In occasione della visita del sindaco di New York in Basilicata pubblichiamo un intervento di Antony Shugaar apparso sulla rivista Asymptote che riscopre i luoghi raccontati da Carlo Levi. Traduzione dall’inglese di Giulio Silvano.
Quando il sindaco Bill de Blasio tornerà a Grassano, il luogo di nascita di sua nonna Anna Briganti, non ripercorrerà solamente le orme dei suoi antenati, ma anche dello scrittore italiano la cui prima opera fu l’inizio della fortuna di uno degli editori più conosciuti di New York. La coincidenza è ben più che geografica: il sindaco riformatore ritornerà sì nella città natale della sua famiglia, ma anche nel luogo che ha portato alla nascita di un capolavoro letterario di cronaca sociale e filosofia riformista.
Il libro di Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, pubblicato nel 1945, fu uno dei primi acquisti di Roger Straus, fu “ il precursore di molte cose a venire”, secondo Hothouse (una storia della casa editrice Farrar, Straus & Giroux), “un successo della critica e un best seller nel 1947”.
Il libro fu scritto da Levi, un ebreo torinese, dopo un periodo di esilio, per attività antifasciste, a Grassano e nel paesino accanto, Aliano (che nel libro diventa Gagliano).
Anche se la nonna di de Blasio aveva lasciato Grassano decine di anni prima che Levi vivesse lì a metà degli anni ’30, la città non era cambiata di molto. Ironicamente, era il posto con solamente stretti collegamenti con un’unica città al mondo, e quella città non era neanche in Italia. “Non Roma o Napoli, ma New York sarebbe la vera capitale dei contadini della Lucania, se mai questi uomini senza Stato potessero averne una”. La vita laggiù, secondo Levi, “per quello che riguarda i ferri deI mestieri, è tutta americana, come lo è per le misure: si parla, tra i contadini, di pollici e libbre piuttosto che di centimetri o di chilogrammi. Le donne, che filano la lana su vecchi fusi, tagliano il filo con splendidi forbicioni di Pittsburg: i rasoi del barbiere sono i più perfezionati ch’io abbia mai visto in Italia, e l’acciaio azzurro delle scuri che i contadini portano sempre con se, è acciaio Americano”. E quando la sorella di Carlo Levi, anche lei un medico, va giù da Torino a visitare la cittadina, viene notata una chiara divisione tra the americans, i contadini emigrati e poi ritornati in Italia, e i più benestanti e meglio educati “signori” del paesino. I gentiluomini si stupiscono che una donna possa essere un dottore; i contadini che avevano vissuto in America al contrario non ci trovano nulla di strano, il loro unico interesse è fare in modo che lei possa esaminare i nonni e i figli malati.
De Blasio seguirà anche le orme di colui che fu sindaco di New York molto tempo prima, Vincent Impellitteri, che visitò nel settembre del 1951 Isnello, in Sicilia, la città dov’era nato. Curiosamente anche Carlo Levi era stato lì per quell’evento. “C’era qualche cosa di misterioso in questo Impellitteri che si aspettava, che nessuno conosceva, perché era stato portato via, bambino piccolo di un anno, cinquanta anni fa, e che ora tornava, circonfuso di gloria come un santo del paradiso, dall’America: e che, per quanto ignoto a tutti, era tuttavia uno di loro”.
Levi si divertì molto con la visita di Impellitteri, e in un certo modo ne creò una parodia, giocando sugli aspetti cristologici di una visita in un paesino del sindaco di New York. Scrisse che Isnello è molto conosciuto per La Casazza, un rispettabile spettacolo popolare sulla passione, con contadini vestiti da Gesù, San Giuseppe, Erode e Ponio Pilato. “Anche oggi erano tutti attori, ma c’era un protagonista vero: dopo la fuga in Egitto avvenuta cinquanta anni fa, era l’ingresso di Cristo a Gerusalemme”.
Ma il signor Impellitteri sicuramente non ci arrivò su un asino maapparse salutando da una lucida Pontiac grigia “nel frastuono degli applausi e della banda municipale. E una volta che lui ne uscì i ragazzi del paese le si affollarono intorno, chiamandosi l’un l’altro a gran voce, spingendosi, urtandosi, facendosi largo a gomitate per toccarla”. Levi cita i ragazzini, ” Toccamo ‘a macchina – gridavano, esortandosi reciprocamente, coi visi seri di chi fa una cosa importante: – Toccamo ‘a macchina, così ce ne andiamo in America -.” Levi sottolinea che l’auto, appena arrivata, “già era diventata una reliquia.”
Levi sfruttò le proprie conoscenze mediche per aiutare i contadini lucani, e descrive le condizioni in cui operò. Nelle case a una stanza gli animali dormivano sotto al letto mentre i neonati penzolavano dal soffitto in culle appese con delle corde. “[L]o spazio è così diviso in tre strati: per terra le bestie, sul letto gli uomini, e nell’aria i lattanti. Io mi curvavo sul letto, quando dovevo ascoltare un malato […] col capo toccavo le culle appese, e tra le gambe mi passavano improvvisi i maiali o le galline spaventate”.
Ma quello che colpì di più Levi, in tutte le case che aveva visitato – ed entrò in quasi tutte quelle del paese – erano “gli sguardi fissi su di me, dal muro sopra il letto, dei due inseparabili numi tutelari […] la faccia negra ed aggrondata e gli occhi larghi e disumani della Madonna di Viggiano, dall’altra, a riscontro, gli occhietti vispi dietro gli occhiali lucidi e la gran chiostra dei denti aperti nella risata cordiale del Presidente Roosevelt, in una stampa colorata. Non ho mai visto, in nessuna casa, altre immagini: né il Re, né il Duce, né tanto meno Garibaldi, o qualche altro grand’uomo nostrano.” A volte un terzo oggetto formava una trinità: una banconota da un dollaro, “come uno Spirito Santo, o un ambasciatore del cielo nel regno dei morti”.
Ovviamente, sono passati quasi ottant’anni da quando Levi visse nel paesello natio della nonna del sindaco de Blasio, e quasi sessantacinque da quando il sindaco Impellitteri visitò Isnello. Ma queste vivide testimonianze descrivono un luogo probabilmente molto simile al Grassano che Anna Briganti lasciò nel 1902. E questa parte d’Italia – che come il titolo del libro suggerisce fu addirittura troppo perché addirittura Gesù ci si avventurasse – rimane povera e sottosviluppata. È un luogo che per molto tempo ha guardato alla città di New York – molto di più negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale, quando “l’America si allontanava sempre più, nelle nebbie dell’Atlantico, come un’isola nel cielo.” Quello è sempre stato il loro faro di speranza, e non, come Carlo Levi sottolinea, la loro capitale teorica, Roma. “Ma da Roma non arriva nulla”, scrive. “Non era mai arrivato nulla, se non l’U.E. [Uffico Esattoriale] e i discorsi della radio.”
Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).