, insegnò greco e latino finché dovette lasciare l'insegnamento per essersi rifiutato di iscriversi al PNF. Ha esordito con le poesie di Resine (1911), ma si affermò con Pianissimo (1914) che gli permisero la collaborazione alle riviste «La Voce», «Quartiere latino», «La riviera ligure». Seguirono le prose di Trucioli (1920) e Liquidazione (1928) caratterizzate dal frammentismo e da una ricerca espressiva tra lirica e narrativa tipici degli scrittori vociani. Nel dopoguerra ha pubblicato altri volumi di prose dai titoli volutamente riduttivi: Fuochi fatui (1956), Scampoli (1960), Gocce (1963), Contagocce (1965), Cartoline in franchigia (1966) che rievoca l'esperienza di guerra. Ha pubblicato anche le raccolte di poesie Rimanenze (1955), mentre Primizie (1958) risalgono per composizione a prima di Pianissimo.