«Tutte le miserie dell’uomo – ci ricorda Pascal – derivano dal non essere capaci a star seduti in silenzio, da soli, in una stanza». Un libro possiede proprietà ansiolitiche, ipnotiche e miorilassanti; dirla così sembra banale, come le frasi scritte su foto di fiori e tazze da tè messe su Facebook, ma non trovo un altro modo per farlo. Se non con gli esempi. Ecco le uscite* di queste ultime settimane che possono sostituire gli psicofarmaci:
Richard Yates “Sotto una buona stella” Minumum Fax [Romanzo]
«Sarebbe utile, una volta, comporre una storia del realismo nella letteratura americana attraverso le urla delle coppie che litigano, le mani ferme sulle maniglie, le mani che tremano al punto da non riuscire a versare da bere, il suono degli sportelli sbattuti, lo scoppio dei pianti pomeridiani, i pianti dei bambini, i silenzi notturni, cioè una storia letteraria che fosse orientata da questa domanda: cos’è il realismo americano se non la somma delle manovre per mettere in tasca qualche dollaro, le lettere di licenziamento, la cenere dei mozziconi, i caratteri irritabili, l’infelicità smaltita ai banconi dei locali, le insoddisfacenti feste dai vicini di casa, i genitori che investono i figli delle loro speranze quando queste ormai dentro di loro sono soltanto frutta marcia?» (dalla prefazione di Francesco Longo)
Martin Amis “La guerra contro i cliché” Einaudi [Saggistica e critica]
«La mia vita privata era alquanto bohémien, hippy ed edonistica. Diciamo pure tranquillamente debosciata. Ma in fatto di critica letteraria avevo principî morali ferrei. Non facevo che leggere libri di critica: mi portavo dietro i miei Edmund Wilson e William Empson praticamente ovunque: nella vasca da bagno, in metropolitana. Prendevo questa faccenda molto sul serio».
Juan Carlos Onetti “Raccatta cadaveri” SUR [Romanzo]
«Scorse l’edificio della Scuola Sperimentale, scuro e isolato in un campo pelato, in un’aria immobile; c’era una bandiera floscia, un camion carico pendeva da un lato risalendo il pendio, verso la Colonia. Si propose di raccontare frottole su piantagioni e raccolti, di citare cifre e nomi di tipi di grano. E anche se non disse nulla, anche se le cose pensate si mostrarono soltanto nella linea bianchiccia di saliva che gli si formò nel sorriso, mentre si alzava e aiutava le donne a spostare le valigia ebbe il sospetto che la tentazione di dire assurdità derivasse da quella minaccia di stanchezza, da quel timore della fine che lo aveva assediato negli ultimi mesi, dal giorno in cui aveva creduto che fosse giunta, finalmente, l’ora della rivincita, l’ora di toccar con mano i bei sogni, e in cui aveva ammesso il dubbio che forse era arrivato troppo tardi».
Walter Isaacson “Gli innovatori” Mondadori [Biografie]
«Jimmy Wales nacque nel 1966 a Huntsville, in Alabama, città di redneck e scienziati spaziali. […] Figlio del direttore di un supermercato da piccolo Wales frequentò una scuola privata a classe unica fondata da sua madre e sua nonna. Quando aveva tre anni sua madre comprò da un venditore porta a porta una World Book Encyclopedia che per il piccolo, non appena imparò a leggere, divenne oggetto di venerazione». Nel 2001 lanciò il progetto Wikipedia. Dopo Ben Franklin, Einstein e Steve Jobs, il biografo dei geni percorre vite e intuizioni dei precursori della rivoluzione digitale, da Ada Lovelace, figlia di Lord Byron, studiosa di matematica considerata la prima programmatrice, ad Alan Turing (un buon ripasso prima del biopic “The Imitation Game” con Sherlock/Cumberbatch e Keira Knightley).
Al Alvarez “The Biggest Game in Town” La Nuova Frontiera [Reportage]
«Un’immagine fanciullesca nel corpo di un uomo di mezza età: la formula ideale per quello che John Gregory Dunne ha chiamato “l’idiozia di Disneyland, più le luci”. Ossia, Las Vegas». 1981, un critico, poeta e giocatore britannico arriva nel Nevada per raccontare la World Series di Poker. Uscito a puntate sul New Yorker, tradotto per la prima volta in Italia, da Cristiano Peddis.
“Poeti Americani [1900-1956]” a cura di Roberto Sanesi, Bompiani [Poesia]
«In una famosa intervista Robert Frost si è trovato di fronte a quella che, per la letteratura, sembra la domanda delle domande: “Che cos’è la Poesia?” E ha dato una delle risposte più sinteticamente illuminanti. La poesia è “tutto quello che si perde nella traduzione”. Risposta paradossale, disperante, ma anche sfida esaltante, che traccia il programma di una necessaria “missione impossibile”: possiamo rinunciare alla ricchezza, individuale e universale, della poesia degli altri, possiamo rinunciare alla trasposizione delle percezioni, delle idee e dei sentimenti da una persona all’altra attraverso le barriere linguistiche e culturali, possiamo rinunciare a creare comunicazione e forse comunione?” (dalla prefazione di Guido Carboni).
Vladimir Nabokov “Nikolaj Gogol’” Adelphi [Saggistica e critica]
«Questo piccolo libro mi è costato più fatica di qualsiasi altro. La ragione è chiara: dovevo prima creare Gogol’ (tradurlo) e poi analizzarlo (tradurre le mie idee russe su di lui). Lo strappo ricorrente compiuto nel passare da un ritmo di lavoro all’altro mi ha esaurito. Mi ci è voluto esattamente un anno per scrivere il libro. Non avrei mai accettato la sua proposta se avessi saputo quanti galloni di sangue-cervello avrebbe assorbito; né lei avrebbe fatto la proposta se avesse saputo quanto a lungo doveva aspettare». Nabokov all’editore Laughlin.
Henri Ghéon “Mozart” Castelvecchi [Biografia]
«Mi segua chi vuole, mi accingo a fare una passeggiata con Mozart, per mio diletto e per mio sollievo, una passeggiata attraverso un mondo incantato. Il musicista mi fa da guida, mi parla dei suoi canti, della sua patria e del suo destino, lo vedo, lo sento e raccolgo i suoi propositi. Illusione di un cuore innamorato? Può darsi, a ogni modo si tratta di un’illusione che mi piace, un’illusione che infonde gioia e serenità.
«Mi volete bene? Me ne volete molto?».
Sì, caro Wolfgang Amadeus. Te ne voglio molto, per lo meno te ne voglio quanto mi è possibile volertene. Te ne voglio più che a ogni altro musicista, voglio bene alla tua arte più che a ogni altra. Più che a Vermeer di Delft, più che a Racine, più che a Shakespeare, più che all’Angelico. Più che a ogni genio umano, più che a ogni perfezione umana. Devo pure confessartelo: la mia è una passione vera e propria. Il libro che ti dedico non ha pretesti, perché ne ha uno solo: l’amore.»
E.T.A. Hoffmann “Fiabe” L’Orma [Racconti]
«Altri tenevano in mano delle spade larghe e scintillanti come se stessero per assalire il nemico; altri ancora avevano a tracolla oppure fissati sulla schiena dei piccoli contenitori di cuoio o di latta. Cerco sempre di arricchire il mio sapere osservando con la massima attenzione ogni nuovo fenomeno e come puoi immaginare, caro Rufin, rimasi immobile a fissare quella strana moltitudine. Mentre me ne stavo a guardare, quelli mi circondarono gridando a gran voce: “Filisteo! – Filisteo!” – e scoppiarono in una tremenda risata. – La cosa m’indispettì, perché cosa c’è di più mortificante per un grande scienziato che essere scambiato per un appartenente di quel popolo che migliaia di anni fa fu massacrato con la mascella di un asino? – Cercai di darmi un contegno facendo appello alla dignità che mi è innata e mi rivolsi a quella strana gente dicendo che speravo di trovarmi in uno Stato civilizzato e che mi sarei rivolto alla polizia e al tribunale per vendicarmi delle prevaricazioni di cui ero stato vittima.» (Il piccolo Zaches detto Cinabro)
Paolo Bacilieri “FUN” Coconino [Graphic Novel]
«Arthur Wynne. Nato il 22 giugno 1871 a Liverpool (GB), emigrato negli Stati Uniti nel 1891 a 19 anni. Ha lavorato come piantatore di cipolle in Texas, tuttofare in un giornale locale in Ohio, cronista sportivo sul McKee Sport in Pennsylvania, ha curato la rubrica degli spettacoli per il Pittsburgh Dispatch di Pittsburgh e suonato il violino nella Pittsburgh Symphony Orchestra. Ora si occupa dell’inserto domenicale del New York World. Arthur vive a Cedar Grove, New Jersey, con la moglie e la figlia, ha 42 anni e sta andando al lavoro». Cent’anni di storia del cruciverba, enigmi ed enigmisti celebri, dalla New York inizio ‘900 alla Milano di oggi.
“L’arte delle lettere – 125 corrispondenze indimenticabili” a cura di Shaun Usher, Feltrinelli
«Possibile che io non prenda mai più una penna in mano? Credo che dopo quattro anni sia possibile. Ti manderò tutto quello che riuscirò a scrivere, se ce la farò, mio Dio! Quante immagini vissute da me e da me ricreate sono destinate a perire e a spegnersi nella mia mente, o a versarsi come veleno nel mio sangue! Già, se non mi sarà permesso scrivere, perirò. Sarebbe meglio venir condannato a quindici anni di carcere, ma con una penna in mano!» Fedor Dostoevskij al fratello Michail dalla Fortezza di Pietro e Paolo dopo la mancata esecuzione.
(*Questa non è una lista natalizia. L’immagine è di Tom Gauld)
Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).