La pubblicazione di «Il piccolo vascello solca i mari». Tommaso Landolfi e i suoi editori (Edizioni Cadmo, 2015, € 60,00) va considerata come un evento decisivo per tutti coloro che si interessano all’opera dello scrittore di Pico. La corposa opera, a cura di Idolina Landolfi, si propone infatti come la prima bio-bibliografia sistematica e completa dell’opera di e su Tommaso Landolfi.
A una prima lettura, i due volumi del Vascello potrebbero apparire come pregevoli strumenti tecnici, o meglio come sussidi necessari (e tanto a lungo agognati) allo studio di Landolfi, della sua vita e della sua opera. Fosse anche per questo soltanto, il loro valore apparirebbe indiscutibile. Ma c’è dell’altro.
Come si legge nella quarta di copertina, il primo volume (I. A carte scoperte. L’autore e il traduttore: una biografia di Landolfi attraverso il rapporto coi suoi editori, le riviste, il pubblico, i contemporanei, pp. 292) ospita «una storia dei rapporti editoriali di Landolfi dagli esordi alla morte», in cui «il testo assume il carattere e la leggibilità di una vera e propria biografia». Sin dalle prime pagine del volume risulta chiaro che tale afflato biografico e tale leggibilità, i quali si manifestano in un’analisi appassionata della documentazione e in una certa apertura ai toni narrativi, sono frutto non solo di studio, ma d’un dialogo ininterrotto tra due voci – quella dello scrittore padre, trasfigurato in materia di scrittura; quella della scrittrice figlia, trasfigurata in autrice della biografia paterna.
Accanto a Tommaso c’è sempre Idolina, che è meno e molto di più d’una biografa. «Io non vorrei spiegare tutto», afferma in incipit alla sua introduzione; e subito si corregge, con lo spirito anelante e felicemente contraddittorio che informa l’opera intera: «d’altro canto vorrei: perché questo saggio altro non è se non uno dei miei soliti inseguimenti di fantasmi, del fantasma» (vol. I, p. 13).
Zeno Cosini, ricevuta dal padre morente la dolorosa, muta conferma della propria inettitudine, tentava di risalire a un ricordo non più inteso come fredda ricostruzione dell’altro, ma al contrario implicante una presa di coscienza dell’io. Ciò che ne risultava, forse, era paragonabile a quello che Heinz Kohut definisce come sé: un io nell’altro e, al contempo, un altro nell’io.
Il Vascello di Idolina Landolfi, solcando i mari dell’opera paterna, conduce a un esito opposto e complementare rispetto a quello illustrato nella Coscienza di Zeno: l’interna voce dell’io, per riconoscere e far conoscere l’altro, deve prodursi in amorevole esercizio di distanza, in studio accuratissimo di documenti tangibili.
La scelta stessa di comporre una biografia a partire dalle carte editoriali è in questo senso pienamente giustificata. Come Schubert, nella poesia che dà titolo ai due volumi, «Tenta col dito la tastiera: spera / Ritrovarvi il suo segno e la sua voce», finché «S’accozzano gli accordi […] / E da timbrici impasti confortato / il piccolo vascello solca i mari» (China la testa, Schubert, in Viola di morte, 1972), così l’autrice dell’opera scopre le carte del padre, svelando i meccanismi segreti del diuturno, sotterraneo lavoro di scrittura cui Tommaso Landolfi affidò la significazione della propria esistenza, nel tentativo di sciogliere i singoli eventi letterari in continuum pieno di vita.
Pubblicando per la prima volta in volume alcune tra le più significative lettere di Tommaso Landolfi ai suoi editori, Idolina (e, accompagnato da lei, il lettore) ricompone perciò il travagliato rapporto tra il padre e il panorama editoriale dei suoi tempi, con doppio vantaggio. Da una parte, infatti, questi documenti gettano luce non solo sull’opera landolfiana, bensì sull’intero scenario culturale coevo, fornendo le ragioni per le quali Landolfi non riuscì a trovare in vita «un editore che prendesse la sua intera opera “sotto le sue materne ali”, permettendogli così di dedicarsi con animo tranquillo alla scrittura» (vol. I, p. 227). Dall’altra, le lettere illustrano con precisione le evoluzioni del modus operandi di un autore poligrafo, il cui approccio alla scrittura mutò fortemente nel corso degli anni, assecondando le incombenze comportate dalla simultanea attività di narratore e poeta e di traduttore.
Il risultato è un’opera complessa e unitaria, tramite la quale la voce dell’uomo Landolfi, che nell’opera narrativa è sempre disciplinata da un’imprescindibile, programmatica maniera, assume tutta la sua consistenza tangibile e i suoi vivi cromatismi.
A fare da corredo alla biografia landolfiana è, quindi, il secondo volume dell’opera (II. Le opere, i giorni. Bibliografia, pp. 379). Se per Landolfi vita e libro si compongono in sinolo, allo stesso modo la biografia dell’autore si apre ad accogliere la prima bibliografia completa del e sull’autore, che tiene in considerazione, oltre alle edizioni delle sue opere, anche un prospetto esaustivo di tutti gli scritti su Landolfi pubblicati in volume e in rivista tra il 1929 e il 2013. La bibliografia, curata da Idolina stessa fino alla sua scomparsa (2008), è stata portata a compimento grazie al contributo di Monica Marchi e di Giovanni Maccari, al quale si deve anche l’articolo introduttivo (Landolfi, la via del disinganno, vol. II, pp. 15-47), che quasi sembra tirare le conclusioni rimaste implicite nel volume precedente, tratteggiando la parabola letteraria dello scrittore dagli esordi iperproduttivi degli anni Venti e Trenta sino ai lavori forzati del Landolfi autore d’elzeviri per il «Corriere della sera», negli anni Sessanta.
La pubblicazione dei due volumi bio-bibliografici è il punto di arrivo di un progetto ambizioso, lungamente atteso da Idolina Landolfi, che si accinse a lavorarci durante i suoi ultimi anni di vita. Grazie alla ricchezza della documentazione, alla leggibilità, alla completezza della ricostruzione bibliografica, l’opera offre finalmente un riferimento in grado di orientare tutti coloro che si avvicinano, in qualità di studiosi specialisti o di lettori appassionati, a Tommaso Landolfi. Offre, del pari, la testimonianza di una dedizione filiale che, lungi dal rimanere privata, tutta risolta nella dimensione affettiva, si fa potente sprone all’indagine critico-letteraria.
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).