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Il falco appollaiato
Siedo sul tetto del bosco, a occhi chiusi.
Inazione, nessun sogno falsificatore
tra l’uncino della mia testa e quelli delle mie zampe:
oppure nel sonno ripeto stragi perfette e mangio.
La comodità degli alberi alti!
La forza ascensionale dell’aria e i raggi del sole
sono a mio vantaggio;
e la faccia della terra arrovesciata si lascia ispezionare da me.
Le mie zampe serrano la ruvida corteccia.
Ci è voluta tutta intera la Creazione
per produrre questa zampa, ciascuna delle mie penne:
e ora stringo la Creazione tra le zampe
o volo in alto, e la rigiro tutta piano piano –
uccido dove mi va perché è tutta mia.
Non conosce sofisticherie il mio corpo:
staccare teste è il mio stile –
distribuire morte.
Perché l’unica traiettoria del mio volo passa diretta
per le ossa dei viventi.
Il mio diritto trascende ogni argomentazione:
il sole è dietro di me.
Niente è cambiato da quando ho cominciato.
Il mio occhio non ha permesso cambiamenti.
Intendo mantenere tutto così.
(Traduzione di Nicola Gardini e Anna Ravano)
Eugenio Montale. L’idea di poesia
Il testo che segue è una parte dell'introduzione di Ida Campeggiani alla nuova edizione del volume "Sulla poesia" si Eugenio Montale, da poco pubblicato per gli Oscar Mondadori. La posizione culturale di Montale, la sua “idea di poesia”, è che senza sublime la poesia non esiste. A costo di metamorfizzarsi, il sublime deve rinascere, anche nei tempi moderni più ingrati e tetri, in cui la vera poesia latita a vantaggio – triste paradosso su cui il critico torna con insistenza – di un...
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