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Canto della mia nudità
Guardami: sono nuda. Dall’inquieto
languore della mia capigliatura
alla tensione snella del mio piede,
io sono tutta una magrezza acerba
inguainata in un color d’avorio.
Guarda: pallida è la carne mia.
Si direbbe che il sangue non vi scorra.
Rosso non ne traspare. Solo un languido
palpito azzurro sfuma in mezzo al petto.
Vedi come incavato ho il ventre. Incerta
è la curva dei fianchi, ma i ginocchi
e le caviglie e tutte le giunture,
ho scarne e salde come un puro sangue.
Oggi, m’inarco nuda, nel nitore
del bagno bianco e m’inarcherò nuda
domani sopra un letto, se qualcuno
mi prenderà. E un giorno nuda, sola,
stesa supina sotto troppa terra,
starò, quando la morte avrà chiamato.
Palermo, 20 luglio 1929
Baudelaire e l’esperienza dell’abisso
Pubblichiamo in anteprima un estratto dalla nuova edizione di "Baudelaire e l'esperienza dell'abisso" di Benjamin Fondane, a cura di Luca Orlandini, uscita per le Lettere. «L’infinito (ἄπειρον) è la Colpa», sostenevano i Pitagorici, se crediamo ad Aristotele, che li cita nell’Etica Nicomachea (II 6, 1106 b 9-10). Sarebbe troppo lungo tentare qui anche il più breve commento al pensiero enigmatico cui i pitagorici, primi pionieri della "Mathesis universalis" che avrebbe ridotto il creato alla...
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