Sandro Penna nacque a Perugia (1906), dove si diplomò in ragioneria, e si trasferì all'età di ventitré anni a Roma, in cui visse quasi ininterrottamente fino alla morte (1977). Entrò in contatto con il mondo della letteratura in seguito alla conoscenza di Umberto Saba nel 1929 e all'incontro con gli artisti fiorentini che frequentavano il caffè "Le Giubbe Rosse" di Firenze. Dal 1937 per due anni visse a Milano lavorando come correttore di bozze presso Valentino Bompiani e come commesso alla Hoepli. Nel 1938 pubblicò la prima raccolta di versi, Poesie (Parenti), il cui successo lo fece entrare, come collaboratore, in alcune riviste come "Corrente", "Frontespizio", "il Mondo" su cui apparvero negli anni '40 alcune prose che saranno più tardi raccolte nel volume Un po' di febbre (Garzanti, 1973). Nel 1950 venne pubblicato il suo secondo libro, Appunti (Edizioni della Meridiana). Nel 1955 pubblicò il racconto Arrivo al mare e nei due anni seguenti due opere importanti che definiranno meglio la sua personalità e lo stile della sua poesia: Una strana gioia di vivere (Scheiwiller, 1956) e la raccolta completa delle sue Poesie (Garzanti, 1957) che gli fa ottenere il Premio Viareggio. Nel 1958 esce Croce e delizia (Longanesi) e solamente nel 1970 Tutte le poesie (Garzanti) che comprendeva le poesie precedenti e molti inediti. Nel 1976 viene pubblicato sull'"Almanacco dello Specchio" una scelta di sue poesie e, alla fine di quell'anno, il volume Stranezze (Garzanti) per il quale, nel gennaio del 1977, pochi giorni prima della morte, gli viene assegnato il Premio Bagutta.
Cullo una solitudine mortale…
«Cullo una solitudine mortale
nel mortale mattino, che da sempre… »
Il verso dell’amico si era imposto
da qualche giorno. Il fiume, come un olio
lucido e calmo nello stanco agosto…
Forse mia madre era perduta. Solo
lucido e calmo mi era intorno, specchio
a quello specchio nell’ampio silenzio,
quegli che poi doveva il mio silenzio
– già triste come di un lontano assenzio –
rompere con tanto mio consenso…
(Il suo odore, la sera, come un cane
sporco e fedele dopo le campane).
Notte d’inverno, la tua dolce boria
fa lontana, fa buffa questa storia.
(A Pier Paolo Pasolini)