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Amarti e non poter fare altro che amarti…
Amarti e non poter fare altro che amarti, inconvenienza
di cui soffrì una volta e poi non più, per
poi ricadere. Soffrendoti invitavi: parlare
più chiaro, lacerare l’aria di piccoli gridi
ottusi, poi disinfettare l’aria stessa, e
chiamarla amore anch’essa, che tanto ti divideva
dalle mie braccia fuse d’invidia, dai miei
tantrums segreti, dalla tua faccia proclive
che non biasimava se non quasi, il mio affaccendare
gli orologi della mente intorno al tuo corpo.
[…]
Un’esile vocina: basta aprire appena il battente
della finestruola, che cangia il mondo e
le sue apparenze sono tutt’uno con le tue
emicranie. Basta appena aprire, aprire,
il tuo sonno si misura con il cielo, di cui
resta tragica immagine.
Apri un muro: ne appare un altro, a tastarti
il polso. Radendo il muro non puoi, non vuoi
salvarti quelle poche ore dello spirito, forzare
quelle sue cellule misteriose. E rimane il
sentirsi pino accasciato tra le pinete nuove
dritto fino a marcia pietà.
(da “Serie ospedaliera”, 1969)
Nuovo inizio
Cinque testi da "Nuovo inizio" di Gianluca D'Andrea, da poco uscito per L'arcolaio. L’energia quotidiana richiesta al mondo per produrre tutti i movimenti che occorrono per le esigenze dell’uomo, ecc. Questo era un modo di vivere basilare stando ai miei ricordi. Un’esperienza ordinaria racchiusa in poche parole: “borghese”, “bigotti”, “Freud”, “Nietzsche”, “Kafka” e il sospetto che un comunismo d’accatto ricevesse i suoi concetti come un’eco, in basso, nel margine, in provincia dove...
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