Continua la serie delle interviste agli editor italiani.
Abbiamo sottoposto il questionario a Gemma Trevisani, editor di Rizzoli. Hanno già risposto alle nostre otto domande: Ginevra Bompiani, Carlo Carabba, Stefano Izzo, Chiara Valerio, Gabriele Dadati, Giulia Ichino, Andrea Gentile, Matteo Alfonsi, Nicola Lagioia, Federica Manzon, Elisabetta Migliavada, Jacopo De Michelis, Francesca Chiappa, Giuseppe Catozzella.
1) Quali sono le caratteristiche principali che un libro deve avere per colpire la sua attenzione?
Ci dev’essere almeno un aspetto davvero convincente; può essere la lingua, una storia, oppure, in qualche caso, basta soltanto un’idea al cuore del libro perché si accenda una scintilla.
2) Se e in che modo è cambiato il suo modo di leggere negli ultimi anni?
Cambia inevitabilmente perché nel tempo si cercano cose diverse. Vale per tutti, a maggior ragione per chi fa l’editor. Provo a conservare due modalità di fruizione: se sto valutando un romanzo per lavoro, com’è ovvio, ho scadenze serrate, devo tenere presente la collocazione che potrebbe avere nelle nostre collane, l’offerta nel panorama editoriale rispetto alla storia che si racconta e al genere di riferimento e tutto il resto. Se leggo per me, mi abbandono alla scrittura e assaporo la pagina. E poi capita con i libri davvero notevoli – mi è successo con Exit Strategy, il romanzo di Walter Siti appena uscito –, di leggere una prima volta tutto d’un fiato e poi di rileggere gustandosi ogni frase. E poi, certo, non importa il modo in cui li hai letti: i buoni libri lasciano tracce indelebili.
3) Quale pensa che sia il ruolo di un editor oggi? Crede che debba influenzare le scelte dell’autore fin dal concepimento dell’opera?
È un mestiere dalle tante anime. Bisogna avere le antenne pronte a intercettare le voci e le storie più interessanti, poi è fondamentale guidare i lettori verso i libri, avendo ben chiaro come raccontarli attraverso un publishing coerente. E c’è il lavoro sul testo, fatto un passo alla volta insieme agli autori.
La seconda domanda, posta così, potrebbe essere fuorviante. Non si tratta di influenzare le scelte ma di mantenere vivo un dialogo. La condivisione di idee, progetti, le riflessioni su un libro, sui personaggi sono tra gli aspetti più ricchi del lavoro, e credo siano di estrema utilità sia per gli scrittori sia per gli editori.
4) Ci parli della sua formazione culturale, il suo percorso fra gli autori e le letture.
Come spesso capita, non è stato un percorso lineare. All’università ho studiato tanta letteratura francese e mi sono laureata in filologia romanza, quindi i contemporanei erano per me il puro piacere della lettura. Adesso potrei dire il contrario, quando voglio staccare torno ai classici.
5) A chi si ispira nel suo lavoro sui testi, ha un modello di riferimento? È cambiato nel corso del tempo?
Non ho un modello e non credo che nessun editor risponderebbe in modo diverso. È una sensibilità tutta personale, quella che si esercita sul testo; ed è normale che cambi. Con ogni libro si impara qualcosa di nuovo, sul proprio sguardo e sulla scrittura.
6) Qual è la parte più difficile del suo lavoro? E la più frustrante?
Forse in assoluto l’aspetto più complesso è legato al rapporto con gli autori: lavorando insieme su un romanzo, si ha per le mani qualcosa di molto intimo, il frutto di anni di scrittura, e bisogna avere la delicatezza ma allo stesso tempo la fermezza per indicare una direzione, per far sì che la lingua, le idee e i personaggi emergano con la massima forza.
È frustrante sapere che autori validi non trovano lettori. Succede spesso, purtroppo.
7) Quali autori del passato ha amato? Quali pensa che oggi incontrerebbero difficoltà a essere pubblicati, e perché?
La lista dei libri amati sarebbe lunghissima. E non credo abbia senso decontestualizzare la vicenda editoriale di un’opera. Di sicuro, i racconti già in passato hanno avuto qualche difficoltà e l’avrebbero anche oggi. In questi giorni per esempio sto rileggendo Silvio D’Arzo, che non ha visto pubblicato il suo capolavoro, la raccolta di racconti Casa d’altri.
8) In che modo è cambiato il modo di leggere? Secondo lei cosa cercano oggi i lettori in un libro?
Non penso ci sia una risposta univoca. Di sicuro, oggi siamo bombardati da stimoli continui ed è più difficile immergersi a lungo in qualunque cosa, anche in un libro. Però credo ci sia ancora spazio per le storie, quelle capaci di arrivare in profondità e di risuonare nelle teste e nelle pance dei lettori.
Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).